Economia

Mediobanca: dal 1946 regista degli affari dei miliardari italiani

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Mediobanca, fin dalla sua nascita nel 1946, ha svolto un ruolo nevralgico nella buona riuscita degli affari degli imprenditori italiani. Non solo: ha contribuito alla quotazione in Borsa di alcune delle società italiane più prestigiose, tra questi Ferrari e marchi di lusso iconici come Brunello Cucinelli, Moncler e Ferragamo. L’anno scorso ha assistito il fondo Blackstone nell’operazione di acquisizione e delisting della holding delle infrastrutture Atlantia per un valore di 56 miliardi di dollari (debito incluso), una delle operazioni più grandi a livello mondiale nel 2022 e uno dei delisting in ambito infrastrutturale più grandi di sempre. Un’attività, quella di banca d’affari, che Mediobanca sta portando avanti in sinergia con lo sviluppo delle attività di gestione dei grandi patrimoni privati.

Complessivamente, Mediobanca ha intrattenuto nell’ultimo decennio rapporti di affari con molti imprenditori italiani, occupandosi delle loro Ipo o assistendoli in fusioni e acquisizioni.

I numeri di Mediobanca

Come riportato da Forbes, alcune di queste operazioni hanno consentito a Mediobanca di conseguire un utile netto record di 595 milioni di dollari su 1,8 miliardi di dollari di ricavi nell’ultimo semestre del 2022, con un aumento del 6% e del 14%, rispettivamente, rispetto allo stesso periodo del 2021. Un quarto dei ricavi è derivato dalla divisione di gestione patrimoniale della banca, grazie alla relazione che la banca ha stabilito con gli imprenditori che hanno quotato le loro società in Borsa o hanno aperto il capitale all’ingresso di investitori privati.

Nonostante la capitalizzazione di mercato di Mediobanca sia di 9 miliardi di dollari, ben lontana dalle grandi banche americane, l’istituto sta superando i suoi limiti nel mercato delle quotazioni, delle fusioni e delle acquisizioni, come dimostra il suo ruolo di advisor nella fusione da 52 miliardi di dollari tra Psa Group e Fiat Chrysler e nella IPO da 77 miliardi di dollari di Porsche alla Borsa di Francoforte, la più grande offerta pubblica della storia europea. L’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, ha dichiarato che la banca è un modello unico nel settore del private investment banking e, grazie a questo, continua a crescere nella raccolta di masse in gestione.

Gli azionisti di Mediobanca

Mediobanca annovera tra i suoi azionisti alcune tra le persone più facoltose d’Italia. In particolare: la holding Delfin, di proprietà del defunto Leonardo Del Vecchio, detiene il 19,8% della banca, mentre Francesco Gaetano Caltagirone, miliardario attivo nel settore del cemento e dell’editoria, possiede il 5,6%. Silvio Berlusconi ha ceduto la sua partecipazione del 2% nel maggio 2021, ma rimane un investitore indiretto grazie alla sua partecipazione pari al 30,1% in banca Mediolanum, che a sua volta possiede il 3,4% di Mediobanca.

Più di due terzi degli azionisti di Mediobanca, però, è rappresentato da investitori retail ed istituzionali: Il 16% proviene dagli Stati Uniti, un mercato di crescente interesse per Mediobanca. Nel 2021 la banca ha lanciato un’iniziativa di co-investimento con il dipartimento di private equity del gestore patrimoniale BlackRock, offrendo l’accesso agli investimenti in società private ai suoi clienti di fascia alta, cioè soggetti che dispongono di patrimoni dai 30 milioni di dollari in su.

La storia di Mediobanca

Mediobanca nasce nel 1946, anno in cui l’Italia è diventata una Repubblica e ha dovuto affrontare la ricostruzione successiva alla Seconda Guerra Mondiale. Come spiegato dall’AD Alberto Nagel, i fondatori Enrico Cuccia e Raffaele Mattioli, avevano come obiettivo quello di contribuire alla ricostruzione dell’economia italiana e di fornire finanziamenti alle maggiori imprese del paese, colpite da gravi danni durante il grande conflitto. In quel momento, infatti, si avvertiva la necessità di stimolare la ricostruzione e l’evoluzione del sistema industriale nostrano: attraverso una moderna banca d’affari e di investimento, sarebbe stato possibile fornire consulenza in fusioni e acquisizioni e finanziare la crescita delle società attraverso prestiti e raccolta di capitali sul mercato.

Nel 1956, Mediobanca ha fatto il suo ingresso in Borsa e quattro anni dopo ha aperto la società di prestito al consumo denominata Compass, diventando così la prima banca italiana a fornire finanziamenti personali ai consumatori. Durante l’epoca d’oro della ripresa economica italiana del dopoguerra, la Mediobanca di Enrico Cuccia ha avuto un ruolo fondamentale nel sostenere le più grandi società del paese attraverso finanziamenti e consulenza, intervenendo in alcune operazioni cruciali come la fusione nel 1970 tra Pirelli e Dunlop e il salvataggio della Fiat nel 1972. Questo ha assicurato alla banca una notevole influenza sull’economia italiana grazie alle sue partecipazioni incrociate in alcune delle maggiori aziende del paese. Nel 1988 Mediobanca è stata privatizzata attraverso un accordo che ha ridotto la partecipazione totale di tre banche nazionali italiane al 25%, ponendo fine al controllo statale della banca. Negli anni ’90, Mediobanca ha svolto un ruolo attivo nella privatizzazione di importanti società a partecipazione statale, tra cui Telecom Italia ed Enel.

L’era Nagel: nuove sfide per Mediobanca

Nel 2003, tre anni dopo la scomparsa di Cuccia, Nagel divenne l’amministratore delegato di Mediobanca. Secondo quanto riferito da conoscitore di Mediobanca a Forbes: “Una delle idee di Nagel era quella di trasformare la banca in una banca specializzata, composta da tre divisioni – corporate e investment banking, wealth management e consumer finance – che lavorassero sinergicamente tra loro”. Nel 2004, Mediobanca ha ampliato la sua attività aprendo uffici a Parigi, Mosca, Francoforte, Madrid, New York e Londra. Nel 2008, invece, Mediobanca ha fatto il suo ingresso nel settore del retail banking digitale con il lancio di CheBanca! e nel 2016 ha creato un’unità di private banking per gestire i patrimoni delle famiglie e degli imprenditori più ricchi d’Italia.