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Monte dei Paschi, la scadenza per l’uscita dello Stato potrebbe allungarsi ancora

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Mentre Unicredit, unica possibile acquirente, continua i suoi contatti con gli advisor del Ministero dell’Economia, per il futuro di Monte dei Paschi di Siena restano scarse le altre opzioni percorribili.

L’appuntamento con la Commissione europea è stato fissato per il 31 dicembre, data entro la quale è prevista la dismissione della quota pubblica del 64,2% nella banca più antica d’Italia. Le oggettive difficoltà nel reperimento di un compratore, tuttavia, starebbero accrescendo le probabilità di un’ennesima proroga sui tempi concessi per la vendita. E’ quanto affermano alcune fonti al Sole 24 Ore.

Monte dei Paschi, attesa per stress test entro fine luglio

Eppure l’acquisizione da parte di un altro gruppo bancario, la cosiddetta “soluzione strutturale” è stata definita come una condizione necessaria per l’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro previsto entro l’aprile 2022. Questo rafforzamento del capitale della banca si renderà, comunque, necessario per colmare le carenze che, con ogni probabilità, verranno a galla al termine degli stress test che l’Autorità bancaria europea (Eba) pubblicherà entro questo luglio.

Una “soluzione strutturale”, dunque, sarebbe la premessa necessaria per mettere al riparo la banca dai rischi per la sua solidità in scenari avversi. Secondo l’ad di Mps, Guido Bastianini il fabbisogno di capitale potrebbe essersi ridotto da 2,5 a 1,5 miliardi e “potrebbe risultare in ulteriore riduzione, grazie all’evoluzione del contesto macroeconomico e alla conseguente dinamica economica della banca”, aveva affermato alla Commissione banche.

Le mosse del ministero dell’Economia

La prospettiva di un allungamento dei tempi per l’uscita dello Stato fa in qualche modo dubitare delle parole della commissaria alla Concorrenza Ue, che lo scorso 8 luglio aveva dichiarato che su Mps, “per noi le cose stanno andando avanti come era previsto che andassero”. Le aspettative europee su questo dossier, evidentemente, erano pienamente adeguate alle difficoltà che lo Stato avrebbe incontrato nel trovare un acquirente per Mps.

Comunque vada a finire, quella della banca senese, si sarà rivelata un’operazione di salvataggio particolarmente onerosa per i contribuenti. Secondo i calcoli di Antonio Amendola e Alberto Foà di AcomeA Sgr “sommando gli aumenti di capitale, le obbligazioni non rimborsate, l’intervento di AMCO e l’intervento dello Stato, i risparmiatori ed i contribuenti italiani hanno contribuito nel tempo al risanamento del Monte con una cifra superiore ai 20 miliardi di euro”.