Economia

Mario Draghi pronto a guidare un governo di ricostruzione nazionale

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La notizia se confermata sarebbe una bomba. L’ex numero uno della Bce, Mario Draghi avrebbe dato il suo assenso a guidare un governo della ricostruzione nazionale sostenuto da una foltissima maggioranza parlamentare.

Secondo le indiscrezioni, Forza Italia e Lega si sarebbero già dichiarate pronte ad appoggiarlo e ci sarebbe anche l’ok di Pd, Italia Viva e buona parte del M5S (Di Maio in testa).

Mario Draghi, Crisi di governo aperta da Matteo Renzi

A capeggiare i malumori all’interno della maggioranza di governo è stato Matteo Renzi che ha minacciato di togliere l’appoggio di Italia Viva all’esecutivo guidato da Giuseppe Conte con il quale si sta scontrando quotidianamente soprattutto sul piano di investimenti legato ai fondi del Recovery Fund. Proprio Renzi in un’intervista al Corriere della Sera sulla probabilità di nuove elezioni, ha risposto:

“Io non ho paura di niente, meno che mai della democrazia. Quanto ai 18 senatori di Italia Viva, mi faccia dire che sono orgoglioso di loro. E che non hanno paura delle elezioni. Per due motivi. Uno, perché le elezioni non fanno paura a chi è abituato a misurarsi con il consenso. Il secondo motivo è ancora più chiaro, tutti sanno che non ci saranno elezioni. Dobbiamo aprire le scuole, non i seggi.
Dobbiamo aumentare il numero dei vaccinati, non dei candidati. Dobbiamo scrivere il Recovery Plan, non i libri dei sogni elettorali. Le elezioni fanno paura a chi verrebbe politicamente decimato come i 300 parlamentari del Movimento 5 Stelle, non ai 18 senatori di Italia Viva”. Non abbiamo paura delle elezioni. Anche perché tutti sanno che non ci saranno elezioni“.
Le ministre Bellanova e Bonetti e il sottosegretario Scalfarotto sono persone serie. Stanno al governo perché hanno delle idee, non per vanagloria. Se queste idee non piacciono, noi non siamo come gli altri, le poltrone le lasciamo. Oggi tocca al premier decidere se ciò che abbiamo detto su vaccini, Mes, cantieri da sbloccare, scuola e cultura è degno di nota oppure no. Lo aspettiamo al Senato, allora, che posso dire di più? Magari fosse un problema di ministeri. Ci dividono i contenuti e la politica, non i posti”.