Più che un’Unione europea sta diventando una disunione come titola Il Sole 24 Ore per colpa della questione migranti. A circa venti giorni dal Consiglio europeo che avrebbe dovuto mettere una pezza a litigi e dissapori, ad oggi non ci sono passi in avanti.
Dopo una maratona notturna il vertice di fine giugno si era concluso con una serie di punti da attuare elencati dal presidente del Consiglio Donald Tusk: piattaforme di sbarco per migranti, creazione di centri di controllo «nei paesi che li vogliono», 500 milioni di euro da destinare al Fondo fiduciario per l’Africa (e ad altri 3 miliardi di euro alla Turchia per la gestione dei rifugiati). Quello che più di tutti balza agli occhi è che quel poco che si è deciso è stato puntualmente disatteso. Esempio fra tutti l’Ungheria che il 19 luglio è stata deferita dalla Commissione europea alla Corte di Giustizia Ue perché le sue leggi su asilo e rimpatri dei migranti non rispettano le norme Ue.
La situazione italiana ormai è nota con il premier Giuseppe Conte che ha affermato che lo sbarco a Pozzallo di 450 migranti solo dopo che Germania, Francia, Malta, Spagna, Portogallo e Irlanda hanno promesso di accoglierne più della metà, diventerà, dice il premier italiano, la normalità. La Francia con il presidente Emmanuel Macron ha reso noto che il paese non aprirà centri controllati per i migranti “perché non è un paese di primo arrivo”, indisponendo Roma.
E la Germania? La questione migranti ha mandato in diverse occasioni in bilico la tenuta della Grosse Koalition e il governo Merkel e da ultimo si inserisce nella polemica il capo della chiesa cattolica, cardinale Reinhard Marx che parlando al settimanale Die Ziet, afferma che gli alleati bavaresi di Angela Merkel, “dovrebbero ricordare le loro radici cristiane, un partito che ha inserito la C nel suo nome ha un obbligo, seguire l’insegnamento cristiano sociale, specialmente nel suo atteggiamento verso poveri e deboli”. La tregua insomma è solo apparente.