USA: è risultato in calo il dato sugli ordinativi durevoli di maggio, anche nella parte core. Il dato è stato piuttosto sorprendente visto che nessuno degli analisti si attendeva una variazione negativa mensile. Si tratta indubbiamente di un dato volatile.
Il motivo di attenzione è però a nostro avviso il seguente: il calo del mese di aprile poteva essere messo in conto come assestamento degli ordinativi dopo una fortissima crescita nel bimestre febbraio-marzo. Ci si aspettava però a maggio una ripresa, immaginando le aziende propense ad approfittare degli incentivi fiscali (presenti fino a fine 2004) che consentono di spesare in bilancio una quota più elevata di ammortamenti a fronte di investimenti in impianti e macchinari.
Anche le sottocomponenti non sono positive. Così ad esempio è continuato, per il secondo mese consecutivo, il calo della sottocomponente al netto della difesa e degli aerei, in genere utilizzata come approssimazione della spesa per investimenti. Rileviamo inoltre che è ricominciato a salire il rapporto scorte/consegne, anch’esso in rialzo per il secondo mese consecutivo. Il dato nel complesso, evidenzia un atteggiamento di prudenza dal lato dei produttori, così come emerso anche dal basso ritmo di accumulazione delle scorte rispetto all’andamento della domanda.
E’ risultato al di sopra delle attese il dato settimanale sui sussidi per la disoccupazione. Negli ultimi due mesi pertanto il dato si è mantenuto in media sopra la soglia delle 340.000 unità dopo essere stazionato al di sotto di tale livello nel bimestre marzo-aprile.
Le tensioni geopolitiche ieri sono state il vero driver della giornata supportando ancora una volta i bond.
Europa: i dati relativi ai prezzi al consumo tedeschi per il mese di giugno hanno evidenziato un calo del tendenziale annuo sceso sotto la soglia del 2%. Tra le sottocomponenti si continua ad evidenziare l’impatto negativo, seppur con minore intensità, dei prezzi petroliferi, mentre scendono i prezzi relativi al settore alimentare ed abbigliamento. Sono attesi per la prossima settimana i dati relativi a Italia, Francia e Spagna.
In Italia, per il secondo mese consecutivo scende la fiducia delle imprese determinata da un calo della domanda e da un aumento delle scorte che hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi quattro mesi. L’incremento delle scorte potrebbe essere attribuito sia al calo della domanda, sia all’esigenza delle imprese di incrementare gli stocks in vista di un’accelerazione degli ordini.
Tuttavia le imprese restano fiduciose sulle prospettive di crescita dei prossimi tre mesi. Il pessimismo delle aziende italiane contrasta con le altre principali economie dell’area. Sia in Germania che in Francia infatti si è assistito ad un rialzo della fiducia e delle prospettive di crescita. L’idea è quindi che la crescita italiana sarà più lenta rispetto alle altre economie. Lo stesso Fmi è intenzionato a correggere al rialzo le stime di crescita dell’Italia. Secondo l’organizzazione, infatti, quest’anno il Pil dovrebbe passare dall’1,2% dell’attuale stima all’1,4%. In ogni caso, l’Italia dovrà procedere alla riduzione strutturale del deficit.
Asia-Pacifico: la riunione della BoJ si è conclusa lasciando invariata l’attuale politica monetaria. La decisione del board è stata unanime ed il governatore Fukui, ha dichiarato che l’orientamento espansivo sarà tenuto almeno fino a quando non si avranno chiari segnali di un rialzo dei prezzi al consumo. Il dato di oggi sul cpi, sceso più delle attese, suggerisce che l’attuale politica monetaria rimarrà tale per un periodo di tempo maggiore delle attese. La decisione della BoJ ed i dati sui prezzi, hanno ridato fiato al mercato obbligazionario dove i rendimenti dopo i rialzi degli ultimi giorni sono tornati a scendere.
Commodity: pressoché invariate le quotazioni petrolifere, malgrado le notizie poco favorevoli provenienti dal fronte geopolitico e dalla Norvegia dove la principale compagnia petrolifera di Stato, l’ASA, ha dichiarato che lo sciopero potrebbe essere ulteriormente prolungato.
Diverso l’atteggiamento dell’oro le cui quotazioni hanno superato i 400 $/oncia. Sui prezzi incidono non solo le tensioni geopolitche e l’indebolimento del dollaro, ma anche le aspettative di permanenza dei tassi reali a breve termine su livelli negativi, attribuibile ad una crescita statunitense meno forte delle attese e ad una Fed meno aggressiva sui tassi.
A cura di A. Cesarano (Responsabile desk Market Research), L. Lorenzoni (Economista), C.Pace (Research Assistant)