In occasione del Salone del Risparmio 2022 abbiamo incontrato Giovanni Papini, country head di UBS AM in Italia con il quale abbiamo parlato dei possibili scenari legati al balzo dell’inflazione, della guerra in Ucraina e dei rischi di rallentamento dell’economia della Cina.
Dott. Papini, in un contesto di elevata inflazione quali sono gli investimenti da preferire?
L’elevata inflazione sta portando anche ad una forte incertezza sulla situazione macroeconomica più in generale, poiché è da oltre quarant’anni che non raggiungeva livelli così elevati e le banche centrali si trovano di fronte alla difficile sfida di dover rialzare i tassi senza provocare una recessione. Inoltre, l’incertezza è aumentata dal conflitto ancora in corso e dalla diffusione dei casi di COVID in Cina, con le severe restrizioni alla mobilità che frenano la produzione, rischiano di aumentare i problemi delle catene di approvvigionamento e di pesare sui consumi interni.
In questo contesto, riteniamo che l’evoluzione delle pressioni sui prezzi induca gli investitori a prendere in considerazione un’ampia gamma di possibili scenari, che vanno dal boom inflazionistico alla stagflazione, da forti timori sulla crescita a uno scenario più simile al ciclo precedente di inflazione che rallenta e crescita che rimane moderata. Pertanto, le nostre scelte di asset allocation prediligono un’ampia diversificazione e un’allocazione a posizioni che offrono il miglior rapporto rischio-rendimento in questi diversi scenari.
Abbiamo nel complesso un sottopeso sulle azioni globali, una posizione neutrale sul credito e sui titoli di Stato e un sovrappeso sulle materie prime. Il premio al rischio sui mercati azionari globali è prossimo ai minimi dell’ultimo decennio: questo suggerisce che gli investitori non sono adeguatamente compensati per il rischio se si dovessero realizzare scenari sorprendentemente negativi per la crescita o l’inflazione.
Se la Cina dovesse riuscire a fornire stimoli sufficienti per stabilizzare l’economia interna, sarebbe un importante catalizzatore per convincere gli investitori ad assumere una visione più favorevole sulla forza e la durata di questa espansione, che sarebbe accompagnata da un boom inflativo e in questo caso potremmo vedere una ripresa degli attivi rischiosi, che dovrebbe beneficiare la Cina e le valute dei Paesi Emergenti. In caso di stagflazione, dovuto ad esempio a continui problemi sull’offerta causati da un conflitto prolungato e interruzioni sulla produzione legati ad una prosecuzione della pandemia, le materie prime svolgerebbero un ruolo chiave nei portafogli e potrebbero beneficiare anche nello scenario di boom inflativo. Se il mercato dovesse invece attendersi un forte rallentamento della crescita, sarebbe il dollaro USA a beneficiarne e dal lato azionario il settore sanitario, che preferiamo poiché è il settore difensivo con le valutazioni più economiche e le maggiori revisioni al rialzo degli utili negli ultimi sei mesi.
In caso di miglioramento dei risultati della salute pubblica, riduzione dei rischi della catena di approvvigionamento e fine della guerra tra Russia e l’Ucraina, la pressione al rialzo sui prezzi probabilmente diminuirebbe senza particolari danni sulle prospettive di crescita. Ma riteniamo che le probabilità che il mercato prezzi una migrazione verso questo scenario siano relativamente basse nel breve termine, per due motivi. In primo luogo, perché l’inflazione si è ampliata, ha sorpreso al rialzo e ha superato l’obiettivo per un periodo prolungato, quindi ci vorrà del tempo prima che gli investitori si convincano che questa minaccia è diminuita in modo sostanziale. In secondo luogo, due delle più grandi regioni economiche del mondo – l’Unione europea e la Cina – affrontano rischi al ribasso diversi e significativi che stanno offuscando le prospettive economiche. Di conseguenza, assegniamo un minor peso a questo scenario al momento e preferiamo esporci a titoli di elevata qualità che in genere ottengono buoni risultati anche se la crescita rallenta ma rimane positiva e hanno caratteristiche difensive nel caso in cui il rischio di recessione percepito aumenti materialmente. È molto importante monitorare le indicazioni che sia i rischi di inflazione che quelli di crescita si stanno riducendo in modo sostenibile, poiché questo potrebbe essere un segnale per aumentare l’esposizione alle attività rischiose.
Ci aspettiamo di avere maggiore chiarezza alla fine del secondo trimestre o nella seconda metà del 2022 e osserviamo segnali quali l’entità del sostegno politico cinese e i mezzi per fornirlo, l’entità della moderazione dell’inflazione per far luce sulla direzione futura della politica monetaria e l’eventuale fine del conflitto.
Come ci si deve comportare con la componente obbligazionaria?
Riteniamo che un approccio globale, diversificato e flessibile sia preferibile per affrontare l’attuale contesto. I recenti movimenti al rialzo dei rendimenti, che scontano politiche monetarie restrittive aggressive da parte delle Banche Centrali possono offrire opportunità tattiche, ma il movimento al rialzo dei tassi ufficiali continuerà nei prossimi mesi e questo ci porta a prevedere che anche la salita dei rendimenti possa continuare nel corso dell’anno.
I titoli di stato svolgono comunque un importante ruolo di diversificazione nella costruzione del portafoglio e rimangono particolarmente efficaci nel coprire i rischi al ribasso delle posizioni pro-cicliche. Un solo paese è in contro tendenza con politiche monetarie accomodanti, vista la diversa fase del ciclo economico e un’inflazione ancora contenuta: la Cina. Da un punto di vista anche strategico, riteniamo che l’obbligazionario cinese sia un asset class da avere nei portafogli, grazie al potenziale calo dei rendimenti, ai benefici di diversificazione e alla continua domanda che viene dall’inclusione negli indici.
Sui crediti preferiamo strategie a tasso variabile o con duration breve. I tassi di default sono su livelli molto bassi se non si materializza un forte rallentamento della crescita, ma è difficile vedere un restringimento degli spread in un contesto di salita di politica monetaria restrittiva. I crediti Asiatici, soprattutto high yield, possono offrire valore ad investitori con un orizzonte temporale di medio termine.
Cosa state mettendo a disposizione dei consulenti e dei risparmiatori in questo momento?
Dal lato obbligazionario, le soluzioni che riteniamo essere più indicate per affrontare l’attuale contesto sono l’UBS Global Dynamic, l’UBS Floating Rate Income e l’UBS China Fixed Income. L’UBS Global Dynamic è una soluzione obbligazionaria globale e flessibile che può assumere anche posizioni corte in termini di duration su singoli mercati, ma ha sempre nel complesso una duration positiva compresa tra zero e dieci anni; investe per almeno il 50% in strumenti investement grade e può diversificare l’esposizione anche in corporate investment grade e high yield ed in obbligazioni dei Paesi emergenti. L’UBS Floating Rate Income investe a livello globale in titoli a tasso variabile emessi da corporate principalmente high yield, con rating medio del portafoglio attuale pari a BB-. L’UBS China Fixed Income permette di avere un accesso facile e diretto alle obbligazioni cinesi denominate in renminbi, tramite un portafoglio diversificato di titoli principalmente di emittenti governativi o quasi-governativi, con possibilità di diversificare l’investimento in obbligazioni corporate invesment grade.
Dal lato azionario, le soluzioni che preferiamo sono l’UBS China Opportunity, soluzione focalizzata sul mercato cinese, prevalentemente offshore e con investimento fino ad un massimo del 20% sul mercato onshore, l’UBS Active Climate Aware, soluzione azionaria globale focalizzata sulle aziende che sono ben posizionate per beneficiare della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, e l’UBS Long Term Themes, soluzione globale che investe in aziende che beneficiano di trend duraturi con seleziona attiva delle tematiche di investimento di lungo termine e sostenibili.