Varata la manovra, scoppiano le polemiche. I sindacati hanno già minacciato di protestare con una raffica di scioperi contro la legge finanziaria del 2018 da 20 miliardi complessivi ma da meno di 5 miliardi se si tolgono le risorse impiegate per impedire un aumento dell’Iva. Senza contare che già con la manovrina di marzo per lo stesso fine si erano spesi otto miliardi. Alla leader della Cigl Susanna Camusso la manovra finanziaria non piace perché si limita a “mantenere lo status quo”.
La legge di bilancio per il 2018, che permetterà tra le altre cose di scongiurare un aumento dell’Iva che avrebbe dovuto scattare a gennaio dell’anno prossimo, è stata approvata lunedì 16 ottobre dal Consiglio dei Ministri. L’aumento dell’imposta sui consumi sarà rinviato di un anno, per permettere ai consumi e all’economia di respirare ancora un po’ e sfruttare lo slancio della ripresa, che in Italia è partita da poco tempo relativamente agli altri grandi paesi d’Europa.
Le misure più importanti approvate dall’esecutivo targato PD riguardano gli aiuti alle imprese perché assumano giovani e gli interventi di lotta alla povertà, mentre ai dipendenti statali andranno 85 euro. Per quanto riguarda gli sgravi fiscali concessi alle imprese che assumono giovani, l’asticella della fascia d’età è stata alzata da 29 a 35 anni rispetto all’intervento di due anni fa quando alla presidenza del Consiglio c’era Matteo Renzi.
È previsto inoltre un altro bonus fiscale, in questo caso per chi crea spazi verdi in città. Alla fine per quanto riguarda gli aiuti alle aree terremotate e il divieto di imporre bollette a 28 giorni per servizi telefonici o televisivi – penalizzanti per i consumatori finali – non se n’è invece fatto nulla.
Gli sgravi fiscali per assumere personale a tempo indeterminato hanno funzionato in passato e il governo Gentiloni spera che anche l’anno prossimo possano contribuire a migliorare la situazione ancora infelice del mondo del lavoro per i più giovani.
Manovra: il conto salato della clausola Iva
Intervenuto a Radio Anch’io dopo il varo della manovra, il capo del Tesoro Pier Carlo Padoan ha detto che spera che nella prossima legislatura ci saranno le risorse finanziarie per apportare una riduzione dell’Irpef, l’imposta che grava sulle imprese. A giudicare dalle spese che occorrerà mettere in conto, si tratta di un pio-desiderio. Se per ora si è potuto evitare l’incremento temuto dell’Iva, cui sono destinati ben tre quarti dell’intera manovra (15,7 miliardi su 20 miliardi), e di altre tasse è perché vi sono state dedicate tante risorse.
I costi sono importanti da tempo. Negli ultimi sei anni la clausola di garanzia per tenere sotto controllo i conti pubblici è costata infatti ai contribuenti italiani ben 70 miliardi di euro. “Vale da sola due o tre leggi di bilancio“, osserva Mario Sensini sul Corriere della Sera. Con questi soldi si sarebbe potuta varare una manovra più imponente e incisiva, ma l’impegno a rispettare le leggi di rientro di bilancio europee non lo ha consentito.
Allo stesso tempo il debito pubblico italiano, il secondo più grande d’Eurozona dopo la Grecia, fatica a ridursi e lo scongiurato aumento dell’Iva è stato solo rimandato e si ripresenterà ancora più gravoso l’anno prossimo. Nel 2019, se non ci saranno altri (costosi) rinvii, l’imposta passerà dal 22% al 25%. Si spera che per quel tempo, l’economia italiana abbia ripreso a galoppare.