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Mifid 2, finora molto rumore per nulla

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di Benedetta Gandolfi

Gli italiani non sono consapevoli dei costi dei prodotti finanziari ma la pressione derivante da più trasparenza porterà un calo dei margini

La maggioranza degli italiani non conosce il costo degli strumenti finanziari che ha in portafoglio. E nemmeno se ne preoccupa più di tanto. In altre parole la normativa sulla trasparenza Mifid 2, che ha tolto il sonno a Sgr e reti di consulenza finanziaria, è ancora conosciuta poco o nulla dai risparmiatori che, forse, preferiscono non sapere e si limitano a sperare di vedere i loro danari salvi alla fine dell’anno. Dunque, mentre i protagonisti del risparmio gestito si stanno organizzando per non farsi trovare impreparati all’appuntamento con le rendicontazioni, i clienti sanno e non sanno. Un dato che emerge anche da un sondaggio di Ubs Evidence Lab condotto tra 1.000 italiani dal titolo ‘What do italian retail investors really think about fees and Btps?’. Secondo lo studio, «il risparmiatore italiano manca di consapevolezza del prezzo poiché il 51% degli intervistati non è a conoscenza o non è in grado di quantificare i costi dei prodotti finanziari».
Da Ubs tengono a sottolineare: «Pensiamo poi che un altro 26% stia sottovalutando i costi effettivi. Riteniamo che tutto ciò sia destinato a cambiare in quanto i nuovi requisiti di divulgazione delle informazioni previsti dalla Mifid 2 entreranno in vigore   a partire dalla prima metà del 2019. Prevediamo che i margini delle commissioni di gestione si comprimeranno del 2-3% annuo nel 2019-21 rispetto al calo annuale di circa un 1% degli ultimi anni».

Pesa la scarsa cultura finanziaria. «Quello che abbiamo rilevato è in linea con quello che abbiamo notato anche in altri Paesi europei, quindi l’Italia non è un’eccezione da questo punto di vista. Pensiamo sia dovuto a diversi fattori ma senz’altro pesa la bassa cultura finanziaria combinata con la complessità di alcuni prodotti e la poca trasparenza» chiariscono gli esperti della banca elvetica C’è chi dice che i clienti del private hanno più consapevolezza dei costi perché sono abituati a pagare la consulenza. Ma Ubs non è d’accordo. «Non abbiamo questa evidenza in realtà», affermano dal colosso svizzero.

Clienti facoltosi pronti a chiedere sconti. Quello che invece i clienti più facoltosi sembrano sapere, è che da quest’anno la trasparenza aumenterà con la Mifid 2. «Quindi noi ci aspettiamo che i clienti più facoltosi approfitteranno di questi cambiamenti per capire meglio quanto pagano per i loro prodotti». Molto semplicemente, se si sa che da quest’anno si possono vedere tutti i costi, aumenteranno quelli che faranno di tutto per non farseli sfuggire? «La verità è che non lo sappiamo ancora anche perchè è pur sempre possibile che molti clienti non leggeranno queste rendicontazioni», si legge nella ricerca. Di fatto si tratterà di report di 50/60 pagine che magari nessuno avrà voglia di sfogliare. Inoltre, non ci sono standard in termini di tempistiche o struttura del report quindi molti clienti riceveranno queste informazioni d’estate mentre sono in vacanza, e magari solo in via digitale su qualche pagina nascosta del loro personal banking.
«La nostra view è, come già accennato, che i clienti più facoltosi cercheranno di venire a conoscenza di queste informazioni visto che sono a conoscenza dei report Mifid 2. Quindi quei consulenti che sono esposti ai clienti più facoltosi avranno il compito più difficile», dicono da Ubs.

Margini sotto pressione. Quanto ai margini commissionali, «cosa succederà di preciso lo scopriremo solo nei prossimi 2-3 anni. Le nostre aspettative di un calo del 2-3% sono dovute a diversi fattori e la Mifid 2 è solo uno di questi (tra gli altri ci sono la competizione, la presenza di prodotti più difensivi con margini più bassi, la crescita di prodotti di case terze, ecc..). Il punto è che questo diventerà sempre più un business di volumi quindi crescere le masse e farlo in modo efficiente sarà chiave per mitigare i margini al ribasso».

Revisione dei modelli di business. Quanto incide a livello di costi ridisegnare l’offerta e i servizi? Per gli analisti «la consulenza diventerà sempre più un business di volumi e sarà necessario far crescere le masse in modo efficiente e sostenibile. Investire sul servizio è senz’altro un modo. Ridisegnare l’offerta non è costoso perchè di fatto tutte le case hanno già tutti gli strumenti necessari per potere offrire tutti i tipi di prodotti. Quello che farà la differenza e potrà impattare sui costi è però la distribuzione: se per aumentare la qualità del servizio i distributori allargheranno l’offerta di prodotti a case terze per esempio, questo porterà a un calo dei margini. O se il consulente per aumentare la qualità del servizio dovrà iniziare ad avere contatti più frequenti coi propri clienti, i suoi costi aumenteranno e dovrà cercarne di nuovi per accrescere le sue masse. Inoltre, chi ha una piattaforma It poco evoluta per distribuire i prodotti, dovrà investire in nuove tecnologie per migliorare la qualità del servizio e aiutare i propri banker a servire al meglio i clienti».

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di aprile del magazine Wall Street Italia