In un’operazione di moralizzazione e trasparenza, l’Abi prima e il Tesoro poi hanno proposto di rendere pubblici i nomi degli investitori e dei dirigenti che con le loro azioni e la loro gestione hanno danneggiato i risparmiatori delle banche salvate con i soldi pubblici. Si tratterebbe di una sorta di blacklist dei cattivi debitori.
Secondo le ultime indiscrezioni stampa stanno per essere resi noti i nominativi di circa 5.000 super ricchi che hanno preso molti soldi da Mps senza poi restituirli, contribuendo così al crac finanziario della terza banca d’Italia. Questi ultimi erano infatti debitori del 70% circa dei prestiti erogati da Mps.
Il ministro dell’Economia ha in questi giorni invocato un’operazione trasparenza di moralizzazione dopo il salvataggio di Mps e di altre banche italiane in difficoltà. Il governo Gentiloni si è infatti detto d’accordo con la proposta del presidente dell’ABI di rendere noti i debitori delle banche salvate con soldi pubblici. Il piano viene giudicato “eticamente giusto”.
Lo ha detto al quotidiano Il Mattino il sottosegretario al Tesoro Pier Paolo Baretta, secondo cui l’operazione sponsorizzata da Antonio Patuelli manderebbe “un segnale di moralizzazione che va raccolto e approfondito”.
La decisione spetterebbe al Parlamento. Il sottosegretario ha assicurato che in aula la discussione si terrà e che in Parlamento “c’è già la proposta di istituire una commissione d’indagine sullo stesso argomento che noi pensiamo possa essere decisiva per accrescere la trasparenza e la chiarezza sull’operato delle banche”.
“Spropositato privare di garanzie i cittadini”
Fare i nomi di investitori e amministratori che “hanno delle responsabilità per avere condotto le loro banche in questi anni e averle gestite spesso in modo tale da danneggiare i risparmiatori” non è però una proposta di facile realizzazione, “perché un intervento legislativo agirebbe direttamente su una situazione di mercato e la cosa potrebbe creare più di un dubbio”.
Presenta inoltre delle insidie dal punto di vista etico e della privacy, come puntualizzato dal Garante della Privacy che dice di fare una distinzione tra persone giuridiche e singoli cittadini. “Sarebbe sicuramente spropositato privare della garanzia della riservatezza ogni cittadino che si rivolga a una banca per chiedere un semplice prestito”, afferma in una nota Antonello Soro, presidente dell’Autorità di garanzia.
In caso di persone fisiche che chiedono un prestito, “la legge – in primo luogo attraverso il segreto bancario – tutela la legittima aspettativa di riservatezza, che ciascuno deve poter avere nel momento in cui richiede e ottiene un prestito”, spiega. “Nell’ipotesi in cui si volesse derogare a questa legittima aspettativa, un’eventuale modifica legislativa non dovrebbe comunque contrastare con la disciplina europea a tutela della riservatezza e dovrebbe circoscrivere adeguatamente l’eccezionalità dei presupposti per determinare la deroga”.