Editoriali

La guerra: la gallina dalle uova d’oro

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Semmai ci fosse stato bisogno di conferme ecco che puntuali arrivano i numeri. Poco contano morti e feriti, macerie e distruzioni, per qualcuno la guerra rappresenta la “gallina dalle uova d’oro”.

Gli Stati Uniti sono il più grande esportatore al mondo di armi: nel periodo 2017-2021 hanno coperto il 39% delle esportazioni totali. Dietro agli Usa, la Russia (19%) e la Francia (11%). Seguono Cina, Germania, Italia, Regno Unito, Corea del Sud, Spagna e Israele. La Svizzera è al 15 esimo posto. Nel 2021 le imprese elvetiche hanno esportato materiale bellico per un valore di 740 milioni di franchi in 67 Paesi.

Fare una stima precisa di quanto è aumentata la spesa militare dei Paesi europei dallo scoppio della guerra è difficile, le cifre esatte andranno in bilancio sul prossimo anno, e quindi al momento si possono fare dei calcoli solo basandosi sugli annunci. E almeno nell’Ue sono stati da capogiro.

Come la guerra ha fatto lievitare le spese militari

Germania, Danimarca, Romania, Italia, Svezia, Austria, Polonia e Paesi Bassi sono tra coloro che hanno annunciato aumenti della spesa per la Difesa. In totale, questi aumenti annunciati, secondo i calcoli della Commission Ue, ammonterebbero a ulteriori 200 miliardi di euro di spesa aggiuntiva, in alcuni casi portando alcune nazioni ad andare anche oltre il 2% del Pil richiesto dagli impegni Nato. Se pensiamo che nel 2020, gli Stati membri hanno speso collettivamente più di 200 miliardi di euro per la Difesa e che nel 2021 la loro spesa combinata è salita a 220 miliardi di euro, capiamo che queste cifre potrebbero anche raddoppiare quest’anno.

Ma è un’accelerazione continua. Israele ha firmato un contratto da 400 milioni di dollari con la Grecia per fornire missili anticarro Spike classificati ad Atene, secondo il ministero della Difesa di Tel Aviv il 10 aprile. I missili di difesa Spike sono comunemente usati da diversi membri della Nato, l’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti, utilizzati da un totale di 19 paesi e prodotti dall’appaltatore israeliano Rafael.
Il “Times of Israel” ha indicato che oltre 34.000 missili di vari modelli sono stati venduti all’estero, con 6.000 missili già lanciati. I missili hanno una portata estesa di 50 chilometri.  L’amministratore delegato di Rafael, Yoav Har-Even, ha affermato che i missili Spike rafforzeranno le capacità dell’esercito greco e prevede una “espansione attraverso la collaborazione strategica nel prossimo futuro” tra Atene e Tel Aviv. Il ministero della Difesa israeliano ha inoltre ribadito che l’accordo sulle armi rafforzerebbe le relazioni tra le due nazioni.

In un caso simile, all’inizio di questo mese, il governo finlandese ha rivelato di voler  acquistare  i sistemi di difesa missilistica Sling di David da Israele in un accordo del valore di 344 milioni di dollari. L’annuncio è arrivato il giorno dopo che la Finlandia si è unita all’alleanza militare Nato, guidata dagli Stati Uniti, diventandone il 31 esimo membro dopo che la loro offerta era stata bloccata da Turchia e Ungheria all’inizio del 2022.

Negli ultimi anni, diversi paesi regionali e internazionali, come l’Azerbaigian e gli Emirati Arabi Uniti, hanno contattato Israele per acquistare i suoi sistemi di difesa aerea. Secondo il notiziario israeliano “Haaretz”, da quando i legami tra Tel Aviv e Baku sono stati rafforzati nel 2011, i due paesi della regione si sono impegnati in un accordo da 1,6 miliardi di dollari, in cui l’Azerbaigian ha acquistato una batteria di missili Barak e droni Searcher e Heron da Israele Industrie aerospaziali. Baku ha anche ricevuto una tecnologia di spionaggio avanzata – il controverso spyware Pegasus dal famigerato gruppo israeliano di armi informatiche NSO – e ha ricevuto il 70% del suo arsenale di armi da Israele. Insomma, il mondo sta armandosi fino ai denti e sono tanti quelli che dalla vendita di armi ci stanno guadagnando davvero. Ma è sempre stato così… e così sarà sempre, purtroppo.