Gli occhi degli investitori e di tutto il mondo sono puntati su Washington oggi. Nella capitale americana è atteso il vice premier cinese. Liu He si siederà attorno a un tavola con funzionari Usa per rivedere gli accordi commerciali tra le due prime due economie al mondo. Un intensificarsi della guerra commerciale avrebbe conseguenze negative sull’economia mondiale proprio in un momento delicato della fase di ripresa. Secondo Lazard AM “la crescita globale tornerà nuovamente a esaurirsi con l’avvicinarsi del 2020”.
Gli Stati Uniti hanno preparato i documenti per incrementare dal 10 al 25% i dazi su 200 miliardi di dollari di beni importati dalla Cina. Il provvedimento diventerà operativo a partire dalla mezzanotte. La Casa Bianca ha reagito in modo tanto aggressivo dopo mesi di tregua perché, così almeno sostiene l’amministrazione Trump, la Cina non ha rispettato gli impegni presi. Pare che le autorità cinesi abbiano eliminato una parte delle 150 pagine della bozza di accordo. Il governo di Pechino ha già minacciato rappresaglie e allo stesso tempo si è detto dispiaciuto per il degenerare della situazione.
Ritorno dell’interesse per il reddito fisso
Affinché si confermi il posizionamento contenuto degli investitori sull’azionario, elemento che rende gli esperti di Pictet AM “maggiormente costruttivi”, il negoziato in corso tra Usa e Cina deve dare esito positivo. “La minaccia tariffaria di Trump rappresenta quindi un fattore di rischio (ri)emerso recentemente”. Sul fronte valutativo, invece, “i mercati avranno bisogno di una crescita degli utili più decisa nei prossimi trimestri per guadagnare ulteriore terreno.
Oltre al buon esito delle trattative sino americane, perché si confermi il contesto di Riccioli d’Oro – caratterizzato da una crescita economica solida costante in un contesto inflativo privo di pressioni significative – ci vorrà un “miglioramento ciclico nel prossimo trimestre”. La minaccia di Trump di alzare i dazi su 200 miliardi di import dalla Cina, osservano sempre da Pictet AM in una nota, “ricorda agli investitori quanto il rischio geopolitico possa influenzare l’andamento dei listini.
In questi primi quattro mesi del 2019 si sono visti deflussi degli investitori dall’azionario (95miliardi di dollari cumulativi) provenienti in larga parte da Europa e Usa. Mentre c’è stato un ritorno di interesse per il reddito fisso, nello specifico credito Investment Grade, High-Yield e debito Emergente.
Spread: si decide tutto tra europee, Bce e giudizio Ue il 5 giugno
In Italia intanto il timore è quello di una nuova sfida con Bruxelles sui conti pubblici conti pubblici. In quel caso lo Spread è visto in rialzo, e questo vorrebbe dire interessi più alti sul debito pubblico, impatto sui bilanci delle banche, i cui bilanci sono pieni di Btp, importazioni più care. L’unico effetto positivo (a breve termine) per i risparmiatori sarebbe quello di una crescita dei rendimenti dei titoli di Stato.
Bruxelles ha bocciato la manovra italiana e il 5 giugno potrebbe scattare la procedura di infrazione. Il rapporto tra deficit e Pil è visto al 3,5% nel 2020, dello 0,5% sopra la soglia limite. Lo Spread tra Btp e Bund decennali è salito anche in area 270 punti base e il rischio, secondo gli analisti tecnici, è di assistere a un rialzo. Si tratterebbe però a una fase successiva a un calo del rendimento dei Btp in area 219 punti base.
Nel breve periodo e prima del voto delle europee di fine maggio, l’analista tecnico Silvio Bona vede “una contrazione del tasso fino a quota 219 punti base”. Poi si potrebbe “assistere al rialzo del rendimento stesso che, ricordiamolo, ha una resistenza statica situata in area 361 punti base”. Al momento il rendimento viaggia intorno al 2,6%, i massimi di due settimane.
Mercati, l’agenda di giornata
L’indice di volatilità ha fatto un bel balzo nelle ultime sedute e gli investitori sono sempre più preoccupati. Le BorseBorse globali sono scese ai minimi da marzo in settimana per via dell’escalation della guerra commerciale. Second le stime di economisti e FMI potrebbe danneggiare fiducia e crescita. Da una guerra dei dazi, d’altronde, nessuno esce vincitore.
L’indice della paura del Vix è ai massimi da gennaio e, visto anche l’appuntamento con le elezioni europee e le incertezze persistenti sul fronte Brexit, c’è da attendersi ancora volatilità e nervosismo.
In calendario oggi ci sono le cifre sul commercio americane per il mese di marzo, che dovrebbero dare un’idea dell’impatto che i dazi stanno avendo sull’attività economica. Alle 14:30 vengono pubblicati anche i dati sulle richieste di sussidio di disoccupazione.
In ambito di politica monetaria, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell prenderà la parola a una conferenza sul tema “Il rinnovo della promessa della classe media“. Per il momento l’atteggiamento della banca centrale resta attendista e una pausa nel ciclo dei rialzi del costo del denaro dipenderà sopratutto dall’andamento dell’inflazione.
Come certificato dall’ultimo report occupazionale governativo, quella salariale è rimasta pressoché ferma in aprile, offrendo a Powell una ragione in più per rimandare il rialzo dei tassi. Secondo lui, i raffreddamento dell’inflazione non durerà a lungo, essendo “legato a effetti transitori“.