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MOODY’S CONFERMA DOPPIA A ALL’ITALIA E AI SUOI TITOLI STATO

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(WSI) – Il rating “Aa2” di Moody’s sull’Italia e sui titoli di Stato italiani è saldamente a prova di crisi. La peggiore e più lunga recessione dal Dopoguerra non ha scalfito questa doppia “A” italiana che si traduce in un alto grado di affidabilità dello Stato nella sua capacità di ripagare tutti i debiti, puntualmente e integralmente. Assegnata da Moody’s all’Italia nel maggio 2002, a distanza di sette anni questa “Aa2” mantiene le prospettive “stabili” in virtù della “forza economica italiana molto elevata” e nonostante “il peso del debito pubblico e i problemi strutturali” del Paese.

Sono questi i concetti principali contenuti nell’ultimo rapporto sull’Italia pubblicato oggi da Moody’s, l’agenzia di rating che assegna il voto più alto allo standing creditizio dello Stato italiano, un gradino al di sopra della “AA-” di Fitch e due gradini sopra la “A+” di Standard & Poor’s.

L’analisi sul rischio-Paese è un appuntamento che rientra nelle attività di routine delle agenzie di rating: tuttavia il tempismo di questo rapporto sull’Italia – un documento lungo 11 pagine fitto di numeri, previsioni e valutazioni che toccano tutti gli aspetti della vita economica, politica, sociale e finanziaria del Paese – consente a Moody’s, nel contesto di una crisi caratterizzata da un impressionante grado di imprevedibilità, di dare le sue risposte alle preoccupazioni dei trader e degli investitori che detengono oltre 1.400 miliardi di BoT, CTz, CcT e BTp e che si interrogano continuamente sulla capacità dell’Italia di conservare i suoi rating mentre quelli di altri solidi Stati europei vengono declassati (Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia) o minacciati dalle retrocessioni. Per quanto riguarda Moody’s, dunque, per ora la “Aa2” è solida con prospettive di medio termine stabili.

Questo rapporto sull’Italia è firmato da quattro analisti di peso: Alexander Kockerbeck (senior credit officer e primo analista per il rating sovrano italiano), Dietmar Hornung (senior analyst), Kristin Lindow (Regional credit officer for Europe and Africa) e Pierre Cailleteau (managing director). L’analisi si sofferma sulle grandi quattro aree tematiche che contribuiscono all’assegnazione del rating, in base alla metodologia di questa agenzia, con l’assegnazione all’Italia di un livello scelto tra cinque: molto alto, alto, moderato, basso, molto basso. Così la “Aa2″italiana ha una forza economica “molto alta”; un assetto istituzionale “alto”; una forza finanziaria del Governo “alta”; un’esposizione al rischio di eventi negativi “bassa”.

Ecco i principali giudizi contenuti dell’analisi di Moody’s

Forza economica – Molto alta ma con un’economia in recessione
•La forza economica dell’Italia è molto alta in virtù della diversificazione e delle dimensioni dell’economia e del reddito pro-capite degli italiani. Moody’s ricorda che l’Italia è la settima economia al mondo e il quinto esportatore per volumi di beni manufatti (automobilistico, aerospaziale e difesa, meccanica di precisione, petrolchimica, armi da fuoco, elettricità, moda, lusso, alimentari), e gode di un settore turistico molto dinamico.

•Per Moody’s, la forza economica dell’Italia è indebolita dalla perdita graduale di competitività: l’Italia nell’ultimo decennio è cresciuta “solo” a un tasso medio dell’1,2 per cento. Inoltre dli oneri e il finanziamento del debito pubblico assorbono gran parte del risparmio del Paese.

•Il mercato nero è molto esteso, non è rilevato statisticamente e quindi rende difficile la vera stima della ricchezza nazionale, secondo Moody’s.

•Nonostante le riforme degli ultimi anni, le dinamiche della crescita economica continuano a essere frenate da numerose inefficienze: l’importazione di energia, l’alta pressione fiscale (resa più pesante dalla diffusa evasione fiscale), una crescita della produttività fiacca. Moody’s sottolinea anche l’aggravante degli alti costi di lavoro per unità di prodotto “nonostante i livelli salariali modesti che a loro volta influiscono sui consumi”.

•Il calo della competitività a livello internazionale dei prodotti italiani è accompagnato da un aumento abbastanza forte dei costi di produzione, dal 2001. Il tessuto industriale italiano dominato dalle Piccole e medie imprese è capace di grande flessibilità, riconoscono gli analisti di Moody’s, ma è limito nella capacità di innovare: questo frena la crescita nella catena dei prodotti con alto valore aggiunto per affrontare la concorrenza dalle economie emergenti asiatiche che hanno costi salariali bassi.

•Le inefficienze della burocrazia ostruiscono la politica economica e il miglioramento del gap infrastrutturale, specialmente nel Sud del Paese dove permane il problema della criminalità organizzata.

•Anche Moody’s prevede una contrazione dell’economia italiana nel 2009 e attribuisce questo calo non solo alla recessione su scala mondiale ma anche alle fragilità a livello nazionale: tra queste la mancanza di fiducia del consumatore e le condizioni di precarietà del lavoro della popolazione più giovane.

•Un fattore positivo sottolineato nel rapporto è rappresentato dal basso livello di indebitamento dei privati e l’alto tasso di risparmio delle famiglie: questo riduce il rischio di “deleveraging” (riduzione del debito) che per contro sta influendo negativamente sulle prospettive di crescita di molti altri Paesi industrializzati. Moody’s cita come punto a favore delle risorse finanziarie dei privati il fatto che in Italia vi siano tra i 30 (Mef) e i 70 (Confindustria) miliardi di euro di crediti vantati dalle imprese nei confronti dello Stato.

•Lo spazio di manovra delle politiche fiscali per il Governo è limitato dalla situazione globale, dalla crisi economica e dalle dimensioni dello stock del debito pubblico. Moody’s cita i 44 miliardi di euro del recente pacchetto di misure governative di stimolo, ricordando però che in parte erano già previste dalla Finanziaria 2009. La sfida per il Governo “è di sostenere la base industriale nel Nord del Paese, quella maggiormente colpita dalla crisi, e migliorare il flusso del credito bancario alle imprese”. Il rapporto mette in chiaro che le banche italiane sono state meno colpite dalla crisi finanziaria internazionale (modello di business convervativo) ma restano comunque esposte al deterioramento dei crediti causato dalla recessione: sono valutati positivamente a questo riguardo i Tremonti-bond (che aumentano la capacità delle banche di erogare credito), l’estensione dell’attività della Cassa depositi e prestiti, gli incentivi per le auto, i nuovi investimenti dello Stato nelle infrastrutture.

•Secondo Moody’s le banche italiane hanno un’esposizione limitata e altamente frammentata nei confronti dell’Est Europa.

•L’agenzia di rating non prevede che lo Stato italiano sarà chiamato a intervenire d’urgenza con piani massicci di salvataggio di banche (come è avvenuto invece negli Usa, in Irlanda, nel Regno Unito ndr.). Tuttavia, Moody’s ci tiene a precisare che qualsiasi salvataggio sul sistema bancario italiano a carico dello Stato danneggerebbe le dinamiche del debito pubblico, che concede al Governo margini di manovra ristretti.

Forza istituzionale. Alta ma la governance e il sistema giudiziario sono carenze importanti.
•Tra le sfide importanti per l’Italia rilanciate dal rapporto-Moody’s permane il miglioramento dell’efficienza della burocrazia nel Sud, considerato un passaggio obbligato per velocizzare lo sviluppo della Regione.

•Una maggiore efficienza del sistema giudiziario è altrettanto necessaria: la durata troppo lunga dei processi è un ostacolo all’applicazione dei diritti contrattuali.

•Moody’s rileva una debolezza del sistema amministrativo italiano anche per quanto riguarda la politica dell’immigrazione, che “ha fallito nel promuovere l’integrazione” ed è sfociata in nuove tensioni sociali. “Una politica dell’immigrazione lungimirante è importante in un Paese come l’Italia che deve affrontare il calo della popolazione”.

•Un’altra peculiarità del sistema Italia, secondo Moody’s, continua a essere quella delle forti tensioni tra Governo e magistratura, risalenti al periodo di Mani Pulite e Tangentopoli.

• Quanto all’attuale Governo, Moody’s ricorda che questa coalizione gode di una forte maggioranza alla Camera e al Senato, “una grande differenza” rispetto al precedente Governo Prodi. L’attuale opposizione, secondo Moody’s è relativamente debole dopo le dimissioni di Walter Veltroni: nonostante la formazione del Partito Democratico, “le liti interne permangono”.

Forza finanziaria del Governo. Alta ma pesa sempre il debito pubblico
•Il fattore principale che impedisce all’Italia di ottenere una promozione di rating dalla “Aa2” è l’alto livello del debito pubblico sopra il 100% del Pil abbinato alla mancanza di dinamismo economico e una popolazione in calo.

•Tra il 1970 e il 1990 il debito pubblico italiano è aumentato anche a causa del consociativismo. Il rapporto debito/Pil è migliorato per assicurare l’ingresso nell’Unione monetaria negli anni ’90 ed è calato dal 120% al 104% del 2004: ma questo impulso al miglioramento si è affievolito dopo l’adesione all’euro. Il miglioramento dei conti pubblici italiani non ha tenuto il passo con quello di altri Stati con alto debito pubblico come il Belgio. Il surplus primario dell’Italia è calato dal 6% circa del 2000 a quasi zero nel 2005: scenderà all’1% del Pil nominale quest’anno e rimarrà sotto il 3% fino al 2011. Per Moody’s questo livello di surplus primario non basta a compensare gli oneri per interessi sul debito vicini al 5% e un debole tasso di crescita del Pil.

“Non si può escludere che i tassi d’interesse aumenteranno ancora a causa degli spread più elevati richiesti dal mercato sui titoli di Stato”. In aggiunta, il rapporto ricorda che quest’anno l’Italia deve rinnovare 300 miliardi di debito in scadenza, al quale vanno sommati 60 miliardi di nuove emissioni di titoli di Stato in un mercato primario dei bond governativi nell’area dell’euro già molto affollato.

•Il deficit/Pil italiano quest’anno andrà oltre il 4% e si assesterà ad almeno il 3% nel seguente biennio: questo aumenterà dell’8% il debito/Pil che viaggiava al 106% nel 2008. Il deterioramento ciclico della dinamica del debito pubblico in Italia, durante questa crisi, è una conseguenza del calo delle entrate tributarie e di un aumento della spesa pubblica, due tendenze comunque in linea con quello che Moody’s prevede accadrà anche in altri Paesi. Secondo le stime di questo rapporto, il consolidamento dei conti pubblici riprenderà in Italia nel 2011, ma solo se la crescita dovesse tornare in terreno positivo dopo una recessione di oltre il 3% quest’anno e una stagnazione nel 2010.

•Secondo Moody’s la strada maestra per il miglioramento dei conti pubblici e il controllo sulle dinamiche del debito pubblico resta quella del contenimento della spesa pubblica, tenuto conto che le prospettive della crescita non sono buone. In questo contesto, il processo del federalismo fiscale secondo Moody’s potrebbe contribuire ad aumentare il grado di responsabilizzazione e qualità della spesa pubblica: ma il trasferimento delle responsabilità dall’amministrazione centrale a quella locale dovrà essere accompagnato da controlli più rigidi di finanza pubblica.

•La crisi spinge l’Italia verso un’alteriore riforma delle pensioni, quanto mai necessaria. Secondo Moody’s il sistema pensionistico italiano deve essere riformato perché è un capitolo di spesa che al 15% circa del Pil è già tra i più alti nei Paesi industrializzati. La riforma dell’età pensionabile può liberare risorse che dovrebbero essere riallocate per aiutare le generazioni più giovani a trovare un lavoro stabile. Per Moody’s il problema della disoccupazione o sottoccupazione dei giovani è grave.

•In quanto dal rapporto debito/Pil, è previsto all’111% nel 2009 da Moody’s, ben sopra la media del 72% stimata per l’Eurozona. Inoltre in termini di rapporto percentuale rispetto alle entrate dello Stato, il debito/Pil in Italia orbita attorno a quota 240%, ben sopra la media di 170% per la zona dell’euro nel 2010. L’alto debito pubblico assorbe in Italia, con gli oneri degli interessi, oltre il 10% delle entrate tributarie annuali contro il 6,7% in media nell’Eurozona. Ma la vulnerabilità causata dall’alto debito pubblico è attenuata, anche secondo Moody’s, dal basso tasso di indebitamento dei privati.

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