Sembrava tutto fatto e invece i fondi Fortress e Elliott dicono di non voler più discutere con MPS sulla possibile cartolarizzazione dei crediti deteriorati dell’istituto di credito senese. I fondi si sono infatti ritirati dalle trattative e non compreranno più il portafoglio di sofferenze da 26 miliardi in pancia alla travagliata banca. È un duro colpo per i piani di risanamento e ricapitalizzazione dell’istituto senese.
Dalle indiscrezioni stampa odierne sembrava fosse vicino il momento fatidico in cui MPS avrebbe potuto dichiararsi definitivamente fuori pericolo: sembrava infatti imminente un’intesa sulla cartolarizzazione dei crediti deteriorati della banca, che avrebbe fatto da apripista alla ricapitalizzazione precauzionale pubblica e al ritorno in Borsa della banca più antica al mondo.
La decisione doveva venire presa, secondo Il Messaggero, al termine del vertice in corso oggi a Milano tra il fondo Atlante 2, gestito da Quaestio Sgr, i due fondi acquirenti e i due servicer, ossia Elliott-Fonspa e Fortress-Italfondiario. In ballo c’era una montagna di sofferenze del valore pari a 26 miliardi di euro, la cui cartolarizzazione doveva essere suddivisa in tre tranche, una “senior”, una “junior” e una “mezzanina”, a seconda delle reciproche taglie.
Ora Atlante rimane l’unico cavaliere potenziale. C’è una certa fretta per mandare in porto l’operazione, dal momento che il 28 giugno scadrà l’esclusiva. Le ultime indicazioni hanno gelato chi esprimeva un certo ottimismo. Il Cda di Mps aveva concesso a Quaestio Capital Management il periodo di esclusiva perché potesse valutare termini e condizioni della cartolarizzazione delle sofferenze da cedere.
Il Messaggero parlava oggi di una convergenza delle posizioni sul valore. “La cartolarizzazione dovrebbe avvenire mediante la sottoscrizione delle tranche junior e mezzanine per un importo di circa 1,7 miliardi, con Atlante II che dovrebbe avere la maggioranza; 13,3 miliardi della tranche senior dovrebbero essere collocati con la gacs sul mercato”.
Non si sa ancora cosa abbia fatto saltare l’intesa, proprio quando ormai sembrava cosa fatta. Il prezzo di vendita dei crediti alla spv, stando sempre a quanto riportato dal quotidiano, doveva “aggirarsi su 21-22 centesimi, che determinerebbe perdite compatibili con il patrimonio di Mps ante-ricapitalizzazione precauzionale”.
L’operazione di cartolarizzazione e smaltimento dei crediti deteriorati è necessaria per poter far scattare un aumento di capitali e fa parte del primo passo fondamentale del processo che porterà al ritorno di MPS in Borsa, previsto per il mese di luglio.
Il titolo Mps non scambia dal 22 dicembre dell’anno scorso, quando le contrattazioni sono state sospese dalla Consob, in area 15,08 euro per azione. Il 17 marzo di quest’anno è stata sancita l’uscita definitiva dall’indice delle blue chip della Borsa milanese. La notizia di oggi però ha avuto un impatto sugli altri titoli bancari che a un certo punto hanno anche spinto in rosso il listino milanese che con un colpo di reni sul finale è riuscito comunque a chiudere sopra la parità (+0,45%).
Secondo altre fonti citate da Reuters le valutazioni approfondite sul nodo dei crediti deteriorati sono attese entro il 21 giugno, con l’operazione sui crediti deteriorati che avrebbe dovuto chiudersi il 24. La Commissione Ue aveva dato il suo placet di principio al salvataggio pubblico precauzionale di MPS, ma a condizione che gli attori del settore privato prendessero l’impegno di rilevare la montagna di crediti deteriorati.
Quanto alla capitalizzazione precauzionale, sempre che questa avvenga, la somma dovrebbe essere confermata a 8,3 miliardi di euro.