Ancora poco interessati ad investire in fondi comuni, i Millennial finiscono sotto la lente dei gestori, che guardano con sempre maggiore interesse ai nati tra il 1987 e l’anno 2000, scommettendo che la generazione cresciuta con Internet diventerà la fortuna del settore nei prossimi anni.
“I dati demografici contano”, ha detto al Financial Times, Paul Kim, responsabile della strategia ETF presso IGP a New York, aggiungendo che “Gli amministratori delegati delle grandi società ne stanno prendendo atto”.
Negli Stati Uniti, si calcola che i Millennial rappresenteranno i tre quarti dei lavoratori entro il 2030. E secondo le stime di Goldman Sachs, coloro che hanno i redditi più elevati spingeranno la spesa del gruppo del 17% in più entro cinque anni, mentre i Baby Boomers (nati tra il 1946 e il 1964) spenderanno il 10% in meno.
Non stupisce dunque che gli asset manager siano al lavoro per elaborare strategie in grado di catturare le loro preferenze e le loro abitudini di spesa. Qualche esempio è già presente sul mercato. L’ ETF lanciato tre anni fa da Principal Global Investors, dedicato ai Millennial, comprende prevalentemente azioni di società tecnologiche e di abbigliamento del calibro di Adidas, azienda particolarmente amata dai più giovani.
“Man mano che i Millennial guadagnano più, rappresentano un importante segmento di clientela su cui concentrarsi”, ha dichiarato Kathryn Koch, co-responsabile del patrimonio netto di Goldman Sachs Asset Management.
A conferma della sempre maggiore importanza per i big della finanza dei nati tra il 1987 e l’anno 2000, stime recenti di Deloitte indicano che entro vent’anni i Millennial investiranno $ 15 miliardi nei fondi solo negli Stati Uniti.