Il cambiamento dei mercati globali, le prospettive per l’azionario e le occasioni sul segmento dei bond. Sono questi i tre fronti su cui hanno spaziato gli esperti di Capital Group nel loro outlook sul 2023, nel webinar tenutosi quest’oggi sul tema, che ha letteralmente disegnato una realtà nuova per gli investitori. A intervenire sono stati Matteo Astolfi, head of client group di Capital Group; Julie Dickson, investment director per l’azionario di Capital Group; Flavio Carpenzano, investment director per il reddito fisso di Capital Group.
Il cambiamento dei mercati
Ad aprire i lavori è stato Matteo Astolfi, che ha spiegato:
“Tra i mercati globali si sta delineando una nuova realtà. Molti osservatori si concentrano sulla rotazione dai titoli growth a quelli value, ma riteniamo che questa view sia troppo semplicistica. Alcuni investitori potrebbero sperare in un ritorno alla normalità dopo che le banche centrali avranno smesso di aumentare i tassi e l’inflazione si sarà attenuata. A nostro avviso non è questa la strada da seguire, per via di diversi mutamenti radicali che plasmeranno probabilmente il prossimo decennio del settore degli investimenti, come il cambio dal calo all’aumento dei tassi, dalla leadership del mercato ristretto a quella del mercato generale e dalle filiere globali a quelle regionali. Potrei descrivere altri mutamenti che scuotono l’economia e i mercati, ma è sufficiente dire che stiamo vivendo in un periodo storico di cambiamenti. Si tratta di un momentoottimo per gli investitori che adottano un approccio bottom-up basato sui fondamentali (senza restrizioni geografiche, settoriali o di stile) e meglio equipaggiati per adattarsi a questa nuova realtà di investimento”.
Le prospettive per l’azionario
Poi è intervenuta Julie Dickson, la quale ha sottolineato:
“Quando a febbraio la Russia ha attaccato l’Ucraina, la sicurezza energetica è diventata presto la questione centrale per l’Europa, e continua a dominare l’attenzione degli investitori. Il continente è sull’orlo della recessione, ma secondo noi i cambiamenti sul fronte della domanda di energia potrebbero significare che la flessione sarà meno dannosa di quanto temuto. Nelle prime fasi del conflitto, gli analisti (compreso il Fondo Monetario Internazionale) hanno stimato che la perdita dell’energia russa avrebbe potuto deprimere il prodotto interno lordo (Pil) dell’Eurozona di circa il 2-3%. Tuttavia, l’impatto macroeconomico degli squilibri dell’offerta e delle impennate dei prezzi sembra finora modesto”.
La società prevede un calo del Pil di circa l’1% nel 2023. L’Europa ha sostituito con successo il petrolio e il gas russi con altre fonti energetiche in molti settori, riducendo la necessità di ricorrere a tagli significativi alla produzione o alla distruzione della domanda energetica. L’industria pesante in particolare è riuscita a trovare nuove fonti energetiche, il che dovrebbe tradursi in un minore impatto sul Pil. Per Dickson, “una recessione più contenuta potrebbe sbloccare ulteriore valore nelle azioni europee, le cui valutazioni a sconto sono significative rispetto agli Stati Uniti. Un netto picco dell’IPC primario, che consentirebbe alla Banca Centrale Europea e alla Bank of England di interrompere l’inasprimento della politica monetaria, potrebbe inoltre offrire una spinta importante. È improbabile che ciò accada nei prossimi mesi, ma se l’inflazione dovesse calare all’inizio del 2023, le banche centrali potrebbero interrompere gli aumenti, con un picco dei tassi di interesse di riferimento ben al di sotto delle attuali aspettative”.
Le opportunità nell’obbligazionario
Da ultimo, ha parlato Flavio Carpenzano, concentrandosi sui bond:
“Il 2022 passerà alla storia come uno dei periodi peggiori per i rendimenti obbligazionari mai registrati. Le ingenti perdite hanno indotto gli investitori a mettere in discussione il principio, da sempre sostenuto, secondo cui le obbligazioni offrono una relativa sicurezza in caso di flessione delle azioni. Raramente le azioni e le obbligazioni registrano un calo in parallelo nel corso di un anno, e il 2022 è stata l’unica eccezione in un periodo di 45 anni a partire dal 1977. La ragione risiede nel fatto che la Federal Reserve (Fed) statunitense, e le banche centrali di tutto il mondo, hanno aumentato i tassi di interesse in modo aggressivo per contenere l’elevata inflazione in un momento in cui i tassi erano prossimi allo zero”.
Ma a suo avviso, quest’anno le cose dovrebbero cambiare. Non appena la Fed allenterà la propria politica monetaria, le obbligazioni di elevata qualità dovrebbero tornare a offrire una relativa stabilità e un reddito maggiore. I titoli obbligazionari potrebbero offrire un po’ di sollievo dalla volatilità dei mercati azionari, mentre i timori di recessione tornano in primo piano. “Intravediamo maggiori opportunità in questo momento in cui le obbligazioni hanno registrato un repricing. Le valutazioni sono interessanti, motivo per cui sto inserendo in maniera selettiva titoli garantiti da mutui e obbligazioni corporate. Anche se i prezzi dovessero scendere ulteriormente, le obbligazioni offrono ora un flusso di reddito molto più solido, che dovrebbe contribuire a compensare eventuali cali dei prezzi”, ha concluso Carpenzano.