La scorsa settimana il Sole 24 Ore aveva riferito di una lettera con la quale le maggiori associazioni del mondo bancario e del risparmio gestito (Abi, Assoreti, Assogestioni e Assosim) avevano chiesto alla Consob di “chiedere chiarimenti” alle autorità europee (Esma) sull’applicazione della Mifid II.
La direttiva è particolarmente importante per la trasparenza dei costi delle gestioni finanziarie e rischia di penalizzare, in primo luogo, gli intermediari meno efficienti. Di fatto, si è parlato di un tentativo di ritardare l’applicazione di una direttiva che è già entrata in vigore a gennaio.
Uno dei nuovi attori nella consulenza finanziaria “nativa digitale”, Moneyfarm, ha deciso di contestare questa richiesta di informazioni giunta oltre tempo massimo.
“Abi, Assosim, Assogestioni e Assoreti hanno chiesto (…) di proporre all’Esma l’avvio di un tavolo di lavoro per fornire alcuni chiarimenti in merito all’informativa si costi e sugli oneri”, ha scritto Moneyfarm indirizzando una lettera alla presidenza della Consob, “fermo restando il diritto delle associazioni di richiedere tutti i chiarimenti del caso, non si può non notare come la richiesta sia stata intempestiva, considerato che Mifid II è entrato in vigore a gennaio 2018, un anno dopo la data inizialmente prestabilita”.
Secondo Moneyfarm la Consob non dovrebbe consentire ulteriori “indugi” anche considerando il fatto “che l’Italia è il paese in cui i costi associati ai prodotti finanziari sono tra i più alti in Europa: gli investitori italiani pagano molto di più dei loro pari europei per la gestione del proprio patrimonio (senza averne peraltro, nella maggior parte dei casi, alcuna consapevolezza)”, ha scritto Moneyfarm citando dati dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati. “Le commissioni pagate, inoltre, superano spesso i rendimenti ottenuti: si tratta di una vera e propria emergenza che riguarda gli oltre 4.000 miliardi di euro di patrimonio mobiliare delle famiglie italiane”, ha concluso il documento.