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(WSI) – Si aspettano nuove intercettazioni che proverebbero l’esistenza di un megaconcerto riguardo alle battaglie per Antonveneta, Bnl e Rcs. Si aspetta, cioè, la conferma di quello che tutti sanno: i nuovi ricchi volevano espandersi. Questo è il succo dello scontro di potere in atto. Dovunque ci sarà dialettica tra vecchio e nuovo, vedremo scintille. In questi giorni sui giornali che si contendono posizioni di potere o soltanto merce giornalistica, è comparsa con frequenza una sigla, Bim, Banca Intermobiliare, piccolo istituto bancario torinese, il cui profilo può fornire alcuni interessanti indizi su che cosa sia la transizione in atto.
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Bim è il punto di incontro tra vecchi e nuovi, secondo Ferruccio De Bortoli, direttore del Sole 24 Ore; oppure è il nuovo salottino del capitalismo, scrive Franco Bechis, direttore del Tempo. Da Bim sono passate alcune operazioni finanziarie riconducibili a Bnl, Antonveneta e Rcs. Bim è soprattutto il primo sistema organizzato che raccoglie imprenditori e finanzieri accomunati da una caratteristica: con la sola parziale eccezione di Sergio Pininfarina (che ne controlla il 2,3 per cento), sono – parlandone da capitalisti – uomini di prima generazione, a un passo dall’essere newcomers.
Bim fa private banking, amministra circa 13 miliardi di euro, nel 2004 ha segnato un utile netto di 33,6 milioni. Controlla l’un per cento del mercato italiano dei fondi di investimento, è al sesto posto nella classifica dei gestori di patrimoni individuali (sopra una soglia di 300.000 euro). La banca è detenuta al 50,4 per cento dalla CoFiTo in cui sono presenti i soci che fondarono Bim 25 anni fa, quattro famiglie torinesi: i Segre (commercialisti di Carlo De Benedetti), gli Scanferlin, i Giovannone e i D’Aguì. Nel 1991, alla quotazione in borsa, l’Ing. entrò nel capitale, oggi è al 4 per cento.
Il 10 per cento della banca è nelle mani di un socio strategico, il gruppo finanziario belga-olandese Fortis. Un altro 3 per cento è di una fondazione benefica Umano Progresso, riconducibile ad Angelo Abbondio, uno dei padri dei fondi comuni in Italia. Gli altri soci sono uomini nuovi, o nuovissimi: il 2,4 per cento è di Sergio Piantelli, l’ex-editore di Tuttosport, il 2,3 per cento di Pininfarina, il 2,2 per cento della Premafin di Salvatore Ligresti; quote del 2 per cento sono controllate dal patron di Air Dolomiti Alcide Leali (uno dei pochi imprenditori italiani – insieme a Lupo Rattazzi – ad aver fatto soldi con gli aeroplani), da Luca di Montezemolo e dall’immobiliarista Danilo Coppola, entrato tre anni e mezzo fa.
La Bim possiede: il 100 per cento di due società di gestione; il 50 per cento di Bim-Vita, il cui socio paritetico è Sai-Fondiaria, cioè Ligresti; il 50 per cento del fondo Alternative (l’altra metà è controllata da una società debenedettiana, la CdB Web Tech, sulla cresta dell’onda perché è la scatola finanziaria da cui dovrebbe nascere il fondo salva-imprese MeC, la creatura in comune tra il Cav. e l’Ing.). Infine detiene direttamente il 5 per cento di Cdb Web Tech e per ragioni istituzionali il 7 per cento di Borsa Spa.
Ne è presidente Bruna Segre, uno dei punti di riferimento finanziari della comunità ebraica torinese. Ma è stato l’ad Pietro D’Aguì a convogliare sulla piccola banca quella truppa che va da Coppola a Ligresti, ed è lui l’ideatore della Bim come modello di aggregazione, e in prospettiva come potenziale veicolo di ricambio del sistema finanziario italiano. Un po’ per questa ragione – un interesse sospeso tra la sociologia e le aspettative di potere – Bim viene considerata l’embrione della futura camera di compensazione del capitalismo italiano. A determinarne lo status di grande promessa concorre naturalmente il rapporto con Cdb Web Tech e la presenza nel suo capitale di Luca di Montezemolo, il presidente di Confindustria che si ritrova in società con De Benedetti essendone stato avversario.
Il malumore dei duri e puri
Il progetto di De Benedetti va oltre Bim. Con MeC punta a un’operazione molto ambiziosa, incidere sul riassetto del potere economico, invitando al tavolo da gioco tutti gli uomini che hanno caratteristiche simili a quelli di Bim: imprenditoria energica e se possibile newcomerismo di qualità. La gravità della minaccia per gli attuali equilibri di potere è evidente: prima i malumori per l’incesto Ing.–Cav. dei duri e puri di entrambi i sistemi di alleanze, poi i dubbi che, secondo il Corriere della Sera, avrebbe espresso proprio Montezemolo sull’iniziativa, visti i movimenti di De Benedetti sul titolo Cdb Web Tech. Ma per il secondo giorno consecutivo i calcoli del Corriere sul capital gain dell’Ing. sono diversi da quelli del Sole 24 Ore: 4 milioni di euro per il primo 107.000 euro per il secondo.
Il più importante alleato di LCdM, Diego Della Valle, promesso socio in MeC con una quota pari a quella di Ing. e Cav. ha per l’iniziativa interesse immutato. Dice al Foglio: “è una operazione industriale importante per l’economia del paese, e non ci saranno implicazioni politiche. Altrimenti non avrei accettato nemmeno di parlarne”.