Washington – Heriberto Lazcano, detto anche «l’esecutore», uno dei fondatori del cartello dei Los Zetas, è stato ucciso, due giorni fa, in un conflitto a fuoco con i marines messicani a Coahuila, non lontano dal confine con il Texas.
In base alla ricostruzione i militari, avvertiti da una segnalazione di cittadini, hanno intercettato un convoglio di mezzi dei narcos. Ne è seguita una battaglia, con lancio di granate e raffiche di Kalashnikov, conclusasi con l’uccisione del presunto boss, personaggio inseguito da una taglia da 7,5 milioni messa da Usa e Messico.
IL CORPO RUBATO – Solo oggi, però, le autorità hanno potuto confermare l’identità del boss grazie alle impronte digitali. Una vicenda che ha avuto uno sviluppo inatteso: un commando armato ha fatto irruzione nell’obitorio ed ha portato via la salma del padrino. Lazcano, ex membro delle forze speciali, ha creato il suo gruppo reclutando militari e, in seguito, i temuti Kaibiles, soldati guatemaltechi specializzati nella contro-guerriglia. P
er diversi anni i Los Zetas hanno rappresentato il braccio armato del Cartello del Golfo. Uccidevano, imponevano il loro ordine, controllavano il territorio. Ma il patto è poi saltato e la banda è diventata autonoma, mossa accompagnata da una feroce guerra contro i rivali.
FEROCIA SENZA PARI – Rispetto ad altre organizzazioni, i Los Zetas mostrano una ferocia senza pari e indiscriminata. Decapitazioni in serie, scuoiamenti, stragi di grandi proporzioni, rapimento di persone innocenti che devono poi essere «sacrificate» per imporre il terrore in una zona. Inoltre il cartello non tratta solo droga ma ha diversificato la sua attività illegale. Ad esempio gestisce un contrabbando di petrolio rubato con gli Usa.
Di recente i Los Zetas hanno subito una scissione. Lazcano è entrato in competizione con Miguel Trevino Morales, alias Z40, l’altro grande nome della gang e considerato ancora più brutale. Ci sono stati scontri e delazioni, con la formazione di alleanze che hanno coinvolto un po’ tutti i cartelli. Una lotta combattuta anche con messaggi appesi nelle vie delle città. Una guerra di parole tipica del crimine messicano.
Non è un caso che con l’ampliarsi della frattura all’interno dei Los Zetas, le autorità messicane siano riuscite a eliminare numerosi elementi. Tra loro anche il responsabile della strage di 72 immigrati clandestini a San Fernando nel 2010. Infine un aspetto investigativo. I colpi più importanti contro i cartelli sono stati messi a segno dai fanti della Marina.
Questo “corpo” gode della fiducia totale degli Usa che forniscono intelligence e supporto tecnico rivelatisi decisivi in numerosi blitz. Non sarebbe una sorpresa se i marines fossero arrivati a Lazcano grazie all’aiuto dei gringos.
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