Dopo le nuove accuse mosse a Trump alla Cina e la controffensiva di Pechino ai dazi per 200 miliardi di dollari imposti dagli Usa, sono aumentati i rischi di escalation del conflitto commerciale tra le due prime potenze economiche al mondo. Secondo gli analisti di Danske Bank Donald Trump, come aveva promesso, potrebbe presto annunciare una nuova tornata di dazi contro la Cina da 267 miliardi di dollari.
Nel suo intervento all’Assemblea Generale dell’ONU, oltre ad accusare l’Iran di seminare terrorismo, Trump ha attaccato l’OPEC, rea di destabilizzare il mondo. Nel mirino del presidente Usa è finita soprattutto l’Arabia Saudita che viene ritenuta colpevole di mantenere la produzione del petrolio troppo bassa. Gli Stati Uniti – ha avvertito l’inquilino della Casa Bianca – non sopporteranno una situazione del genere ancora a lungo. I prezzi del petrolio scambiano in prossimità dei massimi di quattro anni,
In Europa i listini azionari principali sono incerti sulla direzione da prendere dopo i rialzi consistenti della vigilia. In Asia le Borse continuano a rafforzarsi nonostante il pericolo di una guerra commerciale a tutto campo. I rendimenti dei Bond americani decennali sono in lieve ribasso dopo il balzo messo a segno di recente oltre il 3,10%. Debole l’euro rispetto al dollaro, in vista della riunione della Federal Reserve, che si chiude con un rialzo il costo del denaro di 25 punti base al 2-2,25%, il livello più alto degli ultimi dieci anni. Il rialzo dei tassi di interesse potrebbe esercitare nuove pressioni sui mercati emergenti già in crisi come Turchia e Argentina.
Intanto in Italia è partito il conto alla rovescia per la presentazione della legge di bilancio 2019. Giovedì 27 settembre è la data ultima per presentare il testo del DEF in parlamento e non è ancora chiaro se la coalizione di governo ha raggiunto un’intesa sull’ammontare di spese da iscrivere a bilancio e sulla portata delle misure a deficit da presentare. Il vice premier Luigi Di Maio ha annunciato che se la manovra finanziaria non sarà coraggiosa, con un rapporto deficit Pil fino al 2,5% – sopra l’1,8-1,9% indicato dal MEF come compromesso tra le parti – il MoVimento 5 Stelle non la voterà.