ROMA (WSI) – I funzionari dell’amministrazione italiana devono sentire il fiato sul collo in questi ultimi mesi. La crescita dell’appeal dei movimenti anti austerity in Grecia, Spagna e Polonia, rappresenta una minaccia per loro, per l’unione monetaria e per politica d’Europa.
È per questa ragione che insieme a Francia e Germania sta lavorando a una proposta concreta per cambiare il continente, introducendo misure dal punto di vista socio economico più eque lasciando alle spalle la fissazione per il rigore a tutti i costi, anche quando strozza la crescita.
Parigi e Berlino hanno già presentato un progetto comune per una nuova politica economica dell’area euro, che non prevede modifiche ai trattati dell’Unione Europea. L’intento è chiaramente quello di mettere spalle al muro il governo di David Cameron, che entro un paio di anni chiederà al popolo britannico di esprimersi con un referendum sull’appartenenza del paese all’Unione Europea.
Tra le proposte concrete del governo Renzi ci sono gli Eurobond, un fisco comune e un unico sussidio di disoccupazione. Secondo quanto La Stampa ha appreso dal contributo spedito dall’Italia a Bruxelles, serve una “fiscal capacity autonoma” cioè un bilancio che “possa emettere debito sovrano con risorse proprie”, utili per sostenere le riforme necessarie dei paesi in maggiore difficoltà.
L’idea, manco a dirlo, non piace ai paesi più virtuosi del nord, ma la sua mancanza rende “l’Europa più fragile” secondo le autorità italiane.
Nelle quattro cartelle del documento si parla molto di una “unione politica”, una maggiore integrazione che rafforzi il patto continentale, rendendolo più efficiente e vicino ai cittadini, dunque “più democraticamente legittimato”.
La proposta può sembrare un po’ naive. Da fine 2012 l’Europa sta cercando di trovare un modo per risultare un progretto più concreto, che coinvolga maggiormente i cittadini e che sia portatore di una governance più decisa e unita.
Ma la popolarità dei partiti anti europeisti o comunque anti austerity e anti tedeschi, unita alle minacce di un’uscita della Grecia dall’area euro e di un referendum per l’uscita del Regno Unito dall’Ue, hanno minacciato la stessa esistenza di un’Europa unita.
Che sia giunto il momento di cambiare lo si sa da anni. Ora però, anche per tutelare l’irreversibilità della moneta unica assicurata da Mario Draghi nel famoso discorso del luglio di tre anni fa, bisongnerà passare ai fatti. Le regole comunitarie non bastano, servono istituzioni comuni. È un passaggio obbligato per la sopravvivenza dell’unione europea.
Il problema è che le autorità in Germania, la prima economia del continente, hanno il coltello dalla parte del manico e se si opporranno a uno schema di indennità di disoccupazione comune e un sistema di emissione del debito unico non si sa se basteranno le pressioni di Francia, Italia e Spagna, come si augura uno dei padri dell’euro Romano Prodi.
Fonte: La Stampa
(DaC)