Dopo un decennio di iniezioni di liquidità e tassi zero l’era del denaro facile è finita e i mercati si muovono di conseguenza. Mentre l’euro accelera in vista della riunione storica della Bce durante la quale – a discapito dei problemi italiani, Mario Draghi dovrebbe delineare il piano di uscita dal programma di allentamento monetario straordinario, le valute e l’azionario dei mercati emergenti estendo i cali dopo la stance più aggressiva del previsto della Federal Reserve. La banca centrale Usa ha alzato all’1,75%-2% i tassi nel 2018 e ha annunciato che ci saranno altre due strette monetarie nel 2018. L’obiettivo è mettere un freno all’inflazione – che ha già superato il livello di neutralità – in un contesto di economia in piena salute.
Le Borse dei paesi in via di sviluppo sono in ribasso: si interrompe così una serie positiva di due sedute. Il paniere delle divise emergenti ha violato al ribasso un livello tecnico chiave e ora si prefigurano ulteriori perdite. Il peso argentino è uno degli asset più colpiti sui tassi di cambio nonostante l’annuncio del ministero delle Finanze di vendere 7,5 miliardi di dollari nel mercato valutario. Il real brasiliano estende le perdite dopo che la banca centrale ha annunciato un terzo swap valutario per rafforzare la moneta fiat nazionale. L’atteggiamento da falco della Fed mette pressione sulle valute dei paesi in via di Sviluppo e potrebbe ingigantire i problemi delle banche centrali dell’area che già devono vedersela con la fuga di capitali dai paesi con l’inflazione e i deficit maggiori.
Win Thin, global head of emerging-market strategy di Brown Brothers Harriman, ritiene che si sia trattato di un approccio più aggressivo del previsto da parte della Fed e pertanto dopo l a riunione di politica monetaria di mercoledì le monete dei mercati emergenti “dovrebbero rimanere sotto pressione”.