La crisi del settore automobilistico si fa sempre più nera. E i maggiori player del settore sono costretti a ridimensionare (e anche pesantemente) i costi. È il caso di Volkswagen: il colosso tedesco delle quattro ruote ha fatto sapere di essere pronta a chiudere stabilimenti in Germania al fine di “proteggere il futuro” dell’azienda. Una notizia che non ha precedenti negli 87 anni di storia dell’azienda e che allunga un’ombra, secondo Bloomberg, anche sul patto di salvaguardia dei posti di lavoro fino al 2029 siglato con i sindacati, che da parte loro potrebbero opporsi con forza al progetto. Vale la pena ricordare che il gruppo impiega quasi 683.000 lavoratori in tutto il mondo, di cui circa 295.000 in Germania.
Volkswagen non regge la competizione con i cinesi
“L’ambiente economico è diventato ancora più duro e nuovi attori stanno investendo in Europa”, ha spiegato l’amministratore delegato di Volkswagen, Oliver Blume, dopo l’annuncio. E ha poi ha aggiunto. “La Germania come sede aziendale sta restando ulteriormente indietro in termini di competitività”.
Questa decisione riflette la profondità delle sfide che l’industria automobilistica europea si trova ad affrontar., compressa tra pressioni cinesi, vincoli ecologici e gli errori strategici europei sul fronte dei veicoli elettrici.
Tra i punti deboli del gruppo, che alla fine dello scorso anno ha intrapreso uno sforzo di riduzione dei costi pari a 10 miliardi di euro (11,1 miliardi di dollari), la perdita di quote di mercato in Cina, il suo principale mercato.
Nella prima metà dell’anno, le consegne ai clienti di quel Paese sono diminuite del 7% rispetto allo stesso periodo del 2023. L’utile operativo del Gruppo è crollato dell’11,4% a 10,1 miliardi di euro (11,2 miliardi di dollari).
La scarsa performance in Cina è dovuta al fatto che l’azienda sta perdendo terreno nei confronti dei marchi locali di veicoli elettrici, in particolare BYD, che rappresentano una minaccia crescente per le sue attività in Europa.
“La nostra principale area d’azione è la riduzione dei costi”, ha dichiarato Blume agli analisti nel corso di una telefonata di presentazione degli utili il mese scorso, citando le riduzioni previste per le spese di fabbrica, della catena di approvvigionamento e del lavoro. “Abbiamo fatto tutti i passi organizzativi necessari. Ora si tratta di costi, costi e costi”.
Come fa notare, Gabriel Debach, market analyst di eToro:
“Volkswagen AG sta valutando la chiusura di stabilimenti in Germania, rompendo una tradizione e rischiando un conflitto con i sindacati. Questa decisione riflette la profondità delle sfide che l’industria automobilistica europea si trova ad affrontare. I tagli pianificati da Volkswagen sono un ulteriore segnale delle difficoltà economiche che attanagliano la più grande economia europea”.
Mercato europeo in stallo
Quello di Volkswagen, e della Germania, non è certo un caso isolato. I dati diffusi qualche giorno fa dall’Acea restituiscono una situazione del mercato auto in Europa in stallo. Nel mese di luglio, la crescita delle immatricolazioni nell’area (Ue, Efta e Uk) è stata dello 0,4% mentre i volumi che dall’inizio dell’anno hanno recuperato il 3,9% restando di quasi il 20% sotto i livelli del 2019.
Italia in retromarcia ad agosto
L’Italia non fa eccezione. Finito l’effetto incentivi, il mercato italiano delle autovetture ha chiuso il mese di agosto – che mediamente pesa il 5% del volume annuo totale – con 69.121 nuove immatricolazioni, segnando un calo del 13,4% rispetto alle 79.787 unità registrate nello stesso periodo del 2023 (che evidenziò un incremento del 12%). La crescita cumulata nei primi otto mesi dell’anno scende quindi al 3,8% rispetto al 2023, per un totale di 1.080.447 unità, un dato ancora inferiore del 18,5% rispetto allo stesso periodo 2019.
Ieri Stellantis ha chiuso in negativo, portando la flessione da inizio anno a circa il 29%. La capitalizzazione del gruppo si attesta ora a circa 43,9 miliardi di euro, quasi la metà di quella di Ferrari, che un tempo faceva parte del gruppo FCA. Oggi Stellantis, che attualmente è la regina del mercato italiano, mostra con una capitalizzazione di circa 80,5 miliardi di euro.