MPS: le mosse segrete di Bank of New York e Bankitalia per scongiurare nazionalizzazione
SIENA (WSI) – “Nella botte vecchia sta il vino buono”, l’arcinoto proverbio non vale per tutti. Tra gli innumerevoli sotterfugi a cui Monte Paschi di Siena ha fatto ricorso per mascherare le perdite e scampare alla nazionalizzazione, questo e’ probabilmente il piu’ scandaloso: la banca piu’ antica del mondo ha evitato di ricorrere a un piano di salvataggio grazie al tacito aiuto della Banca d’Italia.
Lo scandalo e’ secondo solo a quello di due anni prima quando, sotto pressione per ottenere il via libera dai titolari di una obbligazione convertibile Fresh da quasi un miliardo che serve per pagare parte dell’acquisto di Antonveneta, l’istituto ha invece accettato di concedere all’emittente fiduciaria del titolo una garanzia “indemnity” che violerebbe gli accordi con Bankitalia.
Nell’estate del 2011, quando l’Europa stava lentamente implodendo e quando il numero uno della Bce era ancora Jean-Claude Trichet, e’ stata la Banca d’italia a mettere in salvo in gran segreto la terza banca d’Italia con un prestito da 2 miliardi di euro.
Un’operazione “classica”: cosi’ e’ stata definita da un alto funzionario di via Nazionale, sebbene essa non sia stata palesata nel bilancio della Banca centrale europea e nonostante non ci siano precedenti per il sistema finanziario nostrano.
“Bankitalia ha agito in perfetta autonomia”, ha detto Fabrizio Saccomanni, il vice presidente dell’istituto centrale, quando gli e’ stato chiesto un rendiconto circa l’operazione.
Una difesa che lascia aperti ancora tanti punti interrogativi da parte della Banca d’Italia, ritrovatasi al centro dello scandalo sui derivati emessi dall’istituto senese, in particolare per la mancanza di controlli effettuati e per la poca trasparenza mostrata durante la gestione Draghi.
Secondo i termini dell’accordo, MPS ha scambiato i prestiti e mutui in bond italiani. A quel punto i titoli di stato sono stati utilizzati per ottenere in cambio euro dalla Bce.
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Gdf: la garanzia segreta con Bank of NY per non perdere il Fresh
Di Silvia Aloisi e Stefano Bernabei
E’ il marzo del 2009 e Monte dei Paschi, sotto pressione per ottenere il via libera dai titolari di una obbligazione convertibile Fresh da quasi un miliardo che serve per pagare parte dell’acquisto di Antonveneta, accetta di concedere all’emittente fiduciaria del titolo una garanzia “indemnity” che violerebbe gli accordi con Bankitalia.
E’ quanto si legge in un documento degli investigatori, che in questo modo argomentano una delle ipotesi di reato segnalate alla Procura di Siena e che Reuters ha potuto visionare.
Il documento riservato di 28 pagine del Nucleo Speciale Polizia Valutaria – Gruppo Tutela Risparmio – della Guardia di Finanza di Roma è tecnicamente una Comunicazione di Notizia di Reato e ricostruisce cronologicamente i vari passaggi che dall’annuncio dell’acquisizione di Antonveneta di Mps di novembre 2007, passano attraverso la costruzione dei mezzi finanziari per pagare a Santander i 10 miliardi.
In questo passaggio si inserisce l’ipotesi accusatoria che il Fresh da 950 milioni, uno dei mezzi di finanziamento dell’operazione, autorizzato da Bankitalia a patto che rispettasse le caratteristiche di una emissione azionaria e solo così computabile nel capitale core di Mps, sia stato modificato per garantirne il collocamento nascondendo alla autorità di vigilanza quelle indemnity concesse.
Il Fresh è uno strumento allora inedito (la sigla sta per Floating Rate Equity-linked Subordinated Hybrid Preferred Securities) che consiste in titoli senza scadenza convertibili in azioni Mps che la banca americana J.P. Morgan emette per pagare l’aumento di capitale a lei riservato.
Questi titoli vengono venduti per JP Morgan da Bank of New York in qualità di emittente fiduciaria dell’operazione e li comprano investitori istituzionali, dopo che la Fondazione Mps ne ha già sottoscritto una quota del 50% circa per 490 milioni.
IL MALE MINORE
Il Nucleo speciale della Gdf, citando molte email scambiate tra dirigenti del Monte, sostiene che questa indemnity sia stata concessa pochi minuti prima di una assemblea dei titolari del Fresh, fatta nel marzo del 2009, dopo le pressioni della Bank of New York.
L’assemblea doveva votare le variazioni del regolamento dell’emissione che Mps aveva dovuto accettare per ottemperare alle richieste della Banca d’Italia, che subordinava la sua approvazione all’attuazione di queste modifiche.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, la Bank of New York avrebbe chiesto questa indemnity letter minacciando la sospensione dell’assemblea dei titolari del Fresh 2008 che doveva approvare quelle variazioni.
Il documento mostra che la banca americana aveva chiesto questa garanzia dopo che il fondo hedge Jabre Capital, aveva protestato per le modifiche imposte dalla Banca d’Italia.
Nel rapporto della Gdf si cita una e-mail del 12 marzo 2009 che l’allora responsabile tesoreria e capital market di Mps Massimo Molinari, invia a Raffaele Rizzi, ex responsabile legale della banca senese.
Molinari, secondo quanto riportato nella mail, dice di aver dato una “indemnity” a Bank of New York tre minuti prima che iniziasse l’assemblea, definendo la decisione come “il male minore”. Nel documento Bank of New York è citata con l’acronimo BoNY.
“Caro Raffaele, ti giro per cc l’indemnity che alla fine ho dato a BoNY. So che non eri d’accordo nello specifico ma alle 13:57 con l’assemblea alle 14:00 [dei titolari del FRESH] e gli obbligazionisti già arrivati, BoNY non cominciava se non si risolveva il punto”, dice Molinari secondo questa mail riportata nel documento della Gdf.
In questa mail Molinari critica il comportamento della banca americana dicendo che non è stato professionale.
“La necessità di indemnities ci è stata rappresentata solo dopo le lamentele di Jabre e non come pre-condizione per iniziare il processo assembleare, tenere in ‘ostaggio’ un’assemblea mi sembra un comportamento da ‘pirati’ e non da professionisti”, prosegue Molinari secondo la mail riportata.
E ancora, sempre Molinari: “Detto questo ho valutato […] che il male minore per BMPS [Monte dei Paschi] fosse rappresentato da una indemnity visto che non avrei potuto ri-ottenere il consenso degli obbligazionisti in una seconda occasione e andava chiuso tutto prima della nostra approvazione del bilancio”.
FORIERO DI GUAI
A questo punto è lo stesso Molinari che dà atto all’avvocato della banca di aver già valutato questa operazione del Fresh come una fonte di guai, ma che ormai questa indemnity non può peggiorare di molto le cose.
“Del resto sono convinto che aver dato ‘copertura’ al broker BoNY su chi ha votato no, e su Jabre non peggiori troppo la situazione di un’operazione che già consideri foriera di molti guai giuridici come l’altro Fresh”.
Reuters non ha visto il contenuto di questa cosiddetta ‘indemnity’ che secondo la Gdf e la Procura è stata mandata alla Bank of New York.
Bank of New York non commenta, così pure Jabre Capital e neppure JP Morgan.
Molinari finora non ha risposto a una mail di Reuters che gli chiedeva un commento e al telefono ha detto di rivolgersi all’area comunicazione della banca.
Rizzi non ha voluto fare commenti.
Monte dei Paschi aveva bisogno che il Fresh fosse collocato perché senza quel miliardo nel capitale core, non avrebbe avuto patrimonio sufficiente per ottenere dalla Banca d’Italia l’autorizzazione a comprare per 10 miliardi da Santander la banca Antonveneta.
Per gli investigatori, nelle conclusioni di quel rapporto inviato alla Procura, quella acquisizione coincide con “il lento e progressivo declino che dal novembre 2007 ha caratterizzato il prezzo dell’azione Mps”.
Dice Molinari chiudendo la mail che invia a Rizzi, secondo quanto riportato nel documento della Gdf:
“Dal mio punto di vista ti assicuro che non vedo l’ora che questa banca riesca ad avere una dotazione di capitale tale da non dover ricorrere a ‘costruzioni giuridico-finanziarie’ così innovative”.
La Banca d’Italia, basandosi sulle informazioni conclusive che ha ricevuto il 3 ottobre del 2008 dagli organi della banca senese preposti, il 27 ottobre del 2008 permette a Mps di inserire il Fresh 2008 tra gli strumenti di capitale di migliore qualità, alzando il livello patrimoniale sopra la soglia che le consente il via libera per comprare Antonveneta.
Secondo gli inquirenti quella clausola segreta avrebbe invece garantito il pagamento della cedola del Fresh – che avrebbe dovuto avere lo stesso rischio che ha la remunerazione di una azione – trasformando la natura di quello strumento da capitale in debito.
Non è chiaro comunque se la contestata indemnity sia poi stata in qualche modo esercitata.
La Fondazione Mps che ha sottoscritto 490 milioni di quel Fresh, nel 2001 lo registra in bilancio con una perdita di 376 milioni.
Una fonte che ha avuto una diretta conoscenza della materia esclude che la Fondazione abbia beneficiato di quella garanzia.
(Reuters Italia)