ROMA (WSI) – Il piano di salvataggio di Mps è già stato deciso ma deve ancora essere messo in pratica. Il tempo stringe per la ricapitalizzazione pubblica tramite l’emissione di bond convertibili e per la vendita a una bad bank di una grossa fetta dei 24 miliardi di euro di crediti deteriorati iscritti a bilancio.
A investire in questo secondo Fondo Atlante saranno la Cassa depositi e prestiti, con un contributo che si stima sarà sotto il mezzo miliardo di euro già sborsato con il primo schema di intervento, e Sga con 500 milioni (crediti recuperati dal fallimento del Banco di Napoli). In casi di grave turbolenza o crisi in arrivo, un intervento statale in via precauzionale di questo tipo è contemplato dall’articolo 32, quarto comma, punto tre della direttiva sulle risoluzioni in Europa.
L’obiettivo del governo è evitare a tutti i costi il ricorso al regime del bail-in per risparmiare gli obbligazionisti e non perdere consensi in vista del voto cruciale dell’autunno sulle riforme costituzionali e su cui il premier Matteo Renzi si giocherà la faccia e la leadership del paese.
Dopo il referendum che ha sancito la Brexit “è aumentata la pressione sulle banche italiane”, come osserva Goldman Sachs in una nota. Con una lettera che ha influito negativamente sui corsi azionari dei titoli la settimana scorsa, la Bce ha chiesto che Mps smaltisca decine di miliardi di sofferenze in portafoglio e che vari un aumento di capitale. Ma i problemi non si fermano solo alla banca senese, l’istituto di credito più antico al mondo.
Goldman Sachs: Unicredit da comprare
Da settimane gli organi di stampa parlano della necessità di nuove iniezioni di capitale fresco per gli istituti di credito in maggiore difficoltà. Tra questi gruppi viene citato anche Unicredit, la prima banca per giro d’affari in Italia, che potrebbe avere bisogno di un rafforzamento patrimoniale di 5-6 miliardi. A questo proposito, secondo gli analisti americani è confortante tuttavia l’avvicendamento che c’è stato alla guida del gruppo e che apre nuove prospettive. È una delle ragioni, insieme ai prezzi di mercato convenienti, per cui il rating della banca è stato alzato da Goldman Sachs da Neutral a Buy.
Gli aumenti di capitale del settore bancario italiano, sempre secondo gli analisti della banca Usa, potrebbero essere anche di “profanazione governativa. Non è chiaro quale soluzione alla fine emergerà”. La carenza di capitale ammonterebbe, secondo i calcoli dell’istituto, a 40 miliardi di euro.
Goldman Sachs prova a fare qualche ipotesi, avvisando che “sebbene fortemente diluitivi queste ricapitalizzazioni non porterebbero i multipli a livelli strizzati. Questo vuol dire che potrebbe non esserci abbastanza capitale privato per risolvere il problema. Delle altre fonti, vediamo il bail-in come rischioso con ampi spazi per conseguenze non previste. Le banche grandi potrebbero riuscire a raccogliere capitale sul mercato, le banche più deboli necessitano invece di uno scudo”.
Il problema principale citato è arcinoto: le banche hanno in pancia più di 360 miliardi di sofferenze lorde.
“L’Italian Texas ratio delle banche italiane (il rapporto tra crediti deteriorati rispetto al totale, ndr) è tra i più alti in Europa, il che rende il capitale delle banche altamente sensibile alle assunzioni sulle coperture. La nostra analisi fissa alcuni scenari teorici: per il caso avverso, assumiamo tassi di sconto coerenti con i prezzi attuali degli Npl e un Cet1 al 12%. Questo cristallizza una necessità di suppletivi 27 miliardi per le banche che copriamo (e che diventano 38 miliardi per l’intero sistema), che diventano 14 (o 21 miliardi per il sistema) se assumiamo valori a metà tra i prezzi di transazione attuali e i valori di book delle banche”.
Mps, Banco Popolare e Pop Milano le più a rischio
Nello scenario peggiore individuato dagli analisti, le banche italiane avrebbero bisogno di 30 miliardi di euro di accantonamenti, che equivalgono al 70% delle esposizioni non performing (Npe): in questo scenario tutte le banche analizzate vedrebbero il proprio Cet1 scendere sotto la soglia limite che secondo Goldman Sachs è del 12%. Per riassestare il coefficiente patrimoniale servirebbero 27 miliardi, una cifra che salirebbe a 38 se la proporzione viene effettuata per l’intero sistema italiano.
In media l’impatto sugli asset ponderati per il rischio sarebbe del 3,2% con il danno minore per Unicredit (-1,4%) e Intesa Sanpaolo (-2,7%). A subire le conseguenze più gravi sarebbero Mps (-6,9%), Banco Popolare e Pop Milano. Per queste ultime due il taglio sugli asset ponderati per il rischio sarebbe del 5,8%. Anche sul fronte del tasso di solidità patrimoniale, il Cet1, la situazione è analoga: Unicredit e Intesa sono le più resilienti, mentre le altre tre sopra citate sarebbero quelle maggiormente a rischio.
Unicredit è stata promossa dagli analisti con prezzo obiettivo stabilito a 3,5 euro per altri due motivi, tuttavia: il già citato cambio alla cabina di regia e i prezzi di Borsa vantaggiosi.
- Innanzitutto il nuovo AD Jean Pierre Mustier, che viene da Societe Generale, ha annunciato la volontà di aumentare i livelli di capitalizzazione
- Inoltre, sebbene la banca sia ritenuta in grado di reperire tra i 6,7 e i 9,6 miliardi sul mercato per alzare il coefficiente patrimoniale al 12%, le valutazioni del titolo sono destinate a rimanere basse.
“Crediamo che la valutazione sia interessante anche adesso e quindi alziamo il giudizio da Neutral a Buy. L’effetto diluitivo è già nei prezzi, prova ne sia che la banca è la seconda più a conto sul p/e (rapporto tra prezzo di Borsa e stime sugli utili) 2017”.