Spesso e volentieri in passato le vittorie sportive venivano viste in termini di riscatto sociale o, addirittura, in alcuni casi, rappresentavano l’oppio delle popolazioni. Per la serie, “se vinci butti la polvere sotto il tappeto”. Poi si vedrà.
Stavolta invece è diverso. Stavolta si vive una sorta di NapoliMagia.
La vittoria del campionato scorso è coincisa con un periodo nuovo, quasi un rinascimento del terzo millennio della città la cui espressione calcistica ha contribuito ad innalzarne la notorietà nel Mondo. Questo proprio nel momento in cui quella notorietà ha trovato la giusta collocazione nella capacità di accogliere di una città che si è trovata invasa da migliaia di turisti che l’hanno girata e rigirata, scoperta e riscoperta proprio mentre Napoli, rifattasi il trucco, esprime il meglio di sé.
Così le gesta di Osimhen e compagni hanno avuto la giusta eco perché Napoli le ha fatte sue e le ha sapute raccontare. Napoli che è stata espressione di festa, una festa che è durata settimane, da quando il “Maradona” ha cominciato ad inneggiare “La capolista se ne va” (raccontata anche dal libro dell’amico ed ottimo giornalista Manuel Parlato).
E la capolista se ne andava davvero mentre la città si riempiva di colori, di gente, di sorrisi, di una passione crescente che, domenica dopo domenica, ha invaso ogni angolo d’Italia, mentre i giornali di mezzo mondo raccontavano non più soltanto le gesta calcistiche, ma gli angoli più nascosti di una città che pur avendomi dato i natali non smetto mai di riscoprire.
È come se fosse sempre nuova, una Neapolis ogni volta, una realtà che più sei lontano e più ti chiama, che più sei lontano e più ti affascina, che più non ci sei e più vorresti esserci.
NapoliMagia è anche il racconto di Marco che mi accompagna sotto metri di tufo nella Napoli Sotterranea che si estende per 900 chilometri di gallerie sotto ed attorno alla città. Mentre racconta di cisterne e canali, di Monacelli ed altri spiritelli più o meno reali, più o meno dispettosi. Marco, dicevo, ha la voglia, la cultura e la forza di esprimere non solo un mero racconto storico di tutto quello che è accaduto in quelle grotte.
Marco aveva la forza di prendere posizioni scomode, forti, posizioni che forse non tutti quelli del gruppo con cui eravamo, avranno colto, ma che in me hanno riaperto reminiscenze lontane.
Era come se ci fosse lì mia madre a raccontarmi della paura che si vive quando tutto trema sopra le tue teste, quando la polvere ti cade addosso, quando le bombe ti cadono addosso e non sai se riuscirai più a vedere la luce del sole.
Ma il sole di Napoli è davvero particolare e ti regala colori che non ti aspetti. Perfino le barchette nel porticciolo di Castel dell’Ovo sono tutte in fila ordinatamente e tutte così variatamente colorate che ti chiedi se sono lì, messe così perché diventassero una delle cartoline di Napoli o se è Napoli la cartolina di se stessa.
Napoli, il Napoli. Un legame indissolubile. Non ci sono possibilità di errori, di Roma e Lazio, di Milan ed Inter, di Toro e Juve. Qui non ci si può sbagliare c’è solo il Napoli, perché Napul’è…
Così, sia che si scelgano i versi di Pino Daniele o gli inni dettati da Gennaro Montuori (detto Palummella) sugli spalti del San Paolo – Maradona, Napoli riesce sempre a raccontare se stessa senza mai finire di stupire.
“Abbiamo più di 120 milioni di tifosi in tutto il mondo”.
Le parole di Aurelio De Laurentiis suonano come un inno allo sfruttare risorse mai considerate veramente. Quelle risorse, se ben considerate, si tramutano in oro. Così, quando si leggono i numeri delle vendite delle magliette con lo scudetto, le magliette che non si trovano, le magliette che vanno a ruba, le magliette che colorano d’azzurro il Mondo, si comprende che di tesori nascosti Napoli ne ha tanti altri.
Ma intanto quelle maglie hanno invaso Castel di Sangro e poi Napoli stessa e i siti di e-commerce. Ed ora sono introvabili.
A Castel di Sangro, sede della seconda parte del ritiro partenopeo, un’orda felice di tifosi si è aggrappata alla sua squadra, ai suoi eroi. E se prima, se in passato, gli eroi avevano un numero su quella maglietta, i numeri di Juliano, Sivori, Bruscolotti, il 10 di Maradona, oggi l’eroe del Napoli le magliette non le indossa in campo, lui le vende, possibilmente a moltissimi di quei 120 milioni di tifosi sparsi per il mondo.
Ed è dalla forza di questi numeri, dalla sapienza con cui ha saputo amministrare una squadra presa dalla serie C e portata ai massimi vertici del calcio mondiale che Aurelio De Laurentiis si sta ergendo a paladino di una battaglia contro gli “infedeli” che vogliono colonizzare il calcio europeo.
Senza scomodare le crociate, va detto, però che la voce del presidente del Napoli è l’unica ad essersi alzata contro quel Mondo, contro quel Public Investment Fund che vuole riscrivere in Arabia ciò che l’Europa, sempre più rattrappita in se stessa, non riesce più a governare: il fenomeno calcio.
Aurelio De Laurentiis è il nuovo Maradona o, forse, il nuovo Masaniello. Oggi è sempre più il capopopolo che forse anche lui avrebbe sempre voluto essere, un popolo che molte volte non lo ha compreso, ma che oggi: “guai a chi lo tocca”.
È NapoliMagia.
È Napoli, ed è come per la Cappella del Principe di Sangro, la cappella dove tutti guardano al Cristo Velato e non si accorgono di camminare sul pavimento più straordinario del Mondo, un “pavimento impossibile” per le nostre conoscenze. Un pavimento che però è lì a testimoniare che possibile e impossibile sono legati da un filo sottile. Secondo i numeri, secondo i conti, sarebbe impossibile pensare che Osimhen rimanga al Napoli. Eppure l’impossibile, come in un pavimento di un’antica cappella sperduta nel centro storico di Napoli, a volte si materializza e diventa possibile quasi per magia.
La stessa magia che lega la Cappella più straordinaria di Napoli a Castel di Sangro, la Cappella del principe di Sangro. Sarà un caso? La NapoliMagia.