Obbligare i fondi a pagare separatamente per la ricerca è uno dei punti della direttiva dell’Unione europea sui mercati finanziari Mifid II, volta a rendere i mercati europei più trasparenti e a tutelare gli investitori. Il provvedimento sarà operativo dal 3 gennaio 2018 ma sul punto del pagamento dei servizi di ricerca c’è ancora molta confusione.
Dopo che il tema viene affrontato da circa 18 mesi, non c’è ancora consenso sul modello di pricing preferito per la ricerca macroeconomica, a reddito fisso e sui cambi. Reuters ha riferito che almeno 11 banche fra quelle sentite si occuperanno degli investimenti per la ricerca a partire dal 3 gennaio. Molti hanno detto che i dettagli sui prezzi non sono ancora stati definiti, alcuni hanno affermato che alcuni elementi di ricerca, per lo più macroeconomici, saranno gratuiti attraverso i portali online. Una buona parte ha dichiarato che i prezzi per la ricerca a reddito fisso saranno puntati verso il basso.
Poiché le banche utilizzano la ricerca per attirare i clienti, le ricadute della Mifid II in tutte le classi di attività vengono analizzate con attenzione. La determinazione del prezzo per la ricerca si è rivelata complessa, dicono gli esperti, e valutarne i possibili impatti è stato difficile considerato che una grossa parte di clienti come le banche centrali, i fondi sovrani e alcuni fondi pensione, secondo le nuove regole, non dovranno pagare.
Ci sono preoccupazioni anche per i posti di lavoro degli analisti nel settore bancario. Il numero di questi è diminuito del 10% dal 2012 al 2016 secondo il provider di dati Coalition. Gli analisti del mercato azionario si stanno spostando verso società di ricerca indipendenti o società di investimento oppure pensando a una carriera diversa mentre si avvicina la data di avvio di Mifid II. La società di ricerca di investimenti indipendente Bca stima che circa 16 miliardi di dollari all’anno vengano spesi per la ricerca sugli investimenti, numero che dovrebbe ridursi nei prossimi anni.