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Il 2024 è stato un anno a due velocità per le materie prime: se da un lato gli investitori hanno puntato sull’oro per proteggersi dall’inflazione, dall’altro commodity come il ferro, hanno subito un calo a causa del rallentamento economico della Cina, il principale consumatore di metalli al mondo. Quest’anno la storia sarà probabilmente la stessa, secondo un’analisi condotta dal sito di informazione finanziaria CNBC.
“Le materie prime in generale saranno sotto pressione in tutti i settori nel 2025”, ha dichiarato all’emittente americana Sabrin Chowdhury, responsabile dell’analisi delle materie prime della società di ricerca BMI, aggiungendo che la forza del dollaro limiterà la domanda di materie prime quotate in dollari.
Materie prime viste in rialzo
In un quadro a luci e ombre, gli analisti scommettono che nuova spinta al rialzo interesserà soprattutto il gas naturale, destinato ad allungare il passo dopo il recente rally per via del recente blocco del flusso di gas russo verso diversi Paesi europei da parte dell’Ucraina, avvenuto il giorno di Capodanno. Secondo Citi, anche il clima più freddo per il resto dell’inverno negli Stati Uniti e in Asia potrebbe mantenere i prezzi elevati. BMI prevede che i prezzi del gas aumenteranno di circa il 40% nel 2025.
Il 2025 dovrebbe confermarsi un anno in corsa anche per l’oro. “Gli investitori sono ottimisti sull’oro e sull’argento per il 2025 perché sono così pessimisti sulla geopolitica e sul debito pubblico”, ha detto alla CNBC Adrian Ash, direttore della ricerca di BullionVault, una società di servizi di investimento in oro, sottolineando il ruolo del metallo giallo come copertura contro i rischi.
Vale la pena ricordare che, l’anno scorso l’oro, ha registrato la migliore performance annuale in oltre un decennio. I prezzi dell’oro sono aumentati di circa il 26% nel 2024, secondo i dati di FactSet, grazie agli acquisti delle banche centrali e degli investitori al dettaglio. BullionVault e JPMorgan prevedono che i prezzi dell’oro saliranno a 3.000 dollari l’oncia nel 2025.
Anche il cugino povero dell’oro, l’argento, potrebbe veder salire i prezzi, soprattutto se la domanda di energia solare continuerà a salire, dicono gli esperti, ricordando che la materia prima è utilizzata nella costruzione di pannelli solari.
Materie prime in ribasso
Tutt’altro scenario è dipinto per il prezzo del greggio. L’anno scorso i prezzi del petrolio sono stati trascinati al ribasso dalla debolezza della domanda cinese e dall’eccesso di offerta. L’Agenzia Internazionale dell’Energia a novembre ha dipinto un quadro ribassista anche per il 2025, prevedendo che la domanda globale di petrolio crescerà sotto il milione di barili al giorno a fronte di un aumento di due milioni di barili al giorno nel 2023. Sul fronte delle previsioni, la Commonwealth Bank of Australia vede i prezzi del petrolio Brent scendere a 70 dollari al barile quest’anno, a causa delle aspettative di un aumento dell’offerta di petrolio da parte dei Paesi non-OPEC+ che eclisserà l’aumento del consumo globale di petrolio.
Non andrà meglio alle quotazioni del ferro, che potrebbero scendere anche a causa di un eccesso di offerta derivante dalle politiche cinesi e dalla geopolitica. Ma anche ai prezzi del rame, fondamentale per la produzione di veicoli elettrici e di reti elettriche, potrebbero subire una battuta d’arresto dopo aver raggiunto un record nel 2024 grazie alla transizione energetica globale. “Una potenziale decelerazione della transizione energetica in seguito ai cambiamenti politici di Trump potrebbe smorzare, in una certa misura, il ‘sentimento verde’ che ha sostenuto i prezzi nel 2024”, hanno scritto gli esperi di BMI in una nota.
Uno sguardo infine al petrolio, le cui quotazioni dovrebbero restare sotto pressione in linea con il 2024. Lo scorso novembre, l’Agenzia Internazionale per l’Energia ha dipinto un quadro ribassista del mercato petrolifero per il 2025, prevedendo che la domanda globale di petrolio crescerà sotto il milione di barili al giorno a fronte dei due milioni di barili al giorno del 2023.
La Commonwealth Bank of Australia vede i prezzi del petrolio Brent scendere a 70 dollari al barile quest’anno, a causa delle aspettative di un aumento dell’offerta di petrolio da parte dei Paesi non-OPEC+ che eclisserà l’aumento del consumo globale di petrolio.
Secondo Maximilian Tomei, CEO, Portfolio Manager, Galena Asset Management in parthership con GAM, Una crisi globale non favorirebbe le materie prime, a meno che non avvenga in un contesto di inflazione elevata.
“Sulla scorta dei cambiamenti politici e geopolitici, le condizioni del mercato in questo nuovo anno saranno probabilmente difficili. Sarà pertanto fondamentale gestire il rischio in modo attivo o fare affidamento sui gestori che adottano queste strategie. Si tratterà di scegliere se sfruttare le dislocazioni del mercato per posizionarsi nel medio termine o contenere la volatilità negativa attraverso la diversificazione del portafoglio e un approccio attivo. Oggi è difficile prevedere in che misura il dollaro resterà forte anche in questo anno. Ci sono fattori che sostengono il dollaro ma gravano sulle materie prime. La forza del prezzo del dollaro e del petrolio conterrà la domanda nei mercati emergenti e inciderà sul valore equo del petrolio. Tali dinamiche offriranno l’opportunità di posizionarsi in vista del prossimo ciclo”. Tomei aggiunge che: “Nel 2025 potremo probabilmente cogliere più opportunità relative value, anziché ricercare alpha unicamente nella direzionalità del mercato. Le materie prime restano una categoria d’investimento sottovalutata che farà meglio di altre asset class qualora si manifesti un evento di credito o di liquidità”.