Secondo il giudice federale incaricato della causa anti-trust intentata dal governo Usa, la Microsoft e’ un monopolio. E non basta, perche’ la forza sul mercato dei personal computer nel segmento dei sistemi operativi secondo il magistrato viene utilizzata dal colosso del software per abusare della sua posizione dominante e, in ultima istanza, per danneggiare i consumatori.
Dopo l’annuncio della clamorosa decisione, che nessuno si aspettava cosi’ negativa, i titoli Microsoft (vedi MSFT, quotazioni interattive) sono calati di 3 punti nelle contrattazioni del dopo-borsa a New York, a 88 e 3/4, dopo aver chiuso la seduta ufficiale in ribasso di 3/16 a 91 e 9/16. Il rischio e’ che Microsoft possa essere smantellata, coem accadde nel passato ai monopoli della Standard Oil (smembrata in 64 piccole aziende) e della At&t, divisa in sette compagnie telefoniche.
Secondo gli osservatori la decisione segue in linea di principio il caso legale presentato in aula nei 76 giorni di processo dal ministero della Giustizia Usa e dagli organi di giustizia di 19 stati, secondo cui la Microsoft ha agito da monopolista, ingaggiando azioni anti-competitive pesanti e senza nessun riguardo per i clienti, e schiacciando regolarmente ogni minaccia di concorrenza da parte di terzi contro i propri prodotti (cioe’ Windows).
”E’ una vittoria notevolissima per i consumatori americani – ha commentato Joel Klein, il responsabile della divisione antitrust del ministero della Giustizia – dimostra ancora una volta che in America non ci sono ne’ individui ne’ aziende al di sopra della legge”. Una dichiarazione euforica, nutrita tra l’altro di una buona dose di livore.
Il giudice della U.S. District Court Thomas Penfield Jackson ha reso pubbbliche le sue conclusioni con i ”findings of fact”, cioe’ la risultanza dei fatti. Il che costituisce la prima parte di un verdetto in due fasi, e anche se per ora non viene offerta nessuna conclusione legale, in sostanza e’ d’accordo con la tesi del governo; e cioe’ che Microsft ha mantenuto finora una schiacciante predominanza del mercato dei sistemi operativi con il suo software Windows.
Il verdetto e’ duro, soprattutto perche’, secondo il giudice, la Microsoft avrebbe messo in atto passi volti a preservare il suo monopolio, avrebbe fiaccato l’innovazione nell’industria del software e, in ultima istanza, danneggiato i consumatori. La decisione spiana ora la strada a sanzioni pesanti contro il gigante di Seattle, anche se qui si entra in un terreno ibrido in cui un’interpretazione puo’ prevalere su un’altra in base a diversi elementi, dipende da come il giudice trattera’ il tema nelle conclusioni finali. Circa le prime reazioni, nessuno sembra credere pero’ che Microsoft sara’ davvero smantellata, come accadde (e’ il caso piu’ recente) al monopolio telefonico dell’At&t anni fa. Uno smembramento avrebbe come conseguenza terremotare l’ intero settore tecnologico in America.
Il magistrato ha ritenuto che le azioni intraprese da Microsoft nei confronti di concorrenti (Netscape, il browser in competizione con Microsoft Explorer) e anche partners, mostrano chiaramente che il gigante del software – scrive il giudice – ”usa il suo prodigioso potere di mercato e gli immensi profitti per danneggiare ogni azienda che insiste nel perseguire iniziative che potrebbero intensificare la competizione contro i prodotti di base di Microsoft”. Pur senza nominarlo, il giudice parla di Netscape, il browser in competizione con Microsoft Explorer.
Bisogna comunque non drammatizzare troppo, a caldo, la decisione del magistrato. James Lucier, un analista di Washington della Prudential Securities, ha messo in guardia per esempio dal mettere in luce troppo negativa il verdetto, sia perche’ manca ancora la seconda parte – le conclusioni legali e soprattutto le sanzioni – sia perche’ il caso puo’ essere certamente appellato da Bill Gates. L’uomo piu’ ricco del mondo (90 miliardi di dollari di patrimonio, circa 166.000 miliardi di lire) dopo il verdetto ha reso una dichiarazione molto conciliante. Microsoft ha disperatamente bisogno di trovare una qualche soluzione di compromesso.