Roma – Berlusconi sa che verrà fuori dell’altro, molto altro, dalle «rivelazioni» di Luigi Bisignani. Sente il cerchio stringersi attorno alla sua persona e a quella di Gianni Letta. Teme che al suo braccio destro possa arrivare un avviso di garanzia e che ad essere coinvolti pesantemente siano alcuni ministri e ministre. «Mi verrebbe voglia di vendere tutto e andare via da questo Paese…». A Bossi ha fatto presente che non è il momento di porre condizioni che non possono essere esaudite. E sembra che il Senatur lo abbia tranquillizzato. Il pollice verso mostrato ai giornalisti dal capo leghista non inganni. Non è la fine del governo seppellito nel «sacro» pratone di Pontida, nonostante Berlusconi ripete che sono in molti a volere la sua testa. «Ma non l’avranno – aggiunge – perché nessuno ha un’alternativa pronta».
Il suo obiettivo è superare l’estate e così, nella peggiore delle ipotesi, si andrà a votare nell’aprile del 2012. Sopravvivere fino al prossimo anno e intanto placare il Carroccio dando in pasto l’accordo che il ministro degli Esteri Frattini stringerà oggi con il governo provvisorio della Libia per riportare in quel Paese gli immigrati arrivati in Italia.
Berlusconi paga e in Consiglio dei ministri fa approvare un decreto che prolunga il tempo di trattenimento dei migranti nei centri Cei da sei a diciotto mesi. Ma il regalo più grosso a Bossi lo ha fatto Tremonti: nella cena dell’altra sera a Roma ha promesso l’allentamento del patto di stabilità per i comuni virtuosi che sta molto a cuore agli amministratori del Nord. Il ministro però non ha nascosto i problemi che sorgeranno. Prima di tutto con Bruxelles dove questo allentamento dovrà essere discusso. E poi, ha detto il ministro dell’Economia, «vedrete quanti comuni virtuosi spunteranno in Italia, come funghi…».
Il premier dovrà accontentare Bossi sulla richiesta di una nuova legge elettorale (il Pdl, lo stesso Verdini, sta studiando un nuovo sistema elettorale. Ma è soprattutto sulla fronte delle missione militari, a cominciare da quella in Libia, che il problema è più difficile da risolvere. «Troveremo un accordo anche su questo», assicura il Cavaliere che per la verità non ha molti margini di manovra su questo terreno senza fare infuriare il capo dello Stato e mezzo governo, innanzitutto i ministri della Difesa e degli Esteri La Russa e Frattini. Insomma, Berlusconi è convinto che di poter passare indenne Pontida.
«Ascolterò bene quello che dirà Bossi», ha replicato irritato a Maroni dopo la conferenza stampa di ieri dove il ministro dell’Interno gli ha consigliato di aspettare quello che avrebbe detto il leader leghista domenica. No, non sarà Pontida l’ostacolo che farà cadere il governo. Del resto se il premier nonavesse avuto assicurazioni dallo stesso Bossi, l’esecutivo non avrebbe deciso di mettere la fiducia sul decreto per lo sviluppo che si voterà martedì. Due gironi dopo Pontida. Vuol dire che Palazzo Chigi è sicuro sulla tenuta della maggioranza. A far tremare le vene ai polsi è invece l’inchiesta che sta coinvolgendo Gianni Letta. Berlusconi si aspetta intercettazioni compromettenti e tante altre «rivelazioni» di Luigi Bisignani che chiamerebbero in ballo ministri e ministre.
Lo considera un assedio in cui mette tutto, anche la montagna di soldi che dovrà pagare per la sentenza sulla compravendita della Mondadori. «Questo è un Paese di merda – si è sfogato nei giorni scorsi – e se non fosse per i miei figli avrei già venduto tutto, Mondadori, Mediaset…, e me ne sarei già andato».
Raccontano a Palazzo Chigi che durante la riunione del Consiglio dei ministri Berlusconi abbia espresso piena «solidarietà» al sottosegretario Letta. Ma qualche ministro giura di non averlo sentito. La solidarietà forse l’ha espressa nelle varie riunioni alle quali ha partecipato Letta. Quella con Bossi per discutere del nuovo ministro della Giustizia una volta che Alfano il primo luglio verrà nominato segretario del Pdl.
Il nome che si fa con insistenza per via Arenula è quella di Frattini, ma dovrà trovarsi un valido sostituito alla Farnesina. Sono state tante le riunioni ieri a Palazzo Chigi, anche con Tremonti per discutere della riforma del fisco dove il premier ha osservato che anche il ministro dell’Economia alla fine è arrivato sulle sue posizioni in merito alle tre aliquote. Ferma restando, sarebbe stata la risposta del ministro, la necessità del varo contemporaneo della manovra per il pareggio di bilancio nel 2014.
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Il Cavaliere nel fortino di Palazzo Chigi “Mi vien voglia di mollare tutto e andare via”
di Francesco Bei
ROMA – La sensazione di un «assedio mediatico e giudiziario» non lo abbandona da giorni, tanto da aver confidato a un deputato la tentazione di «mollare tutto», di ritirarsi a vita privata: «Liquiderei tutto e me ne andrei dall’Italia, se non fosse per l’aggressione che continuerebbero a subire qui i miei figli». Le rivelazioni sulla rete occulta messa in piedi da Luigi Bisignani sono tali da scuotere il governo, impegnato nella doppia gimcana di Pontida e della verifica parlamentare. Se ne parla con preoccupazione al vertice convocato d’urgenza a palazzo Grazioli prima del Consiglio dei ministri, presenti, oltre aBerlusconi, Alfano, Ghedini e, ovviamente, Gianni Letta.
La voce è che i magistrati si siano tenuti per i giorni a venire le munizioni più pesanti, migliaia di pagine di intercettazioni con dentro i nomi di alcune donne al governo. Non solo Letta dunque. Con l’incubo di una nuova “Mani pulite”. Così, anche se in privato il Cavaliere si mostra spavaldo e afferma che le accuse al suo braccio destro sono «tutte sciocchezze», il timore che l’inchiesta P4 di allarghi e travolga gli argini c’è eccome. Per questo ieri Berlusconi ha apprezzato la dichiarazioni di Pier Ferdinando Casini, che ha solidarizzato con Letta dando una mano a delimitare l’incendio tra le forze d’opposizione. «Casini — ha detto il premier a un amico — è stato coraggioso. Ha parlato subito, anche prima dei nostri». E tuttavia il fatto che Letta abbia i suoi estimatori anche tra l’Udc e il Pd non può certo bastare a metterlo al riparo dai magistrati.
Così Berlusconi ieri ha immaginato una mossa a sorpresa, quella di chiedere a Giorgio Napolitano la nomina di Gianni Letta come senatore a vita. Un passo che metterebbe il sottosegretario — oggi non coperto da alcuna guarentigia — al riparo dal pericolo di un arresto. È stata solo una tentazione, subito accantonata anche per il rifiuto dell’interessato, ma che la dice lunga sulla paura di Berlusconi per le prossime mosse della procura di Napoli. Oltretutto anche il partito è in subbuglio, l’intero quadro si è fatto liquido. Anche se il capo del governo continua ad dirsi sicuro che il rapporto «solido» con Umberto Bossi lo metta automaticamente «al riparo da qualsiasi tempesta», nella maggioranza il pessimismo è palpabile.
Persino Denis Verdini, il regista dell’operazione Responsabili, l’uomo che ha garantito fin qui la tenuta della maggioranza, da qualche giorno gira in Parlamento con una cartellina sottobraccio. Contiene un progetto dettagliato di riforma della legge elettorale, uno schema che trasporta a li -vello nazionale il Tatarellum in vigore per l’elezione dei consigli regionali. Si tratta di un proporzionale con premio di maggioranza, preferenze e listino bloccato. E se persino il Pdl, dove finoral’argomento eraconsiderato tabù, si è arreso alla riforma della legge elettorale, significa che nessuno esclude più il voto anticipato nel 2012.
L’unico a credere ancora di poter arrivare a fine mandato sembra rimasto Silvio Berlusconi. Ieri, come se nulla fosse, come se metà degli elettori del Pdl non avesse votato Si ai referendum, ilCavalierehaintrattenuto i ministri a palazzo Chigi smentendo i sondaggi che lo danno a picco: «Tutte menzogne. Tra i leader europei sono in testa con il 43% di popolarità, segue la Merkel con 6 punti di distacco. Dopo tutto quello che è successo è quasi incredibile».
Berlusconi snocciola quindi i dati dell’ultimo focus group organizzato da Alessandra Ghisleri dopo i referendum: «Quello che ha trascinato la gente a votare è stato il quesito sul nucleare, seguito da quello dell’acqua. I promotori hanno approfittato di un fraintendimento, gli elettori hanno creduto che raddoppiasse, con l’arrivo dei privati, il costo dell’acqua. Invece, del legittimo impedimento, non importava niente a nessuno».
Comunque Berlusconi è soddisfatto perché «da questo focus emerge che solo un quinto degli italiani ha votato ai referendum esprimendo una contrarietà al governo. Tutti gli altri hanno scelto nel merito, sui temi concreti». Certo, Berlusconi è consapevole che le residue possibilità di risalire la china sono legate alla riforma del fisco. Così, per anticipare Tremonti, il Cavaliere si sta facendo preparare un piano alternativo sul fisco con il contributo di ministri ed esperti privati. Pronto a metterlo sul tavolo se quello del ministro dell’Economia non dovesse soddisfarlo.
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