ROMA (WSI) – MPS vale circa mezzo miliardo di capitalizzazione, un decimo del valore previsto per l’aumento di capitale necessario per riportarla a galla. Ma la luce in fondo al tunnel ancora non si vede e non ci sono molti investitori disposti a scommettere sul salvataggio dell’istituto più antico al mondo.
Tuttavia qualora il premier Matteo Renzi riuscisse “a farsi rispettare dalla Bce, con una forma preventivamente concordata con l’Europa” ci sarebbe da essere ottimisti e “salveremo 26mila posti di lavoro” e la banca stessa, secondo i sindacati bancari italiani.
Il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, vuole una garanzia politica per Mps, il cui CdA si riunisce oggi. Su Mps “occorre una soluzione tempestiva, solidaristica e sociale”, dice Sileoni in un’intervista al Giornale.
“Nessuno deve essere lasciato per strada. Fabrizio Viola ha operato bene, ma non è stato messo in condizione di finire il lavoro. Marco Morelli è stato uno dei protagonisti della banca dei territori di Intesa, mi auguro che saprà recuperare il rapporto con famiglie e imprese, garantendo stabilità a Mps”.
Secondo il sindacato più importante del settore del credito italiano “la Bce deve capire una volta per tutte che non è in ballo l’Europa e che eventuali disoccupati sarebbero solo italiani. Al primo licenziamento bloccheremo il settore”.
Mps non è l’unico problema del comparto bancario italiano. La vendita delle nuove Banca Etruria e le altre banche regionali salvate facendo ricorso al regime del bail-in a cavallo tra il 2015 e il 2016 non è ancora andata in porto. Pare che Ubi Banca sia in prima fila, ma CariFerrara finirebbe spezzettata.
“Gli acquirenti vogliono spendere poco e non rischiare ripercussioni al loro interno. I lavoratori di CariFerrara saranno tutelati al pari di quelli delle altre tre banche “.
Il premier ha prima evidenziato e poi smentito la necessità di una forte cura dimagrante sul fronte occupazionale, chiede a Sileoni il giornalista Massimo Restelli. Lui risponde sminuendo la faccenda, dicendo che “Renzi ha smentito e per noi il discorso è chiuso”.
Detto questo rimane “indispensabile che le banche si riformino all’interno con un nuovo modello industriale che conquisti nuove professioni e attività uscendo dal perimetro creditizio. Solo così potranno aumentare i ricavi e saremo nelle condizioni di mantenere i livelli occupazionali“.
Anche Bankitalia e Bce chiedono le fusioni e il taglio dei costi, ma secondo il leader della sigla sindacale Federazione Autonomia dei Bancari Italiani “le aggregazioni non saranno rapide, tutt’altro; chi è al comando farà melina fino all’ultimo. I vertici degli istituti, Bcc comprese, dovrebbero decurtarsi lo stipendio del 30%, come ha fatto il governatore Ignazio Visco. Anticipo che se nel nuovo Banco-Bpm ci saranno consiglieri vicini alla nostra organizzazione, il 50% del loro stipendio sarà devoluto al welfare aziendale”.