Si scrive MES si legge Meccanismo europeo di stabilità, strumenti di respiro europeo che ha come finalità aiutare paesi in difficoltà e che ora potrebbe essere esteso anche a situazioni non di emergenza. Oggi se ne parla molto in considerazione di una riforma che sta dividendo la maggioranza di governo.
MES: cos’è e a cosa serve
A maggio 2010, con la crisi dei debiti sovrani in Europa, venne creato il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf), un meccanismo temporaneo che serviva a garantire prestiti agli Stati dell’Eurozona in difficoltà. Poi nel 2012 il Fesf venne sostituito dal Meccanismo europeo di stabilità.
Il MES in sostanza è un’istituzione intergovernativa con capacità di prestito massima di 500 miliardi di euro. I contributi al Mes da parte degli stati membri sono stabiliti in proporzione al Pil e l’Italia si colloca al terzo posto con 14,33 miliardi di euro versati, il terzo contributore dopo Germania e Francia.
La riforma del MES: le principali novità
A giugno di quest’anno, una riunione ministri delle Finanze dei 19 Stati Ue ha concordato una bozza di riforma del Mes, presentata dal suo amministratore delegato Klaus Regli. L’iter di riforma si dovrebbe completare a dicembre 2019, a condizione che venga trovato il consenso unanime di tutti.
Tra le novità della riforma del MES, in primis si prevede che il Mes faccia da “backstop” rispetto al Fondo di risoluzione unico (Fsr), un fondo finanziato dalle banche dei 19 Stati dell’Eurozona che ha l’obiettivo di risolvere le crisi bancarie.
Per dirla in altri modi, quando il Fsr esaurisce i fondi a disposizione, interviene il Mes che potrà così prestare le risorse necessarie, stabilite fino ad un massimo di circa 55 miliardi di euro.
Altra novità contenuta nella riforma prevede l’attribuzione di un ruolo più forte nel futuro al Mes in merito ai programmi di assistenza agli Stati in difficoltà. Ciò significa che in sostanza la Commissione europea dovrà tenere in conto delle posizioni che esprimerà il Mes.
Terza novità la riforma ridisciplina gli strumenti a disposizione del Mes per aiutare un paese membro in difficoltà. Poi il Meccanismo europeo di stabilità potrà fungere da mediatore tra stato e investitori privati nel caso di ristrutturazione del debito pubblico.
Infine la riforma prevede che al 2022, sarà più semplice ottenere l’ok della platea degli azionisti per approvare la ristrutturazione di un debito sovrano. Questo perché non sarà più necessaria una doppia maggioranza ma una unica visto che i titoli del debito pubblico dei Paesi dell’area euro dal 2022 dovranno avere non più una clausola di azione collettiva (Cac) a maggioranza doppia ma singola.
Il problema principale
Il MES permette in sostanza di salvare un Paese in difficoltà, a condizione che sia rispettato un piano di risanamento economico che viene elaborato sulla base di un’analisi di sostenibilità del debito pubblico.
Nella riforma in programma si prevede che l’intervento del fondo sia vincolato ad una ristrutturazione ex ante del debito. Anche se dal Ministero dell’economia, guidato da Roberto Gualtieri, si precisa che il Mes non prevede il bisogno di “ristrutturare preventivamente il debito”. In modo particolare, ha aggiunto il titolare del Tesoro, “è bene chiarire come la riforma del Mes non introduca in nessun modo la necessità di ristrutturare preventivamente il debito per accedere al sostegno finanziario”.
“L’innovazione fondamentale – si legge in un comunicato stampa del Mef – che è stata introdotta riguarda la possibilità che il Mes svolga la funzione di backstop fiscale, cioè di supporto, per il Fondo di risoluzione unico, una linea di credito pari a circa 70 miliardi di euro che permetterà una gestione più efficace delle crisi bancarie, e senza condizioni a carico dei paesi interessati. È un’innovazione positiva, che da tempo come Italia avevamo richiesto, e che costituisce un nuovo tassello verso il completamento dell’Unione bancaria. Per il resto le condizioni per l’accesso di un paese ai prestiti del Mes non sono cambiate, anzi, per una fattispecie specifica, sono state sia pur solo parzialmente alleggerite”.
Così chi chiede l’accesso al MES dovrà rispettare nei due anni precedenti la richiesta di assistenza finanziaria un disavanzo inferiore al 3% del pil e un debito pubblico sotto al 60% del pil o una riduzione di questo rapporto di un ventesimo l’anno. Inoltre non dovrà neppure essere sotto procedura per disavanzi eccessivi, né avere squilibri eccessivi.