Oggi sarà intitolata una via del comune di Basiglio a Ennio Doris, scomparso esattamente un anno fa. L’attuale via Francesco Sforza sarà ufficialmente intitolata al fondatore di Banca Mediolanum e di Fondazione Mediolanum.
Quello di Doris è stato un messaggio semplice, ma abbastanza forte da cambiare il mondo. Un anno fa scrivevo che in momenti come quello, ma anche in questi contesti di estrema confusione emotiva, mille ricordi affollano la mente. A volte la vita è strana. C’è qualcosa che è lì sotto i tuoi occhi e non lo vedi. Poi di colpo te ne accorgi e diventa praticamente impossibile non coglierne i contorni così definiti. E ti chiedi come mai potessi non averla mai notata prima. Eppure quante volte avevo scorso quel lungo elenco di messaggi. Uno al giorno, tutti i giorni a cominciare dal primo.
I principali messaggi di Ennio Doris
“Rimani fiducioso e il canto della gioia arriverà. Siamo distanti, sì, ma più uniti che mai”
13 marzo 2020
Era l’epoca della pandemia, appena scoperta a Codogno. Doris in un attimo ci aveva già teso la mano. Quel messaggio e tutti gli altri erano il suo personalissimo “Never walk alone”.
“E si deve capire che il coraggio non è l’assenza di paura, ma piuttosto la forza di andare avanti nonostante la paura”
29 marzo 2020
E’ come se avertissi la sua mano sulla mia spalla e mentre li leggo ripenso a quante volte l’ha fatto davvero. Per sottolineare un momento, un pensiero.
“Le cicatrici sono il segno che è stata dura. Il sorriso è il segno che ce l’hai fatta”
24 aprile 2020
Parafrasando “Così parlò Bellavista”, di Luciano De Crescenzo, mi sono sempre chiesto se Ennio Doris fosse un uomo d’amore o un uomo di libertà. De Crescenzo racconta che l’uomo d’amore è quello che “fa il presepe”, quello che sceglie il muschio più fresco, che posiziona i pastorelli dal più piccolo al più grande per regalare alla scena quel senso di profondità di cui ha bisogno, quell’eterno divenire che è rappresentato dal corso delle nostre vite.
L’uomo di libertà, invece, è quello che fa l’albero, che se la sbriga più in fretta, ma che non dimentica le tradizione. Rileggendo uno dopo l’altro i suoi messaggi ho capito come Ennio Doris costruisse l’albero dove sotto aveva già messo il presepe, dove libertà e amore facessero integralmente parte dello stesso modo di guardare alla vita e fossero il sostegno l’uno dell’altro.
Un’amore per la libertà espresso nel suo modo di fare banca. “Come posso cambiare il sitema se non faccio parte del sistema? Come posso dimostrare che c’è un modo di fare banca che tiene al centro il cliente? Come posso indicare la via di un cambiamento se non lo dimostro direttamente invece che raccontarlo come se fossi un Solone fuori dal mondo? Facendo la banca mi sono messo alla pari con gli altri banchieri, parto dalla loro stessa linea. Proprio per dimostrare che le cose che dico, sono le cose che faccio. E se le faccio io anche il resto dei miei colleghi banchieri sarà costretto a farlo”.
“Nessuno può tornare indietro, ma tutti possono andare avanti”
28 aprile 2020
Per guardare avanti servono occhi nuovi, che sanno guardare al futuro. Come fece quel giorno di tanti anni fa a una convention.
Salito sul palco, si avvicinò al leggio, quasi lo afferrò e lesse quello che sembrava essere il suo personalissimo patto con il futuro, il futuro delle migliaia di persone che hanno avuto la fortuna ed il privilegio di incrociare il suo cammino, fosse stato per pochi minuti, per tanti anni o per una vita intera.
Quel giorno in tanti non capirono subito quel messaggio. Semplicemente perché quel messaggio non era di quel tempo. Veniva da un altro tempo, che nessuno di noi riusciva ancora a vedere, ma che lui invece era già in grado di raccontare.
Allora il portafoglio medio in gestione per un consulente finanziario non superava i 7-8 milioni di euro. E lui era pronto ad illustrarci il tempo che sarebbe stato, che sarebbe arrivato. Doris quel giorno disse:
“Tra qualche anno molti di voi avranno portafogli che supereranno i 100 milioni di euro”.
E quel tempo è arrivato. Doris era consapevole che la felicità è un bene comune che si costruisce assieme, fondandosi sull’unica vera moneta che nessuno potrà mai cambiare in alcuna banca: la fiducia.
“Un maestro porta in aula dei palloncini e ne regala, uno ciascuno, ai suoi giovani studenti. Poi invita i ragazzini a scrivere il proprio nome sul palloncino, a posarli sul pavimento e a lasciare l’aula. Una volta fuori, disse loro: ‘Avete cinque minuti affinché ognuno trovi il palloncino che porta il proprio nome. Fu una baraonda, ci fu una gran confusione ma nei cinque minuti a disposizione i ragazzini non ce la fecero a rimettere in fila proprietari e palloncini’.
Il maestro a quel punto disse ancora: ‘Lasciate i palloncini, poi uscite dalla classe. Li richiamò dopo pochissimi minuti… Prendete qualsiasi palloncino e consegnatelo al legittimo proprietario’. In pochi minuti tutte le caselle andarono al posto giusto.
Alla fine il maestro: ‘I palloncini sono come la felicità. Nessuno la troverà cercando solo la propria. Invece, se ognuno si preoccuperà di quella dell’altro, troverà in fretta quella che gli appartiene’”
24 giugno 2020
Quanti messaggi ci sono ancora…non li posso scrivere tutti. Non per i messaggi in se per se ma per quello che generano in termini di ricordi e di storie da raccontare.
Come in quel video che ho ritrovato tra i tanti che conservo gelosamente. Lui parlava a dei ragazzi di una scuola. Altro, dei connotati temporali e logistici di quell’intervento, non ricordo. Ma quello che ricordo sono le sue parole che facevano pressappoco così:
“Pensate noi siamo qua in un teatro. Secoli addietro qui probabilmente c’era palude, non c’erano le scuole che frequentate, c’era analfabetismo. Se noi siamo in questo teatro, se andiamo a scuola è perché chi ci ha preceduto si è dato da fare ed ha cambiato in meglio le cose. Ha reso il mondo più adatto all’essere umano, a noi che siamo qui.
Ma che mondo consegneremo noi a chi verrà dopo? Da chi dipenderà? Dipenderà dal politico, dalla situazione generale? Ognuno di voi può fare qualche cosa…
E allora io dico che, per quanto mi riguarda, per tutto quello che ho ricevuto, mi comporterò in maniera che io possa consegnare qualcosa di meglio al prossimo rispetto a quello che ho ricevuto io. Ed è questo atteggiamento di dedizione rispetto agli altri che poi alla fine ti ripaga enormemente. Ecco perché il mio slogan dice: “il modo migliore di essere egoisti è essere altruisti. Quando sei egoista puoi raggiungere tanto benessere ma vivi male. Ed è un benessere che non ha fondamenta solide. Quindi partiamo dalla consapevolezza di quello che abbiamo ricevuto dai nostri genitori, dalla scuola, dai professori, degli antenati. Partiamo da noi stessi. Qualunque cosa sarete chiamati a fare, distinguetevi, perché starete dipingendo il vostro ritratto. E in più, fate le cose con amore e con passione il resto arriverà… arriverà l’amore, il gioco, la fortuna e la sfortuna e le difficoltà, ma voi avrete vinto comunque, avrete dipinto il vostro ritratto, avrete cominciato a costruire”.
Avremmo bisogno di tante risposte. Le risposte a tante altre domande che tutti vorremmo ancora fare a lui. Poi mi rendo conto che la risposta ce l’ho già. Mi basta ricordare o, più semplicemente chiedere a me stesso: “Ma Ennio Doris cosa avrebbe fatto?”
Ed anche se l’ultimo scritto è quello del 23 novembre del 2021, di quella stessa notte di un anno fa in cui scrivevo come sto facendo ora, non c’è timore che di risposte ne troveremo. Ovunque dovessimo cercare.
Le troveremo su una carta di credito che oggi ha addirittura il nostro viso oltre che un Iban. Lo troveremo in uno sportello bancario, nello sguardo di un addetto ai libretti di un ufficio postale, ovunque ci sia un risparmiatore.
Ovunque si racconti di lui il fiato della platea resta sospeso finché scatta un applauso spontaneo.
“Vivi ora ciò che gli altri sognano di vivere nel futuro. Proviamo a fare sempre un passo avanti ogni giorno per realizzare i nostri sogni”
23 novembre 2021