ROMA (WSI) – La vera rivoluzione è impedire l’evasione, non rincorrerla. Le stime dicono che ogni anno vengono sottratti al Fisco 120 miliardi di euro, e noi ne recuperiamo 12 o 13. Ma il vero problema è che ci sono quasi 600 miliardi di accertamenti relativi agli anni passati, affidati alla riscossione di Equitalia, che non si riusciranno mai ad incassare. Dovremmo smettere di inseguirli, e concentrarci sull’evasione che si crea ogni anno. Colmare il divario tra quei 120 miliardi e i 13 che incassiamo».
Rossella Orlandi, 57 anni, occupa da poche settimane lo studio all’ottavo piano della sede dell’Agenzia delle Entrate che fu di Attilio Befera. Una carriera tutta nell’amministrazione finanziaria, cominciata a 24 anni, appena laureata, vincendo il concorso. «Ho dedicato tutta la mia vita a questo lavoro. Darò il massimo», promette. Anche questa sera, ci dice, resterà in ufficio fino alle 10 di sera e, uscendo, spegnerà la luce. Un misto di ideali e pragmatismo con tanta voglia di migliorare i risultati ottenuti nel recente passato.
È per questo che nel suo primo Atto di indirizzo agli ispettori fiscali ha chiesto di far partire le verifiche dal 2012, lasciando perdere il passato?
«I tempi di prescrizione dei reati fiscali sono stretti, e questo induce a concentrare gli accertamenti sulle annualità più vecchie, quelle sulle quali, dopo un certo tempo, non sarà possibile il recupero. Ma lavorare sul passato comporta dei rischi, compreso quello di chiedere soldi ad aziende che nel frattempo sono fallite. Servirebbero anche dei termini di prescrizione un po’ più lunghi»
Il Parlamento sta mettendo a punto il decreto attuativo della delega fiscale sulle semplificazioni, con un forte alleggerimento degli adempimenti delle imprese, anche negli appalti. Che ne pensa?
«Che ci vuole attenzione. Negli appalti pubblici, soprattutto dove c’è un forte impiego di manodopera, ci sono dei meccanismi da tenere d’occhio. Quando le imprese offrono prezzi che non coprono neanche il costo del lavoro, qualcosa non va. Molte imprese aprono, prendono un appalto, incassano, fanno il lavoro, ma non pagano tasse e contributi, poi chiudono. E magari riaprono con un altro nome pochi giorni dopo. Questo è un fenomeno gravissimo, perché oltre all’evasione fiscale, c’è un danno enorme alla libera concorrenza. Può pure andare bene eliminare la responsabilità solidale degli appaltatori sulle ritenute previdenziali, ma ci deve essere un sistema con il quale l’Inps mi dice, attenzione, la ditta “X” il mese scorso non ha pagato i contributi. Così posso intervenire in tempo, posso chiedere informazioni, mandare un «sms» per ricordare una scadenza non onorata. Così si aumenta la “compliance” cioè l’adesione al Fisco e si restringe l’area di evasione grave, la si individua meglio e vi si possono concentrare le risorse dell’Agenzia».
Caccia ai pesci grossi, dunque?
«Io dico che l’azione dell’Agenzia deve essere proporzionale, e che questa proporzionalità deve basarsi sui dati reali, usando molta cautela nell’utilizzo delle presunzioni, che devono trovare riscontro nella reale situazione e capacità contributiva dei soggetti controllati».
L’accertamento è anche un fatto di buon senso?
«Sicuramente. Serve più prevenzione, ma anche mano più dura con chi insiste nei comportamenti fraudolenti. Non è che ogni volta noi dobbiamo comminare la sanzione minima: un conto è l’errore formale, un conto la frode reiterata».
Finora la strategia dell’evasione ha puntato molto sulla riscossione, cioè sulla vostra controllata Equitalia. Lei ne sarà presidente, come lo era il suo predecessore, Attilio Befera?
«No, perché per me è opportuno che ci sia una netta separazione dei ruoli. Equitalia riscuote per noi ed altri 15 mila enti, dai Comuni ai consorzi idrici. I problemi della riscossione non vengono certo da noi che forniamo dati puliti».
L’Agenzia ha forze sufficienti?
«Se si vuole sconfiggere l’evasione puntando al recupero del passato servirebbero molti più dipendenti. Piacerebbe anche a me recuperare 50 miliardi l’anno, ma non ho questa possibilità. Per questo dobbiamo concentrarci sulla “compliance”, con un cambio di passo nei rapporti con il cittadino. Per fare questo basta che ci assicurino il turnover del personale, adesso abbiamo il 50%, e vogliono abbassarlo al 20%. Ma attenzione, perché noi facciamo un mare di cose. Per dire, gestiamo anche il canone Rai…»
La tassa più evasa di tutte…
«Per forza. L’evasione è così alta perché io fino a 2 mila euro di debito non posso fare nessuna azione esecutiva. Mando un avviso, e se il contribuente è una persona per bene paga, altrimenti no, e non posso farci niente. Le norme con cui gestiamo il canone sono di un Regio decreto del ‘38, quando la Rai ancora non c’era, e nessuno ha mai voluto cambiarle».
Il blocco delle azioni coatte sui piccoli debiti fiscali è stata una decisione politica.
«Una specie di sanatoria di massa… La politica ha deciso così perché c’era la crisi. Noi applichiamo le leggi, non facciamo politica. Forse in passato c’è stato un eccesso di protagonismo, ma io sono un funzionario dello Stato. Mi hanno insegnato che quando un funzionario prende una responsabilità non deve mettersi il pennacchio. Applichiamo le leggi. E segnaliamo le cose che non vanno, questo sì».
L’anno prossimo ci sarà il debutto della dichiarazione dei redditi precompilata.
«Una rivoluzione per quasi 20 milioni di contribuenti. Molte di queste dichiarazioni, un quarto, non dovranno neanche essere integrate. Le altre possono essere perfezionate, come ad esempio con il conteggio delle detrazioni, ricorrendo agli intermediari. Con una novità, però, perché saranno i Caf, i commercialisti che fanno quelle dichiarazioni a rispondere degli eventuali errori. Molti italiani saranno finalmente liberi dalle tasse».
Abbassare l’uso del contante ridurrebbe l’evasione?
«Questo è dimostrato da tantissimi studi. All’estero si paga con la carta anche il caffè, ma all’estero non è che tutti gli oneri della moneta elettronica siano in carico ai commercianti, come da noi».
Esiste ancora il segreto bancario in Italia?
«No. Le indagini patrimoniali e finanziarie si possono fare. La collaborazione internazionale sull’evasione è diventata molto forte ed in ambito europeo resistono solo poche nicchie, per poco tempo. Se la Svizzera dovesse firmare l’accordo di cooperazione con il governo italiano, avremmo chiuso il buco».
La voluntary disclosure funzionerà? Si dice che potrà riguardare anche attività italiane. Non sarebbe un condono mascherato?
«Mi pare che il provvedimento all’esame del Parlamento, che comunque prevede il pagamento integrale delle imposte dovute sulle annualità pregresse, offra garanzie sufficienti. Senza contare che quel provvedimento verrebbe finalmente introdotto anche il reato di autoriciclaggio, una misura attesa da tempo».
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