La situazione dei mutui non sta affatto migliorando. Secondo i dati di FABI, Federazione Autonoma Bancari Italiani, il peso della rata del mutuo è aumentato notevolmente, in particolar modo in alcune regioni italiane. Parliamo di aumenti intorno al 6%-6,25%, mentre nel migliore dei casi i rincari più bassi arrivano al 4%.
Buona parte di questi rialzi può essere giustificata dal ricalcolo della valutazione rischi delle banche, e anche dall’inflazione generalizzata. Va detto però che a soffrire di più sono in particolare i mutuatari da tasso variabile. Questo tipo di tasso non ha conosciuto tregua dall’inizio della stagione dei rialzi dei tassi BCE, e da mesi si sentono gli effetti di un Euribor aumentato di 450 punti nel corso di oltre un anno.
Mutui alle stelle in Calabria e Molise: i dati di FABI
Tra Nord e Sud il divario sui mutui è sempre più evidente. Stando all’ultimo report di FABI, nelle regioni meridionali si registrano le condizioni peggiori per le famiglie che chiedono un mutuo. Si va dal 6% per i tassi medi registrati in Sicilia e Campania, fino al 6,23% registrato nelle province calabresi, addirittura il 6,25% in quelle molisane. La città col caro mutui più pesante risulta Catanzaro: “per un finanziamento da 150.000 euro della durata di 25 anni, si paga una rata mensile di 1.000 euro, ben 200 euro in più rispetto agli 800 euro che si pagano a Bologna.”
Precisiamo che i dati in questione si riferiscono ai prestiti a tasso fisso, comunque più convenienti in questo periodo rispetto al variabile. Anche se il mercato ritiene che il livello del costo del denaro sia vicino al picco. Ci sarà un periodo di “blocco” dei tassi, che culminerà con l’inizio della discesa, lenta ma sufficiente a ristabilire i tassi entro limiti congeniali per richiedere il variabile. Fino al 2022, proprio il variabile vantava un tasso medio intorno allo 0,63%, contro il fisso che arrivava intorno al 1%. Per la banca diventerebbe sconveniente erogare un prestito o mutuo con interessi bassi.
Ovviamente questo è quanto già accaduto in passato. La stessa FABI cita l’inversione della curva dei tassi verificatasi nel 2008, nel periodo della crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti e del fallimento della Lehman Brothers, e prima ancora le recessioni del 1990 e del 2001. Tutti casi in cui i tassi sono aumentati, stabilizzati e poi riabbassati. Per rimanere sul sicuro, converrà controllare l’andamento dei vari tipi di interessi: l’Euribor, utilizzato per i mutui a tasso variabile, e l’Irs (interest rate swap) per quelli a tasso fisso.
Al Nord i tassi sono più contenuti
Se a Catanzaro e in generale nel Meridione il tasso medio gravita attorno al 6%, nel caso delle regioni più a Nord si registra un tasso più contenuto. Sempre FABI segnala ben sei le regioni con il tasso d’interesse medio sui prestiti immobiliari inferiore al 5%:
- Piemonte (4,68%),
- Valle d’Aosta (4,55%),
- Friuli-Venezia Giulia (4,50%),
- Lombardia (4,48%),
- Lazio (4,24%),
- Emilia-Romagna (4.03%).
Sopra quella cifra, si va dal Trentino Alto Adige (5,09%) fino alla Liguria (5,57%). Nella parte che va dal 5,5% al 6%, sono tutte regioni del Sud. Andando a vedere le rate al mese, nonostante i tassi regionali convenienti, in molte città il costo è esorbitante: si va dai 821 euro al mese per Roma fino ai 859 euro di Torino. Milano sta in mezzo, con 841 euro al mese. Caso a parte è Firenze, con 906 euro al mese, mentre rientra nella percentuale regionale la rata di Napoli, attorno ai 980 euro al mese.
Motivo di questo discrimine tra Sud e Nord è anche nei fattori di rischio presi in considerazione dalle banche, commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni:
“Pesano, in particolare, i fattori di rischio presi in considerazione dagli istituti di credito nel momento in cui devono calcolare le condizioni per ciascun contratto di prestito, che possono variare sulla base dei territori. Nel Mezzogiorno, in linea di massima, i tassi sono più alti. Perché nelle regioni meridionali del Paese le economie sono più deboli, ci sono più fallimenti di imprese, l’occupazione è meno stabile e vi sono più famiglie in difficoltà con le scadenze dei pagamenti. Per tutte queste ragioni un mutuo per comprare casa è molto più caro al Sud rispetto al resto d’Italia.”
Il tasso variabile sempre più in alto
La situazione odierna dei tassi è regolare e atipica al tempo stesso. In genere più alti i tassi Irs a lungo termine, come sono ora, si è notato invece come gli Euribor a breve termine risultano ancora più elevati dei tassi Irs di lungo periodo. Ciò significa che, oggi, un mutuo a tasso variabile costa più che uno a tasso fisso. E questo nonostante il tasso fisso inglobi di per sé il costo dell’assicurazione per la banca sulle oscillazioni dei tassi. Una spiegazione può essere nel fatto che il mercato stia prevedendo una durata minore di questa stagione dei tassi alti.
Anche perché l’inflazione non è da eccesso di domanda, ma da difficoltà dell’offerta di venire incontro ad una domanda “rinata” dal lockdown. “Si prevede quindi un’inversione nella curva dei tassi a breve nel futuro prossimo che già è scontata nei tassi fissi.“, si legge nel report. Nonostante l’ottimismo dietro queste parole, Sileoni teme che ancora non sia finita:
“[…] dopo l’ultimo ritocco di settembre, quando il tasso base è aumentato di 25 punti e portato al 4,5% con il decimo rialzo in 14 mesi, molti osservatori hanno pensato che fosse l’ultimo. Tuttavia, proprio ieri la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha gelato tutti dicendo che i rialzi non cesseranno finché l’inflazione non calerà e tornerà verso il 2%. Insomma, la corsa al rialzo, purtroppo, potrebbe non essere finita.”