Roma -La pubblicità di Zio Mac ha convinto milioni di persone che hamburger, pollo fritto e patatine hanno un’anima italiana, e sono prodotti di alta qualità tipici della nostra tradizione alimentare. La realtà non è così.
L’operazione è iniziata in grande stile con l’arrivo di McItaly, il panino in versione italiana firmato dal Ministero delle politiche agricole e forestali. Si è trattato di un’incredibile operazione di marketing immortalata nella foto del ministro Luca Zaia alle prese con l’hamburger di McDonald’s. Il lavoro è proseguito coinvolgendo personaggi insospettabili come il grande chef Gualtiero Marchesi e, dulcis in fundo, il consorzio Qualivita.
La strategia è sempre la stessa, proporre per due mesi un nuovo panino con una fettina di Parmigiano Reggiano o di bresaola della Valtellina, oppure utilizzare un richiamo italiano di un marchio o di un prodotto di alta qualità e investire una cifra iperbolica in pubblicità per enfatizzare l’evento.
La realtà quotidiana è diversa. La carne degli hamburger è italiana, ma si tratta di quarti anteriori di vacche a fine carriera di età compresa tra 4 e 6 anni. Gli animali sono macellati dall’Inalca di Cremonini a Piacenza, e si tratta di lotti non presenti in macelleria e nei supermercati. La carne di vacca non si vende perché risulta troppo dura e legnosa, e si può solo usare macinata negli hamburger industriali e nei ripieni. Il prezzo nei mercati all’ingrosso è ridicolo, per questo McDonald’s può proporre listini molto convenienti.
Nella scala delle preferenze dei clienti troviamo il pollo fritto impanato dei Chicken McNuggets, che arriva direttamente dalla società francese Cargill e da altre due società straniere. Anche le famose patatine fritte sono dell’ austriaca Frisch & Frost. Poi c’è il merluzzo dei Filet-O-Fisch, importato dalla danese Espersen, i gamberetti dalla Thailandia…
Il menu diventa italiano quando si mangiano gli hamburger di pollo firmati da Amadori. Il made in Italy riguarda pure bibite, insalate, frutta e prodotti come il Parmigiano Reggiano e la Bresaola della Valtellina (quando per qualche settimana scivolano nei panini).
Alla luce di questi elementi, focalizzare l’attenzione della pubblicità su un hamburger di carne di vacca, considerato di qualità merceologica media, ed enfatizzare l’origine “italiana” di un menu composto da tanti prodotti importati, risulta una palese forzatura. La pubblicità di zio Mac non deve affidarsi al linguaggio ambiguo del marketing come fa da anni, ma ispirarsi di più alla trasparenza, come nel suo sito internet.
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