Gran volatilita’ a Wall Street. Dopo una partenza pessima, l’appuntamento con le scadenza tecniche si sta risolvendo a favore delle call e non delle put, quindi gli indici hanno preso con decisione la via dei rialzi. A sorpresa i titoli dei big bancari accelerano il doppio rispetto al mercato, pur dopo ok del Senato alla riforma finanziaria, che si prevede provochi flessione del 20% dei profitti.
Il Dow guadagna lo 0.98% a quota 10166.94, il Nasdaq l’1.53% in area 2237.81 e l’S&P 500 sale dell’1.5% a 1087.70 punti, sui massimi di seduta.
Ieri Wall Street ha accusato il calo piu’ marcato dell’anno e anche i futures in mattinata non facevano presagire nulla di buono. Gli indici hanno dato il via alle contrattazioni scivolando in meno di un quarto d’ora sotto i livelli del “flash crash” di giovedi’ 6 maggio e in calo -11% dal top di aprile, cioe’ sempre piu’ in territorio daa mercato orso.
Ma, proprio per questo motivo tecnico, parte delle nubi minacciose che avevano oscurato i cieli dei mercati si sono allontanate. Da quel momento, sfondato il minimo del 6 maggio, le azioni hanno iniziato il rimbalzo, favorito dalle scandenze tecniche sul mercato options a Chicago.
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Dopo aver perso oltre 100 punti nelle prime battute, il paniere delle blue chip si e’ ben presto ripreso, spingendosi in territorio positivo. Tra i titoli piu’ presi di mira dai ribassisti figurano General Electric, DuPont e Cisco. Le banche scambiano invece in buon rialzo, a sorpresa dopo l’approvazione al Senato della riforma di Wall Street. Secondo le stime degli analisti interpellati dal Wall Street Journal, le nuove misure potrebbero provocare un calo del 20% dei profitti delle big della finanza americana. Incuranti delle cupe previsioni, Bank of America e JP Morgan mettono a segno forti rialzi.
Wall Street e’ formalmente entrata in una fase di correzione ieri, con tutti e tre gli indici borsistici principali che hanno toccato un -10% rispetto ai massimi di aprile. Il mercato rimane comunque molto nervoso, a causa delle preoccupazioni per gli sviluppi della crisi del debito sovrano europeo. L’indice di volatilita’ CBOE, ritenuto uno degli indicatori piu’ attendibili per misurare la paura dei mercati, e’ schizzato sopra quota 47, prima di ritracciare lievemente in area 45.
Ad aggiungere altro pepe alla seduta la scadenza al suono della campanella delle opzioni con consegna maggio su alcuni titoli e alcune azioni. Il tasso che le banche dicono di pagare per i prestiti a tre mesi in dollari e’ salito ai massimi di dieci mesi, spinto dai timori circa il rischio di controparte e circa gli effetti della nuova riforma del sistema finanziario, mentre la crisi greca ha alimentato la riluttanza degli istituti a concedere prestiti.
L’euro nel frattempo, dopo essere salito sui massimi di una settimana sul dollaro a quota $1.2672, da allora ha rallentato il passo ed e’ ritornato sui livelli di $1.2525, dove viaggia con un rialzo dello 0.3%. Ai livelli attuali, la moneta unica e’ in progresso di circa l’1.2% in settimana. Tutto cio’ e’ il risultato dei guadagni messi a segno nella seconda parte dell’ottava. Mercoledi’ la valuta europea ha infatti toccato i minimi di 52 settimane. Il rally e’ stato in gran parte alimentato dalle vendite short, con i trader intenti a coprire le posizioni sulle speculazioni che la Banca centrale europea potrebbe intervenire per aiutare la valuta.
Giovedi’ il Dow Jones ha ceduto il 3.6% a 10068.01 punti, l’S&P il 3.9% a 1071.59, mentre il Nasdaq lascia sul campo il 4.11% a 2204.01. Il paniere delle blue chip e’ arrivato a toccare punte di ribasso proprio sul finale, fattore che e’ stato attribuito anche alla fuga in massa verso i Titoli di Stato Usa, considerati l’asset piu’ sicuro in tempi di turbolenza. Il prezzo dei bond e’ schizzato e il rendimento sul decennale del Tesoro Usa e’ scase a 3.2%, minimo dell’anno, con aumento del nervosismo tra i gestori sull’azionario.
Tutte e 30 le componenti del DJIA hanno perso quota, a cominciare da Caterpillar, Alcoa e General Electric (i colossi americani che esportano in Europa penalizzati da un euro debole e dal dollaro forte), che hanno accusato cali compresi tra -4% e -6%. Per il benchmark si e’ verificata una rara evenienza negativa, con 497 delle 500 azioni dell’indice in ribasso (per tutti i dettagli: leggere articolo borsa Usa di giovedi).
L’S&P 500 – ma anche gli altri due maggiori indici azionari – e’ ora entrato in una fase “formale” di correzione, in calo di quasi -11% dai massimi del 23 aprile scorso. Il paniere allargato ha inoltre bucato la media mobile di 200 giorni, secondo la maggior parte dei sistemi di analisi tecnica, un chiaro segnale di “sell” a lungo termine, poiche’ la curva e’ passata da ascendente a discendente (e uno dei concetti di base dell’AT).
Stessa sorte e’ toccata ai fratelli Dow Jones Industrials e Nasdaq Composite, che hanno accusato ambedue flessioni di circa il 10% dai massimi di aprile. Alcuni comparti poi risultano in caduta libera come i finanziari, gli energetici e i materiali, crollati ciascuno -15% dal recente top di un mese fa.
Il Senato americano intanto ha approvato la riforma sanitaria voluta da Obama, che secondo i repubblicani, potrebbe essere un deterrente per la crescita dell’economia Usa, mentre nelle intenzioni del presidente Obama dovrebbe finalmente mettere a freno le maggiori anomalie e macroscopi inefficienze del sistema bancario e finanziario che hanno portato al crash e alla recessione del 2008. Si tratta della piu’ importante riforma finanziaria (adesso andra’ per l’approvazione alla Camera) in America dai tempi della Grande Depressione negli anni ’30.
Nella giornata odierna non si segnalano dati macroeconomici. Si guardera’ all’Ecofin, dopo l’ok del parlamento tedesco a sborsare la sua parte di aiuti del piano per aiutare la Grecia.