Il governo ha sostanzialmente sciolto il nodo degli affitti brevi e della cedolare secca, la cui aliquota passa al 26% dall’attuale 21%. La novità riguarderà il secondo immobile dato in locazione. Viene introdotto anche l’obbligo di un Codice Identificativo Nazionale attraverso il quale sarà possibile tracciare i contribuenti che danno in affitto i propri appartamenti.
La cedolare secca, quando viene applicata nell’ambito degli affitti, prevede l’applicazione di due diverse aliquote: al 10% ed al 21%, condizionate dalla presenza di determinati requisiti. Dal 1° gennaio 2024 ci sarà un pesante cambio di passo per i proprietari immobiliari. Ma cerchiamo di capire cosa cambia e chi sarà penalizzato dalle novità.
Come funziona la cedolare secca oggi
Oggi come oggi, i proprietari di un immobile dato in locazione, hanno la possibilità di scegliere un regime di tassazione alternativo rispetto a quello dell’Irpef per i redditi percepiti dalle locazioni. In un certo senso è possibile affermare che possono scegliere una sorta di flat tax sostitutiva: è la cedolare secca, che prevede un’aliquota al 21%, la quale, in presenza di determinati requisiti, può scendere fino al 10%. Questa particolare tassazione va a sostituire completamente:
- l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali;
- le imposte di registro;
- l’imposta di bollo sul contratto di locazione;
- le imposte di registro e di bollo sull’eventuale risoluzione e sulle successive proroghe del contratto di locazione.
La cedolare secca scende al 10% quando il proprietario immobiliare e l’inquilino stipulano un contratto d’affitto a canone concordato. In questo caso il canone mensile da pagare rientra all’interno di determinati parametri decisi città per città. Se invece si opta per un contratto a canone libero, l’aliquota è al 21%.
La cedolare secca per gli affitti brevi
La normativa relativa alla cedolare secca si applica anche sui contratti di locazione per i quali non c’è l’obbligo di registrazione. Tra questi rientrano, appunto, gli affitti brevi. In questo caso e per le locazioni turistiche deve essere applicata l’aliquota del 21%. La Legge di Bilancio 2021, che ha ridisegnato i requisiti per poter accedere alla cedolare secca, ha chiarito che a questa misura possono accedere:
- solo e soltanto i proprietari che destinano agli affitti brevi un numero massimo di quattro appartamenti per ogni periodo d’imposta;
- nel caso in cui gli immobili siano più di quattro è necessario svolgere l’attività in forma imprenditoriale ed aprire una partita Iva.
Quando si applica la nuova aliquota al 26%
Con la Legge di Bilancio 2024 cambiano le regole della cedolare secca, che passerà al 26%. Questa novità, però, non coinvolge tutti i contribuenti.
I soggetti che hanno intenzione di affittare per un massimo di trenta giorni il proprio immobile possono scegliere alternativamente la tassazione ordinaria o la cedolare secca, che verrà applicata in questo modo:
- per chi decide di affittare la prima casa: l’aliquota è al 21%;
- per quanti affittano la seconda, la terza e la quarta casa: l’aliquota è al 26%.
A prendere una netta posizione su questa decisione è Aigab, l’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi, la quale spiega che
Il 96% delle case messe a reddito in Italia con gli affitti brevi appartiene a proprietari singoli: 600 mila famiglie che, per ovviare al rischio morosità (salito al 24%) e mantenere il possesso di una seconda casa che hanno ereditato o acquistato e di cui devono pagare utenze, manutenzioni e tasse varie, scelgono gli affitti brevi per arrivare a fine mese, non per diventare ricchi.
Secondo Aigab la nuova cedolare secca comporta un prelievo maggiore di 850 euro l’anno e andrebbe a colpire principalmente la classe media. Ma non solo scoraggerebbe, inoltre, gli investimenti e l’utilizzo delle seconde case.