Solamente due dei metalli a maggiore capitalizzazione sono riusciti a chiudere il 2023 con una performance positiva: l’oro e il rame. E la corsa potrebbe proseguire ancora.
Le quotazioni del rame scambiano al massimo da quasi 15 mesi sostenute sia da fattori di offerta che da prospettive di aumento della domanda. Ma come afferma il Market Strategy di Banca Monte dei Paschi di Siena, gli operatori valutano anche l’ipotesi di un deficit globale di produzione. I motivi sono da ricercarsi da una parte nell’attesa di probabili tagli alla produzione in Cina e dall’altra nelle crescenti aspettative di rafforzamento della domanda globale sull’onda di un indice PMI cinese e un ISM manifatturiero Usa superiori alle attese degli analisti.
Ma il rame continua la sua corsa anche nel 2024, tanto che, secondo Benjamin Louvet, Head of Commodities di Ofi Invest AM, si potrà definire l’”anno uno” del rame, ovvero la prima pietra miliare di un trend, legato principalmente agli investimenti in energia pulita, che innescherà una rapida crescita della domanda e del prezzo.
Rame: i motivi dietro il rally
Secondo l’esperto, la prima ragione a sostegno di questa conclusione è ovviamente il livello delle riserve di questo metallo che è tornato a essere molto basso, ma ce ne sono anche molte altre.
Dal lato dell’offerta
Si consideri prima il lato dell’offerta. In molti pensavano che il rame avrebbe fatto registrare un deficit a partire dal 2025, ma numerosi fattori che hanno colpito la catena produttiva dovrebbero anticipare lo scenario. Il riferimento è a quanto si sta osservando in Cile, dove le tensioni geopolitiche hanno impedito che si raggiungesse l’output previsto, ma anche agli eventi di Panama, dove la Corte Suprema ha giudicato incostituzionale il contratto firmato da Cobre Panama e First Quantum Mineral, il che avrà un peso ingente per l’offerta.
Infine, continua Louvet, l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha stimato che occorrerebbero 80 nuove miniere per soddisfare in toto la domanda legata alla transizione energetica; inoltre, considerando i tempi tecnici necessari affinché queste siano completamente operative (circa 17 anni), tutti gli investimenti dovrebbero essere messi sul tavolo entro la fine del 2025. La realtà è che, ad oggi, appena una dozzina di progetti sono effettivamente in fase di attuazione.
Dal lato della domanda
Passando ora al lato della domanda, anche qui si possano osservare dei fattori che sosterranno un aumento del prezzo. Il primo riguarda la citata transizione energetica e l’accelerazione dello sviluppo di nuove tecnologie a basse emissioni di CO2.
A sostegno della domanda vanno poi annoverati anche elementi che prima non erano considerati o che si legano alla nascita di nuovi bisogni. Ad esempio lo sviluppo della rete elettrica, con molti governi, soprattutto europei, che solo recentemente hanno capito che non svilupparla potrebbe vanificare tutti gli sforzi fatti per la transizione. Ciò andrà a sostenere gli investimenti nel mercato del rame.
Basti pensare che Pechino da sola ha stanziato 70 miliardi di dollari lo scorso anno e potrebbe arrivare a 500 miliardi nel 2030.
Ma la spinta al prezzo arriverà anche da settori non collegati all’ambito delle rinnovabili. E qui entra in gioco lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, e l’analisi dei dati.
“Questo è sufficiente è convincerci che il 2024 sarà il punto di partenza di una rapida ascesa della domanda di rame, che potrebbe portare il prezzo a toccare la soglia dei 30mila dollari a tonnellata nell’arco di due anni (+30%), in notevole rialzo rispetto anche alle nostre previsioni di soli pochi mesi fa” conclude Louvet.