16:26 mercoledì 10 Febbraio 2016

Amundi, il punto sul caos che sta colpendo i mercati finanziari

ROMA (WSI) – Parla Philippe Ithurbide, responsabile globale della divisione di ricerca di strategia e analisi presso Amundi. Alla domanda se sia legittimo aver paura dei mercati, l’esperto risponde:

“La scorsa estate, il meccanismo è venuto meno all’improvviso. I mercati finanziari sono diventati lugubri, così come ogni cosa ha assunto un’interpretazione pessimista. Come si è giunti a questo punto? Dobbiamo rivedere significativamente le nostre previsioni economiche e finanziarie?”

1. Perché la caduta dei prezzi del petrolio fa così paura?

“Indebolisce i paesi produttori di petrolio, mettendoli in una vulnerabile e probabilmente estrema posizione di difficoltà. Crea preoccupazione per le società del settore energetico (si pensi agli High Yield negli Stati Uniti), facendole cadere in default do in bancarotta, con implicazioni che potrebbero interessare le banche. Ha impatti per alcune riserve di fondi sovrani (generalmente fondi petroliferi), che potrebbero dismettere i propri portafogli in modo tale da avere nuovamente liquidità governativa. Non dobbiamo dimenticare che nel caso del petrolio, i due terzi della caduta sono legati all’offerta. È difficile prevedere se le decisioni che saranno prese in futuro mireranno ad un taglio della produzione del petrolio. Il prossimo incontro ufficiale dell’OPEC non sarà prima della fine di giugno, e il timore che i prezzi del petrolio rimarranno in caduta libera fino a quel momento, è predominante, con ripercussione per i paesi produttori di petrolio, le aziende del settore e le banche”.

2. Perché le banche centrali non sono in grado di rassicurare i mercati finanziari?

“Le banche centrali sembrano aver perso la capacità di intervento, e non hanno più la stessa credibilità del passato. La Banca del Giappone ha adottato un tasso di interesse negativo per i nuovi fondi depositati dalle banche presso la banca centrale, riconoscendo implicitamente che il Quantitative and Qualitative Monetary Easing (QQE) non è stato efficace. La BCE ha dichiarato che rivedrà la propria politica monetaria, dati i ‘nuovi’  Nel frattempo, in assenza di inflazione e in presenza di un calo della crescita (il PIL è cresciuto solo dello 0,7% nell’ultimo trimestre del 2015), la Fed avrà difficoltà a perseguire attivamente qualsiasi tipo di politica monetaria restrittiva (tightening).

3. Perché la Cina è ancora fonte di preoccupazione per i mercati finanziari?

“La Cina rappresenta innegabilmente il più grande rischio sistemico, e gli eventi degli ultimi mesi (deprezzamento dello yuan, chiusura temporanea dei mercati azionari ad agosto e a gennaio) hanno alimentato agitazione. Riteniamo che questa paura sia eccessiva: il rallentamento economico cinese non è una novità, e il paese non svaluterà lo yuan. Inoltre, dalla scorsa estate, la Cina ha gestito con successo il valore dello yuan, che rimane dunque stabile. Infine, all’orizzonte non vi è alcun atterraggio (o schianto) difficoltoso”.

4. Dovremmo essere preoccupati per la recessione negli Stati Uniti?

“Abbiamo detto più volte che il consenso di mercato è stato troppo ottimista, e al momento stiamo rivedendo completamente le previsioni. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, non dobbiamo dimenticare che il consumo (che rappresenta più del 70% del PIL ) continua a tener bene e che c’è una grande differenza tra il settore dei servizi (forte) e il settore manifatturiero (più debole). Tutto questo ci fa pensare che la crescita di circa il 2%, non una contrazione, sia in arrivo. In questo momento, una recessione negli Stati Uniti non è una possibilità, ma ciò che preoccupa è la mancanza di margine di manovra per la Fed, che finora non è stato in grado di aumentare i tassi “.

5. Dobbiamo rivedere le nostre previsioni per il dollaro?

“Ci sono due modi complementari per spiegare l’apprezzamento dell’euro: 1. Un nuovo fattore: le novità riguardano sia la revisione al ribasso delle previsioni di crescita degli Stati Uniti, sia le aspettative di stretta monetaria, che ora sono maggiormente in linea con le nostre versioni. 2. La politica dei cambi: c’è una vera ed esplicita politica dei cambi in Giappone, Cina e Stati Uniti; la stessa cosa non vale per la zona euro. È così da quando la moneta unica è stata introdotta, l’euro si sta adeguando e rimane “la valuta sollievo” del sistema. Nel complesso, siamo ancora mantenendo il nostro range di oscillazione del dollaro tra 1.05 e 1.15, con un obiettivo del dollaro pari a 1.05 in sei mesi.

La conclusione è la seguente:

“Viviamo ancora in un mondo caratterizzato da: 1. Rallentamento dell’economia globale. Ciò è legato ai mercati emergenti, ad un chiaro disaccoppiamento tra le regioni, e alla mancanza di blocchi unificati tra paesi. Non c’è un concreto blocco in Europa, o il blocco di un paese emergente o il blocco del dollaro. In altre parole, le opportunità di investimento possono essere trovate nel disaccoppiamento tra paesi avanzati ed emergenti, o tra paesi (quelli con elevata domanda interna e gli altri) e tra i paesi emergenti stessi (quelli che producono materie prime e quelli che li consumano). 2. Aspettative di crescita che sono ancora eccessivamente ottimistiche e timori che sono decisamente esagerati nel medio termine (che non giustificano il collasso completo), ma certamente presenti nel breve periodo. Tra i vari timori abbiamo: quello di una recessione negli Stati Uniti, i rischi emersi dal contro shock del petrolio (per i paesi, le imprese e le banche), i dubbi sulla capacità della Cina di essere in grado di tenere sotto controllo la situazione, e infine, l’incapacità delle banche centrali di rassicurare i mercati. In altre parole, questi timori giustificano chiaramente le strategie di copertura macro di Amundi adottate nel corso degli ultimi sei mesi (posizione lunghe su titoli del Tesoro USA e Bund tedeschi, posizioni lunghe su liquidità USD, JPY e oro).

 

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