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Moody’s declassa il settore immobiliare cinese

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Roma – Moody’s Investors Service taglia l’outlook sul settore immobiliare cinese, da stabile a negativo, citando un ambiente oramai più ostile per i costruttori, dovuto alle varie politiche messe in atto dal governo di Pechino.

Nel tentativo di raffreddare una possibile bolla nel mercato immobiliare, infatti, le autorità cinesi sono intervenute attraverso varie misure, tra cui l’aumento dei tassi di interesse, dei requisiti di riserva, la riduzione dell’accesso al credito per diversi costruttori e la costruzione di un numero maggiore di case popolari, per aumentare l’offerta nel mercato.

“Crediamo che queste misure porteranno inevitabilmente a una riduzione dei volumi di vendita, degli utili societari e nella liquidità di queste imprese”, ha detto in una nota Peter Choy, un senior vice president di Moody’s.

Le stime della società di rating dicono che i proventi dalla vendita di proprietà residenziali caleranno del 25% – 30% nelle città tier 1 (Pechino, Shanghai e Canton) e in alcune città tier 2. Intanto in giornata i titoli dei principali costruttori quotati nel mercato di Shanghai hanno sofferto una performance negativa.

In giornata è poi giunto un altro dato poco rassicurante dalla Cina, con le previsioni rese note dal sito internet di Phoenix TV (di Hong Kong), secondo cui il tasso di inflazione cinese avrebbe raggiunto il 5,4% a marzo, ai massimi da 32 mesi. Il valore eccederebbe le stime di diversi economisti, che puntavano a un 5,2%.

Il dato potrebbe spingere Pechino a velocizzare il processo di apprezzamento della valuta, nel tentativo di ridurre l’inflazione da importazioni, in un periodo in cui i prezzi delle commodities volano verso nuovi massimi. Tuttavia in giornata, il premier cinese Wen Jiabao, ha ribadito ancora una volta che lo yuan non verrà apprezzato per contrastare la crescita dei prezzi, addossando parte delle colpe sull’inflazione alla politica monetaria della FED, eccessivamente accomodante.

Ovviamente si temono nuove strette monetarie, ed è questo, insieme ad altri fattori, a mettere sotto pressione i mercati europei.

Per combattere l’inflazione, la banca centrale cinese ha alzato i tassi di interesse per ben quattro volte da ottobre e ha portato i requisiti di riserva per le banche più grandi al 20%.

Secondo altri dati forniti da Phoenix TV, a marzo le banche cinesi hanno concesso nuovi prestiti per $104,1 miliardi, mentre l’offerta di moneta M2 è cresciuta del 16,6%, su base annua. La crescita dei prezzi alla produzione avrebbe toccato il 7,4%, mentre la produzione industriale e le vendite al dettaglio avrebbero realizzato un balzo rispettivamente del 14,8% e del 17,4%.