Società

Migranti, scoop: Ong europee operano vicino a costa libica

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Di Daniele Chicca e Alberto Battaglia

Negli ultimi tre mesi alcune Ong europee sono state accusate di essere colluse con i trafficanti di migranti in Europa e di incentivare, con la loro presenza nei pressi delle coste libiche, le partenze dei barconi verso l’Italia. Le accuse non sono ancora state provate e le Ong chiamate in causa – e non solo quelle – si sono difese. Medici Senza Frontiere per esempio ha detto che l’impegno delle organizzazioni extra governative, che agiscono senza scopro di lucro ma grazie a donazioni private, sopperisce al fallimento dell’Ue nel ridurre il numero di morti in mare. Quello che si può dimostrare è la vicinanza costante alla costa di alcune imbarcazioni.

Le accuse contro le Ong sono state rivolte per la prima volta da un think tank olandese, Gefira, poi dall’agenzia della sicurezza europea Frontex, e infine dal controverso procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, che aveva anticipato in diretta tv di “contatti” fra Ong e scafisti. Zuccaro sostiene di avere in mano informazioni che scottano le quali tuttavia non possono essere usate come prove, in quanto gliele avrebbero fornite probabilmente alcuni servizi segreti stranieri. La Procura di Catania, comunque avrebbe iscritto, secondo quanto anticipato dal Giornale, i primi nomi appartenenti a una Ong al registro degli indagati.

Sinora sarebbero state raccolte informazioni sulle attività di 13 Ong. Ricerche si possono fare anche utilizzando il tracciamento delle navi di Marine Traffic, come già fatto dal think-tank Gefira, il gruppo che per primo in aprile aveva denunciato le presunte operazioni sospette di alcune Ong europee in Libia; Wall Street Italia ha verificato che le distanze dalla terra a cui operano alcune organizzazioni non governative olandesi, tedesche, spagnole e maltesi continuano a essere in effetti ravvicinate.

I nomi sono quelli fatti anche dallo studente di scienze della comunicazione e “youtuber” di successo Luca Donadel nel suo video sulla vicenda, poi diventato virale, e dal procuratore Zuccaro: si tratta di organizzazioni che fanno capo alle navi Phoenix e Golfo Azzurro (queste per lo meno sono quelle che Wall Street Italia ha personalmente verificato). L’Ong dell’imbarcazione Golfo Azzurro, per esempio, è l’olandese Boat Refugee, mentre a servirsi di Phoenix è l’organizzazione maltese MOAS (Migrant Offshore Aid Station) fondata da due imprenditori italo americani e le cui imbarcazioni battono bandiera del Belize e delle Isole Marshal.

Quello di MOAS è uno dei casi da monitorare citati da Zuccaro, secondo cui i Paesi delle bandiere che battono le navi delle Ong sono “certamente sospetti”. In un’audizione in parlamento il magistrato ha presentato i primi risultati della sua indagine conoscitiva, spiegando che dal settembre-ottobre del 2016, “abbiamo registrato un improvviso proliferare di unità navali di queste ONG, che hanno fatto il lavoro che prima gli organizzatori svolgevano, cioè quello di accompagnare fino al nostro territorio i barconi dei migranti”. Cinque delle ONG “indagate” per ora provengono dalla Germania (SOS Méditerranée, Sea Watch, Foundation, Sea-Eye, Lifeboat, Jugend Rettet), una dalla Spagna (Proactiva Open Arms) e una da Malta (MOAS).

Facendo una verifica incrociata utilizzando gli strumenti messi a disposizione da Marine Traffic si scopre che l’operazione Vos prudence di Medici Senza Frontiere con cui sono state salvate 1.500 persone è avvenuta proprio in una posizione ravvicinata alla costa libica (vedi screenshot qui sotto) in data 25 maggio. La distanza attuale del blocco umanitario è di meno di 20 miglia nautiche dalla costa. Seguendo gli spostamenti degli ultimi mesi si può determinare come una o più navi di Ong siano sempre presenti nella zona: una tendenza che dà la ragionevole certezza di un salvataggio che da emergenziale passa a essere la prassi.

I tracciamenti della Vos Prudence
I tracciamenti della Vos Prudence nelle date relative al salvataggio di 1500 persone: 25, 26 e 27 maggio

Ong accusate di collusione con i trafficanti di migranti

Secondo Frontex gli interventi di soccorso in mare delle Ong in questione non perseguono i medesimi obiettivi di Frontex, che da parte sua mantiene le sue pattuglie più vicine alla costa italiana, lontano dalla zona in cui si verificano maggiormente i naufragi. Un caso citato è quello di LifeBoat, una piccola organizzazione umanitaria tedesca che avrebbe portato in salvo due migranti da una barca con bandiera libica, il cui equipaggio, secondo il resoconto delle persone salvate, era composto da “trafficanti di persone“.

Sulla base di questa testimonianza Frontex ha parlato di un “primo caso in cui le reti criminali stavano contrabbandando i migranti direttamente con una nave di una Ong“, senza però muovere accuse dirette contro LifeBoat. Secondo le accuse le Ong opererebbero in questo modo per soldi. Frontex ha inoltre citato delle testimonianze secondo cui in alcuni casi i trafficanti hanno dato ai migranti cellulari con i recapiti telefonici di certe Ong.

Nella sua analisi Gefira punta il dito contro le “organizzazioni non governative, i trafficanti, la mafia in combutta con l’Unione europea” rei di trasportare migliaia di migranti illegali in Europa, “con la scusa di salvare barche in difficoltà, assistite dalla Guardia Costiera italiana che ha coordinato le loro attività”. I trafficanti contatterebbero la Guardia Costiera italiana in anticipo “per ricevere assistenza e lasciare in consegna il proprio carico”. A quel punto, “le navi delle ONG si dirigerebbero al punto di salvataggio, anche se le persone da soccorrere si trovano ancora a terra in Libia”.

Le Ong hanno ammesso di agire nei pressi delle coste libiche, ma restando fuori dalle acque della Libia, all’incirca tra le 20 e le 30 miglia nautiche a nord. “Noi operiamo in zona SAR, a circa 20 miglia dalla costa libica. Solo se riceviamo una chiamata di casi particolari ci avviciniamo un po’ alle acque territoriali. Questo per una ragione molto semplice di sicurezza del nostro stesso equipaggio”, ha spiegato a Valigia Blu Jugend Rettet, una delle Ong tedesche.

Gefira ong colluse con trafficanti di migranti

Emergenza migranti: le responsabilità di autorità europee e italiane

Un’altra considerazione che si può fare alla luce dei dettagli a disposizione sull’operato delle Ong è che non si può fare di tutta l’erba un fascio come si è fatto su certi giornali e che sull’aggravamento dell’emergenza migranti le autorità europee e il governo italiano hanno delle responsabilità. Nel 2017 finora – dati UNHCR al 30 giugno – sono arrivati in Italia 83.731 migranti stranieri. Si tratta di una cifra superiore al 2016, quando arrivarono 70.229 persone (+18%). Via mare sono giunti in Italia 23 mila migranti, mille in più rispetto all’anno scorso.

Evidentemente le missioni europee e le operazioni delle Ong non stanno contrastando con efficacia il fenomeno. Prima del 2014 le iniziative di soccorso venivano eseguite dalla missione Mare Nostrum, avviata dalle autorità italiane nel 2013 e conclusasi il 31 ottobre 2014. L’operazione militare umanitaria è durata solo un anno ma viene citata spesso come un esempio di successo delle operazioni di salvataggio e della lotta contro i trafficanti di esseri umani, nonostante le accuse ricevute da alcuni partiti di aiuto agli scafisti.

Da quel momento in avanti è stata l’agenzia di sicurezza europea Frontex a coordinare l’impegno europeo. È partita così la missione Frontex Plus, poi ribattezzata Triton, finanziata dall’Unione Europea, a cui costa 2,9 milioni di euro, e con mezzi inferiori rispetto alla precedente Mare Nostrum. La nuova operazione, che è stata avviata dal governo Renzi di comune accordo con altri Stati membri dell’Ue, ha preso il via nel novembre del 2014, rimpiazzando anche le preesistenti missioni di Frontex, Aeneas e Hermes.

L’Italia si è successivamente lamentata di essere stata lasciata sola dall’Europa, ma come sembra dalle indiscrezioni importanti emerse in questi giorni, il governo a guida PD avrebbe in realtà deciso esso stesso nel 2014, prima, e nel 2016, poi, di prendere in mano il coordinamento delle missioni, chiedendo che “gli sbarchi avvenissero tutti in Italia“. Così ha rivelato in questi giorni l’ex ministro degli Esteri del governo Letta Emma Bonino.