Roma – Da Arcore Silvio Berlusconi ha gridato la sua discesa in campo, lui, il Professore Mario Monti preferisce altri toni. Ma di fronte alla preoccupazione internazionale di un nuovo cambio di rotta sulla strada delle riforme necessarie per riportare l’Italia sulla strada della crescita, è forte il pressing che in questi giorni Luca Cordero di Montezemolo, che ha lanciato solo un mese fa un suo movimento politico, e Pier Ferdinando Casini, leader del partito cattolico di centro, Udc, stanno esercitando sul premier dimissionario. Il presidente della Ferrari e’ convinto che il primo ministro uscente si candidera’.
Lo stanno incoraggiando a candidarsi, scrive da Oltre Manica il Financial Times. Una decisione in questo senso, anticipa il quotidiano inglese, verrà presa entro una settimana. “Se, infatti, Monti deciderà di candidarsi farà una dichiarazione formale, ma solo dopo l’approvazione da parte del Parlamento della legge finanziaria 2013, e questa probabilmente avverrà nella settimana che precede il Natale“.
Monti dal canto suo ha sempre cercato di minimizzare gli inviti a prender parte alla campagna politica. Anche a Oslo dove ha partecipato alla cerimonia della consegna dei Nobel per la pace ha glissato, dicendo ai cronisti: “Non sto prendendo in considerazione questa eventualità“. Per poi aggiungere: “Tutti i miei sforzi adesso sono destinati a completare con il tempo a disposizione il lavoro che il governo attuale aveva in mente e questo richiede intense energie”.
Resta da capire resta se questa ipotesi sia percorribile. Si ricorda come Monti sia, infatti, senatore a vita e quindi in una posizione che non gli permetterebbe forse di essere candidato ad elezioni politiche. “Chiunque si presenti e ottenga una maggioranza con una legittimazione popolare, è il benvenuto, sia esso Monti o chiunque altro”, ha chiosato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, questa mattina rispondendo a una domanda su un eventuale impegno diretti del Professore.
Nessuno lo dice apertamente, ma sciogliere le riserve sulla sua candidatura significherebbe garantire ancora credibilità all’Italia sul palcoscenico internazionale. L’unico elemento in grado oggi di fare la differenza fra chi sarà dannato e chi invece salvato nella crisi del debito.