Da poco più di un mese i servizi finanziari sono entrati nell’era Mifid2. In attesa di registrare gli impatti che la normativa avrà sugli attori del mercato, si può prendere spunto dall’esperienza della Gran Bretagna per capire ciò che potrebbe accadere
Nel 2012 il Regno Unito ha adottato la Retail distribution review (Rdr), una disciplina che ricalca da vicino, pur non essendo identica, la Mifid2. La Rdr fu introdotta dalla Financial service authority (oggi Financial conduct authority) per aumentare la concorrenza attraverso una migliore competizione sul prezzo a tutti i livelli della filiera, per rimuovere gli incentivi distorti e il conflitto di interesse e per creare un mercato con soluzioni più efficienti e migliori costi per i clienti finali.
Obiettivi in tutto simili a quelli della Mifid2. Il Centro studi di Moneyfarm è andato a vedere come è cambiato il mondo della consulenza finanziaria e del risparmio Oltremanica.
Incremento della professionalità
A partire dal 2012 circa il 96% dei consulenti aveva completato il processo di adeguamento al livello richiesto dalla normativa a fronte di un 22% di consulenti che nel 2010 non possedeva un livello di qualifica coerente con quanto richiesto dalla direttiva.
Meno professionisti
All’aumento della qualifica è seguito un calo dei professionisti attivi nel settore, che sono scesi dai 50.000 del picco del 2009 ai meno di 30.000 di oggi. Degna di nota è anche la quota di professionisti che ha deciso di qualificarsi oltre gli standard minimi richiesti dalla norma. Il possesso di un livello di qualifica superiore comporta un vantaggio competitivo in un contesto regolamentare che ha spostato in alto l’asticella delle competenze richieste.
Fai da te e piattaforme automatizzate per i piccoli investitori retail
La maggiore trasparenza sui costi della consulenza ha portato moltissimi risparmiatori, soprattutto nella parte mass del mercato, a optare per il fai da te o per servizi più automatizzati come le piattaforme digitali. Secondo una ricerca Mintel, dopo l’introduzione della Rdr il 44% dei risparmiatori dichiarava che avrebbe optato per il fai da te, un dato in netta crescita dal 2008 ma che ha subito un’impennata a partire dal 2013, così come le vendite delle piattaforme o di altri modelli di distribuzione più disintermediati.
Preferiti i prodotti meno costosi
Il mercato si è spostato molto velocemente verso prodotti caratterizzati da fasce commissionali più basse, con beneficio per i consumatori. Una ricerca dell’Ima dimostra che la proporzione dei prodotti appartenenti alla categoria commissionale più alta è diminuita dal 58% del 2009 al 19% del 2014. A essere penalizzati sono stati i prodotti più costosi come le polizze e le obbligazioni strutturate, ad avvantaggiarsi i prodotti passivi come gli Etf. Difficile capire se questo cambiamento sia unicamente da imputarsi agli effetti della Rdr, che avrebbe determinato, grazie alla maggior trasparenza, una necessità degli intermediari di tenere in maggior considerazione l’efficienza e il costo dei prodotti.
Banche fuori gioco
Le banche sono uscite di scena, abbandonando il business della consulenza ai clienti retail e tagliando in maniera netta il numero dei consulenti (-40%). Difficile capire il peso della Rdr in questa scelta. Secondo la Fca, la riforma è stato uno dei fattori “insieme ad altre considerazioni di tipo strategico”.
Pochi hanno scelto l’indipendenza
Non si è evidenziato un passaggio netto dalla consulenza non indipendente alla consulenza indipendente. Solamente due dei primi dieci gruppi di consulenza finanziari britannici (Hargreaves Lansdown e Awd Chase de Vere) hanno adottato l’etichetta di società indipendenti, mentre i restanti si sono dichiarati “restricted”. La stessa Fca evidenzia come i volumi gestiti dalle società di consulenza “restricted” rappresentino circa il 62% delle entrate totali del settore. Il dato ha disatteso le proiezioni iniziali che avevano previsto un netto rafforzamento della consulenza su base indipendente post-Rdr”.