L’acquisto di una sede produttiva richiede specializzazione. Non è possibile affidarsi solo alla propria esperienza e all’analisi delle proposte di vendita presenti sul mercato. In questo caso, ripreso da Wall Street Magazine pubblicato a dicembre 2017, viene analizzata la situazione di un’impresa artigianale alla ricerca di un immobile d’impresa più ampio per soddisfare l’aumentata richiesta dei suoi prodotti
Il Signor Claudio è un giovane artigiano che, insieme al fratello Giovanni, sta ottenendo importanti successi nella vendita dei suoi prodotti nei mercati internazionali, prevalentemente asiatici, dove è particolarmente apprezzata la manifattura e lo stile mentre la tecnologia, invisibile all’utente finale e prodotta da terzi, viene assemblata nel loro laboratorio.
Sono già diversi mesi che i fratelli considerano l’idea di trasferire l’azienda: il piccolo spazio a disposizione non riesce più a far fronte ai volumi della produzione e ai correnti standard di logistica. Un nuovo spazio diventa pertanto una condizione necessaria per la crescita.
Per l’azienda è un passo importante, in quanto l’immobile è una componente sostanziale della qualità nel suo complesso. Il bisogno dei due artigiani è abbastanza chiaro ma come realizzarlo per i due fratelli non è così semplice perché le loro competenze ed esperienze sono fortemente focalizzate sul prodotto.
L’immobile adatto
Claudio è alla guida dell’auto quando vede un cartello “Vendesi” affisso sulla recinzione di un complesso immobiliare che riconosce essere quello già sede di un’importante multinazionale concorrente, di recente trasferitasi altrove.
A prima vista sembra un po’ più grande del necessario ma, considerati i trend di crescita del giro d’affari degli ultimi anni e la prossimità merceologica produttiva del concorrente, immagina che gli interventi di adattamento debbano essere minimi. Claudio annota il numero di telefono e chiama l’agente incaricato della vendita il quale descrive la proprietà e dichiara un prezzo di vendita di 1,008 milioni di euro. Siamo alla fine di dicembre e per i fratelli l’affare si deve chiudere in breve tempo, anche perché l’opportunità appare ai loro occhi davvero interessante e conveniente. Per questa ragione chiamano immediatamente il loro private banker per informarlo della necessità di smobilizzare un milione di euro per far fronte all’acquisto. Si tratta di una cifra che non incide significativamente sul loro monte complessivo di attività finanziarie ma per i due fratelli acquistare l’immobile è un investimento, in altri termini una modifica dell’asset allocation del proprio risparmio.
La perizia sul valore dell’immobile
Il banker si rivolge al servizio di consulenza specializzato nel real estate del suo gruppo, più che altro preoccupato della minaccia di perdita delle masse che verranno investite nell’immobile e che, tuttalpiù, cercherà di contrastare con un finanziamento. Chiede se ci siano altre argomentazioni utili a scoraggiare l’investimento.
La prima risposta è quella di comprendere meglio quali sono le caratteristiche dell’affare proposto. Viene quindi chiesto al banker di raccogliere tutte le informazioni fornite dalla parte venditrice. Emerge che la vendita è curata da un primario broker internazionale che agisce secondo la consuetudine anglosassone, pertanto senza percepire commissioni d’intermediazione dalla parte acquirente ma solo dalla parte venditrice, la casa madre americana del gruppo industriale, che ha conferito il mandato.
La documentazione rappresenta un complesso immobiliare edificato a metà degli anni settanta di circa 1.800 mq, insistente su un’area di circa 5.600 mq, composto da ca. 1.200 mq di capannoni, 200 mq di uffici, 300 di residenza e altre funzioni minori. Viene dichiarata anche una volumetria residua da realizzare nello stesso lotto su cui insiste l’immobile e il prezzo viene definito a corpo.
Viene proposta al cliente l’idea di eseguire una perizia di parte a supporto del negoziato. Sebbene la parte venditrice sia rappresentata da un leader mondiale che segue standard riconosciuti, è sempre possibile che qualcosa sfugga e per questo al cliente viene affiancata una società di advisory professionale nel settore delle valutazioni, con competenze distintive ed estranee all’attività d’intermediazione. Il cliente condivide il metodo e apprezza l’immediato ingaggio del consulente che sviluppa il lavoro nel mese di agosto e alla fine produce una relazione con valore finale dell’immobile di poco superiore a 600 mila euro, evidenziando una differenza fra prezzo richiesto e valore stimato del 67% circa.
La distanza fra i due valori è molto grande. Peraltro siamo di fronte a due consulenti di primario standing, sicuramente comparabili per metodo di lavoro.
Perché i risultati sono così distanti?
La base dati utilizzata dai consulenti per effettuare le perizie era la stessa per quanto attiene alle consistenze, così come i parametri di mercato desunti dall’indagine sul campo.
Scorrendo la relazione di valutazione emergono due elementi fondamentali:
a) l’indagine urbanistica presso il comune rilevava difficoltà circa la certezza di poter usufruire realmente della citata volumetria residua, ovvero il beneficio di quella facoltà avrebbe reso necessario un intervento impattante sul manufatto esistente;
b) ben più grave, veniva indugiato il rischio di passività ambientale nei suoli in ragione dell’impianto con trattamento galvanico nel ciclo produttivo preesistente.
I risultati della valutazione vengono presentati al cliente che, sentendosi insicuro nella gestione del negoziato, chiede di essere affiancato nei rapporti con l’agente del venditore. Escludendo ogni coinvolgimento formale nell’affare in corso, la banca offre al cliente delle valutazioni di opportunità durante il percorso che porteranno alla conclusione dell’affare.
Una trattativa complicata
L’agente informa la proprietà delle considerazioni espresse nella valutazione, la quale risponde di non essere interessata a entrare nel merito degli iter immobiliari connessi alla futura valorizzazione e richiama il suo interesse primario di alienazione dell’asset nelle condizioni di fatto e di diritto esistenti. Dichiara infine la disponibilità alla riduzione del prezzo richiesto nella misura massima di 100 mila euro, pari all’incirca al 10% di sconto sul prezzo iniziale.Per l’acquirente il punto cruciale consisteva tuttavia nella possibilità di utilizzare immediatamente l’immobile e, a tal proposito, il rischio di passività ambientale assumeva particolare valore, tale da indurre alla rinuncia dell’acquisto, mentre la valutazione del beneficio della volumetria residua restava sullo sfondo, perdendo di peso nel negoziato.
La banca suggerisce al cliente di proporre al venditore di affidare un mandato congiunto a una società specializzata per la valutazione del rischio ambientale effettuando opportuni carotaggi dei terreni e determinando il reale stato dell’arte, oltre a chiedere alla parte venditrice di esplicitare nel contratto definitivo di compravendita l’assunzione di responsabilità per un’eventuale passività ambientale riscontrata successivamente al rogito e imputabile all’attività preesistente. Il venditore, tramite l’agente, nega tali richieste e la trattativa si blocca, sin quasi a rottura. A questo punto la banca chiama l’advisor che ha effettuato la valutazione per capire, insieme al cliente, l’entità del rischio stimato circa la passività ambientale. Inoltre propone al cliente di effettuare comunque la due diligence ambientale per assicurarsi la certezza di utilizzo del bene dopo l’acquisto. Le considerazioni fatte insieme all’advisor sono tranquillizzanti e quindi il cliente decide di non avvalersi della due diligence ambientale, accettando di assumere totalmente a proprio carico lo specifico rischio.
Tutto ciò deve però essere tradotto negozialmente con la parte venditrice. Alla fine la trattativa si concluderà in tempi brevi e la parte venditrice accetterà di cedere l’immobile a 750 mila euro. La definizione di questo affare è stato motivo di soddisfazione per il cliente e ha avuto echi nella comunità imprenditoriale del distretto produttivo dove la disponibilità nel private banking del gruppo bancario di un servizio di consulenza specializzato sul real estate è stato motivo di accensione di nuove relazioni commerciali.
Il servizio appare come un anello di congiunzione fondamentale fra i bisogni del cliente, della famiglia e in questo caso dell’impresa, determinando maggiore conoscenza e presidio della relazione. Il coordinamento dell’attività all’interno della banca e la selezione dei partner più indicati garantisce l’indipendenza della prestazione. Non ultimo anche gli operatori di mercato traggono vantaggio dal servizio di consulenza svolto dalla banca che mantiene il dialogo in un quadro di alta professionalità.
L’articolo è tratto dal numero di dicembre del magazine Wall Street Italia