Oltre all’uscita graduale dello Stato dal capitale di Mps, istituto del quale ad oggi detiene circa il 70% del pacchetto azionario, la dismissione delle controllate estere e delle partecipzioni non strategiche, la commissione europea ha imposto un’altra clausola tra gli impegni assunti dalla banca senese nel piano di ristrutturazione: la vendita della collezione delle opere d’arte della Fondazione Montepaschi.
Le opere di artisti come Sano di Pietro, Pietro Lorenzetti, Francesco Bartoli e Andrea di Bartolo, ammontanti ad un valore di circa 121 milioni di euro, dovranno essere utilizzate per sanare la banca più antica del mondo (per chi fosse interessato, i tesori della collezione Montepaschi possono essere ammirati sul sito mps art punto it).
A creare stupore attorno alla presenza della clausola citata è il fatto che i soldi usati per salvare MPS siano stati quelli dei cittadini italiani, non fondi provenienti dai diversi Stati europei come invece accadde per salvare le banche tedesche dalla crisi del debito greco qualche tempo addietro (debiti che fruttarano alle banche tedesche la bellezza di oltre 1 miliardo di euro di interessi, che diventeranno 2 miliardi di euro alla fine del 2018), dove solo l’Italia versò nelle casse del fondo appositamente creato la bellezza di 63 miliardi di euro sotto il diktat della commissione europea, senza per altro proferire parole, altra cosa piena di stupore.
Quindi, in strema sintesi, come riporta anche il quotidiano Libero, non solo non abbiamo ricevuto un centesimo dell’UE per salvare la MPS, dobbiamo anche farlo come ci viene imposto.
Il governo italiano, da parte sua, sotto la guida del premier Paolo Gentiloni ha recepito l’ordine senza avanzare nessuna replica od opposizione.
Il rischio, ora, è quello di aver creato un precedente e di dare quindi adito ai prossimi creditori di poter fare il bello ed il cattivo tempo con i tesori italiani, richiedendo che questi vengano utilizzati per saldare debiti tra banche o in situazioni analoghe.