SIENA (WSI) – «Giuseppe Mussari «ha una personalità strabordante, aveva un ruolo attivo dentro la banca, una persona forte e competente in materia finanziaria, non certo uno sprovveduto, il padre padrone della banca». Così il pm Giuseppe Grosso ha descritto l’ex presidente di Banca Monte dei Paschi prima di formulare la richiesta di condanna per lui e per gli altri due imputati (l’ex dg Antonio Vigni e l’ex capo area finanza Gianluca Baldassarri) al processo sulla ristrutturazione del derivato Alexandria.
Sette anni per Mussari e sei anni ciascuno per gli altri due, tutti accusati di ostacolo all’autorità di vigilanza, in concorso, per aver nascosto il “mandate agreement” (il contratto) stipulato con i giapponesi di Nomura per ristrutturare Alexandria. Una lunga requisitoria, oltre otto ore, quella dei tre magistrati titolari delle inchieste sul Mps, una banca che «gli imputati hanno portato sull’orlo del fallimento», dove «l’operazione Btp 2034 fa la parte del leone», ha aggiunto Grosso. Una gestione, quella della banca, «come sempre è stato fatto a Siena, dove si sopisce tutto sperando che chi è contro prima o poi se ne vada». Prima di lui, che ha concluso formulando le richieste di condanna, avevano preso la parola anche Antonino Nastasi e Aldo Natalini.
L’obiettivo dei magistrati era smontare le tesi delle difese, già emerse nel corso delle udienze che dal 26 settembre scorso si sono susseguite nell’aula del tribunale di Siena davanti al collegio giudicante presieduto da Leonardo Grassi. I tre magistrati si sono affidati a citazioni filosofiche, mitologiche, storiche, teatrali e cinematografiche. A partire dalla commedia La cantatrice calva di Eugène Ionesco, dove il signor Smith ascolta la descrizione del pranzo dalla moglie mentre legge il giornale e, come lui, «Mussari durante la conference call con Sadeq Sayeed, ex executive manager per Europa e Medioriente di Nomura, si limitava a schioccare la lingua», ha detto Nastasi «mentre era ben consapevole che stava chiudendo un’operazione che per Mps era un disastro».
A Natalini, invece, il compito di puntare tutto sul diritto e su altre sentenze, tra cui quella di Unipol. E anche lui ha puntato molto, anche con un fumetto animato trasmesso su tre schermi in aula, sulla conference del 9 luglio 2009. Perché la pena più alta per Mussari, Grosso lo spiega descrivendo Baldassarri («il braccio esecutivo, il regista a cui viene chiesto di mettere in piedi le operazioni scelte da altri che stanno sopra di lui»), e Vigni («il mite e leale» dice ricordando le parole di Mussari in aula. «Era l’uomo del Monte da sempre, era il garante degli equilibri e preoccupato dello status quo. Sa che avevano buttato alle ortiche un immenso patrimonio, portato la banca sull’orlo del precipizio. Ed infatti è lui che nasconde il mandate agreement»).
La situazione di Banca Monte dei Paschi era «disastrosa» e a questo, per l’accusa, ha contribuito l’operazione di ristrutturazione di Alexandria. Un’operazione fatta nascondendo non solo il “mandate agreement” all’Autorità di vigilanza ma anche non rappresentando nel bilancio la “reale situazione”. Davanti ai giudici, dopo i pm, l’avvocato Olina Capolino, di Bankitalia (parte civile), ha chiesto la condanna degli imputati e il risarcimento patrimoniale e non patrimoniale, lasciando agli stessi giudici di quantificarlo. La prossima udienza, per le arringhe delle difese è fissata per il 13 giugno.