Economia

Mazziero: “Senza acquisti Bce, sostenibilità del debito italiano a rischio”

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In occasione dell’ultima riunione dell’anno della Bce, abbiamo intervistato Maurizio Mazziero, fondatore di Mazziero Research, sui grandi temi per gli investitori sul mercato obbligazionario. Il focus della riunione di oggi sarà la riduzione del bilancio dell’istituto di Francoforte, ovvero la riduzione degli acquisti di Btp italiani nel medio-lungo termine. Quale sarà l’impatto sulla sostenibilità del debito pubblico italiano e quali le prospettive per il mercato obbligazionario? Lo scopriamo nell’intervista a Maurizio Mazziero.

Il debito pubblico italiano è sostenibile a questo punto?

In questo momento il debito italiano è sostenibile, nel senso che considerando quelle che sono le condizioni generali tutto sommato non abbiamo avuto fino ad ora alcun impatto. Dopo due anni, anche abbastanza critici, di pandemia e così via. Il debito italiano è cresciuto tanto ed è vicino ai 2,750 miliardi di euro, tuttavia viene visto anche in riduzione per quello che è il rapporto tra debito/Pil. Quindi dovremmo portarci dal 150% del 2021 al 145% nel 2022, per poi scendere leggermente forse nel 2023, stando alle previsioni del governo del 2022. C’è il discorso che l’Italia sta crescendo molto e quindi da questo punto di vista il rapporto debito/Pil vede una dinamica tutto sommato ancora favorevole. Teniamo presente che molto probabilmente chiuderemo l’anno con un una crescita del Pil tra il 3,8% e il 4%; più critica sarà la situazione dell’anno prossimo. C’è un elemento che gioca a sfavore debito pubblico: la continua crescita della spesa pubblica, alimentata anche da quelle che sono ad esempio la crescita della spesa per le pensioni e poi la crescita della spesa per interessi. E infatti questo è un grande tema che ci occuperà per i prossimi anni.

Qualora la copertura della Bce di titoli Stato italiani dovesse diminuire significativamente, cosa accadrà al mercato obbligazionario?

Chiaramente sinora gli investitori erano confortati dal fatto che ci fosse dietro comunque una Bce che continuava ad acquistare i titoli di stato. Il fatto che la Bce a un certo punto riduca questi acquisti o li fermi del tutto, farà mancare una fonte importante di domanda. Domanda che comunque è diminuita perché gli acquisti relativi al PEPP negli ultimi sei mesi sono stati di circa 7,7 miliardi di euro. Mentre, per quel che riguarda gli acquisti passati relativi al QE, negli ultimi sei mesi abbiamo avuto una riduzione di 2,2 miliardi.

Quindi in totale negli ultimi sei mesi la Bce ha aggiunto circa 5 miliardi che non è tantissimo, possono essere assorbiti dal mercato. Il mercato, anche in sintonia con quello che è il ciclo di rialzo dei tassi da parte della Bce, che segue le altre banche centrali e in particolar modo la Fed, farà sì che aumenteranno i rendimenti. Più aumentano i rendimenti, più si fa il ragionamento che facevamo prima riguardo alla sostenibilità del debito pubblico e quindi tendenzialmente potrebbe succedere che i rendimenti salgano più che in altri paesi e di conseguenza a un certo punto torni ad allargarsi lo spread.

Visto che la Bce non comprerà più Btp e sarà difficile che qualcuno sottoscriva le nuove emissioni, è possibile immaginare una patrimoniale per ridurre il debito pubblico?

A mio modo di vedere è uno scenario irrealizzabile. Non è possibile. Per il semplice motivo che noi veniamo degli anni in cui l’economia non solo italiana, ma mondiale, ha avuto dei contraccolpi notevoli. Abbiamo comunque uno scenario critico di rallentamento economico generalizzato e in qualche modo anche ascrivibile a quelle che è il conflitto russo-ucraino. Tutto questo ha richiesto allo stato delle azioni di sostegno nei confronti delle famiglie e delle imprese e mi riferisco anche a quelli che sono i sostegni relativi agli aumenti del prezzo dell’energia. Quindi a fronte di questo scenario andare ad applicare una patrimoniale sarebbe un percorso molto stretto, anche perché eventualmente si possono applicare delle patrimoniali che vengono in qualche modo mascherate.

Ricordiamoci che esistono già dei patrimoniali. Ad esempio, gli investitori nel loro conto titoli pagano lo 0,2%, che non è nient’altro che una patrimoniale. Un’inflazione elevata già di per sé è una patrimoniale perché va a colpire il potere d’acquisto delle famiglie. E dunque, in questa situazione di equilibrio fragile, andare ad aggiungere delle tasse o delle patrimoniali, dei prelievi per cercare in qualche modo di mitigare il debito pubblico in questo momento è abbastanza problematico. Non penso che si possa fare un’azione di genere.

In quel caso è preoccupato della sostenibilità del debito pubblico italiano nel medio-lungo termine?

Da 12 anni Mazziero Research ha pubblicato trimestralmente un osservatorio sui conti economici italiani proprio in virtù di questa preoccupazione di un debito pubblico che non accennava mai a scendere, anzi con previsioni dei governi che tendevano a dire che non poteva scendere nell’anno corrente ma sarebbe calato negli anni successivi. È sempre stato così e poi è stato sempre smentito. Quindi, per quanto mi riguarda sono preoccupato anche perché abbiamo una dinamica demografica sfavorevole.

I nostri giovani tendono ad andare all’estero e quindi man mano una situazione di popolazione attiva che si riduce sempre di più. A questo poi si affiancano le misure di sostegno: dal reddito di cittadinanza, la spesa pensionistica e questo ci mette in una situazione economica estremamente critica. La parte per cui sono più preoccupato è l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato.

Un aumento che già il Governo prevede nel 2023 di superare gli 80 miliardi di euro per quella che si chiama il servizio del debito cioè la spesa per interessi. Questi sono soldi che sicuramente possono fare la gioia degli investitori dei titoli di Stato italiano però in realtà sono soldi buttati perché una spesa per interessi è una spesa che non si ripercuote in nessuna crescita. Non è una spesa per investimento. Non è una spesa che può favorire famiglie o imprese. In tutto questo c’è un altro aspetto che il circolante di titoli di stato è ormai vicino a 2.300 miliardi. Ha una vita media di sette anni. Questo cosa significa? Significa che nei primi anni di aumento dei rendimenti, come succede da alcuni mesi a questa parte, tendono a sottostimare quella che sarà la reale dinamica di crescita di questa spesa per interessi. E quindi tende tutto sommato anche sul lato politico a prestare poca attenzione a questo elemento. Ecco, quando noi supereremo fra circa tre anni la metà di questa vita media che io dicevo è di sette anni circa del circolante dei titoli di Stato, a quel punto è l’evoluzione della crescita sarà più che lineare e a questo punto davvero potrebbe rappresentare un grande problema. Quindi concludendo, penso che adesso per quelle che sono le situazioni attuali non ci siano grossi problemi di sostenibilità del debito pubblico. Però non dobbiamo illuderci. Noi abbiamo un grande debito pubblico e quello che ci aspetta davanti sono delle sfide molto molto ardue.