Ipnotica, divina, simbolo di un’Italia affascinante. La grande attrice Monica Bellucci racconta vita, carriera e quell’amore speciale per la Carmen
A cura di Margherita Calabi
Il suo è un indiscutibile fascino, frutto di bellezza, carisma e sensibilità. In una fredda giornata di gennaio, il nostro rendez-vous con Monica Bellucci è all’elegante bar Josephine dell’Hotel Lutetia, storico albergo di lusso parigino della Rive Gauche. Frequentato negli anni da artisti, aristocratici ed intellettuali come Pablo Picasso, James Joyce e Josephine Baker, oggi l’albergo è uno dei luoghi preferiti della grande attrice italiana, da tempo francese d’adozione.
Photography © DRIU & TIAGO / HK
Hair STYLIST, JOHN NOLLET | make-up ARTIST, LETIZIA CARNEVALE
Monica Bellucci @ d’management group
Il suo indiscutibile fascino è frutto di bellezza, ma anche di carisma, sensibilità e consapevolezza. Qual è la sua visione del tempo che passa?
“Penso che nella vita ci vengano dati dei doni, ognuno ha i suoi ed è un dovere coltivarli. Cerco sempre di dedicare del tempo alle mie passioni: il cinema, l’opera, il teatro, di modo che la mia parte artistica si sviluppi ed evolva non solo attraverso il mio lavoro. L’arte è sempre stata qualcosa di molto importante per me. La mia famiglia non faceva parte del mondo artistico, mio padre aveva un’azienda di trasporti, mia madre faceva la casalinga, non c’erano attori o registi fra noi. Eppure, fin da giovanissima, ho sempre avuto un amore per tutto quello che riguarda l’immagine: adoravo i fumetti, i libri dei grandi fotografi e i film”.
Ha iniziato a lavorare come modella a 16 anni, poi è arrivato il cinema e una carriera costellata di successi. È sempre stata consapevole della sua bellezza?
“È qualcosa che mi hanno fatto notare gli altri. A tredici anni e mezzo, quando sono tornata a scuola dopo le vacanze estive, ho capito che non ero la stessa dell’anno precedente, qualcosa era cambiato… Ero abbastanza timida di natura e questo ha fatto sì che fossero gli altri a venire da me e non viceversa. A sedici anni già lavoravo, ma non ho mai abbandonato la scuola. All’università ho cominciato a lavorare a livello professionale come modella e nel 1990 ho debuttato come attrice con Dino Risi. Non avrei mai immaginato il percorso che la vita mi avrebbe riservato”.
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Può condividere un aneddoto di quegli anni?
“A diciassette anni, mentre i miei compagni frequentavano il liceo classico a Castello di Pieve, io ero a Milano e Parigi. Facevo un tuffo in un mondo che non era il mio e poi tornavo alla mia realtà di provincia. Questa doppia vita mi ha dato la possibilità di crescere e di adattarmi a questo nuovo mondo fino a che non ho avuto il coraggio di volare con le mie ali. È il tipo di vita che ho poi continuato a fare: ho sempre avuto un piede nel mondo del cinema e della moda e un piede ben saldo nella realtà. Ho sempre cercato qualcosa che mi tenesse ancrée, come dicono i francesi, ancorata al presente”.
Nella sua carriera ha interpretato molti ruoli, tutti diversi fra loro: è passata dall’essere la sensuale Malena a Cleopatra, da Maria Maddalena a Persefone, da Anita Ekberg ad Altea, l’amante dell’ispettore Ginko in Diabolik: Ginko all’attacco!. C’è un personaggio che ha sentito più suo?
“Si dice che gli attori siano persone che si fanno possedere dalle anime altrui. Mi piace questa idea e preferisco scegliere da quale anima farmi possedere. Guardo sempre avanti, a nuovi ruoli, nuovi personaggi, non guardo mai al passato e non mi capita mai di rivedere un film che ho fatto”.
E un ruolo invece che le piacerebbe interpretare?
“Un’attrice, negli anni, cambia fisicamente e questo le dà la possibilità di interpretare ruoli diversi. Da un certo punto di vista è divertente diventare una donna adulta perché ci si pone in modo differente rispetto al passato. Mi piace essere sorpresa, come quando mi hanno proposto un ruolo nella commedia americana Mafia Mamma, in uscita ad aprile, con Tony Colette e diretta da Catherine Hardwicke. Certe volte arrivano proposte inaspettate, come quella di interpretare Maria Callas a teatro con una tournée internazionale che si è conclusa il 27 di gennaio a New York. La Callas è nata a New York nel 1923 e chiudere il tour in questa città è stato come chiudere un cerchio, un’importante coincidenza a livello simbolico”.
In Maria Callas, Lettere & Memorie di Tom Volf interpreta la divina attraverso le sue lettere più intime. Bellucci e Callas: due anime mediterranee, due dive appartenute ad epoche diverse. Cosa hanno in comune queste donne?
“Il complimento più bello l’ho ricevuto in Grecia. Una signora mi si è avvicinata e mi ha detto: lei non ha la voce di Maria Callas, ma ha la sua anima. La Callas aveva un modo di amare vero, puro, che le è costato la vita. Mi ha toccato molto la sua dualità: sul palcoscenico era una donna intoccabile e distante, ma nella vita era docile, con un cuore semplice. Le persone l’hanno sempre molto amata e continuano a farlo non solo per la sua musica, ma anche perché aveva un’aura speciale”.
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Qual è la sua opera preferita interpretata da Maria Callas?
“La Carmen di Bizet, mi ha sempre aiutato ad andare in scena. Quando la Callas canta la Carmen – specialmente l’aria L’amour est un oiseau rebelle – non è più solo la grande cantante, ma è anche una donna innamorata, estremamente femminile. Ancora oggi mi ritrovo ad avere un po’ di paura prima di salire sul palco. Quest’aria mi ha sempre dato forza”.
A 51 anni ha sedotto il mitico James Bond in Spectre, nelle vesti della vedova Lucia Sciarra. Come ha reagito quando le hanno proposto questo ruolo?
“Mi sono messa a ridere. Sapevo che questo ruolo aveva qualcosa di diverso: oggi le donne hanno amanti più giovani, ma al cinema è raro vedere una donna con un uomo più giovane di sé. Lavorare con Daniel Craig è stato molto facile, è un grande attore e ti sa mettere sempre a tuo agio. Mi considero molto fortunata, alla mia età, di poter ancora fare le cose che mi piacciono. Confesso però che vorrei avere più tempo per me stessa. Il Covid ci ha fatto capire quali sono le cose essenziali della vita – la famiglia, gli amici, le relazioni umane – e soffermarsi su di esse è di estrema importanza. Quando vivi a mille allora non lo ricordi più. Ho vissuto così per anni, ora mi piacerebbe rallentare un po’”.
Sua figlia maggiore, Deva Cassel, segue le sue orme. Come la sostiene nello spiccare il volo?
“Le ho consigliato di non fare le cose di fretta, di prendere il giusto tempo per valutare bene i progetti che le vengono proposti, di imparare attraverso i sì e i no. Ha già una sua sensibilità, sa bene cosa vuole”.
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Da anni è adottata dalla Francia, ma non ha mai rinunciato al suo passaporto italiano. Le manca, qualche volta, la sua Umbria?
“Mi manca tutta l’Italia, l’Umbria, Roma… Il nostro Paese ha un calore unico, ma la vita e il lavoro mi hanno portato a vivere all’estero. Ho sempre avuto progetti che mi hanno portato lontano”.
Nella sua cucina, a Parigi, oltre alla pasta e alla Nutella, c’è una grande fotografia di Sophia Loren. Quanto sono state d’ispirazione per lei le grandi attrici italiane come la Loren, Anna Magnani e Gina Lollobrigida?
“Quando studiavo guardavo tre film al giorno: queste donne mi hanno fatto sognare con la loro femminilità forte, sensuale, materna e pericolosa allo stesso tempo. La voglia di fare questo lavoro è nata dai tanti personaggi che ho visto interpretare da queste grandi attrici: Sophia Loren, Anna Magnani, Giulietta Masina, Lea Massari, Monica Vitti”.
Da qualche tempo ha ritrovato l’amore. Che significato ha per lei questa parola?
“Forse nell’amore vissuto in età adulta si diventa più generosi, con una voglia ancora più intensa di capire l’altro, di proteggerlo”.
In Francia è considerata un’ambasciatrice del nostro Paese e definita “ipnotica” e “divina”. Se Monica Bellucci dovesse descriversi, quali parole utilizzerebbe?
“Credo sia molto difficile riuscire a descrivere sé stessi. Direi che sono un tipico prototipo italiano, proprio come il parmigiano…”.
Per concludere: qual è il ruolo più importante che ha ricoperto nella sua vita?
“Nella vita è quello di madre, ma questo è un ruolo che non si finisce mai di imparare, perchè è la vita stessa”.