Banche centrali, Reserve Bank of Australia lascia tassi fermi: ‘Ucraina-Russia nuovo maggiore fattore di incertezza’
La banca centrale australiana ha ammesso, nell’annunciare la propria decisione sui tassi, che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è un fattore che necessariamente condizionerà le scelte di politica monetaria che dovrà adottare.
La RBA (Reserve Bank of Australia) ha lasciato oggi i principali tassi di riferimento invariati allo 0,1%.
Nel comunicato si legge che la guerra in Ucraina rappresenta ora la nuova principale fonte di incertezza e che l’inflazione è attesa in rialzo a causa dei prezzi del petrolio e dei costi energetici più alti.
I tassi rimangono fermi in Australia allo 0,1% per il 17esimo mese consecutivo.
Il governatore dell’RBA Philip Lowe ha dichiarato che “l’inflazione in diverse parti del mondo è aumentata in modo significativo, a causa dei forti aumenti dei prezzi dell’energia e per le interruzioni che hanno colpito le catene dell’offerta in un momento di solida domanda”.
Lowe ha aggiunto che “i prezzi di molte commodities sono saliti ulteriormente a causa della guerra in Ucraina” e che “nell’ultimo mese sono saliti anche i tassi sui bond, così come sono aumentate le aspettative sui tassi di interesse futuri”.
Tuttavia, ha rimarcato il numero uno dell’RBA, “sebbene l’inflazione sia aumentata, è troppo presto concludere che abbia centrato il target range (compreso tra il 2% e il 3%) in modo sostenibile”.
Breaking news
Seduta in chiaroscuro per le borse del Vecchio Continente. A Piazza Affari, il Ftse Mib termina in rialzo dello 0,5% a 35.108 punti
A Wall Street, l’apertura è piatta con il settore tecnologico sotto pressione. Le dichiarazioni dell’AD di Nvidia, Jensen Huang, influenzano l’andamento dei titoli, mentre i titoli quantistici crollano. Dow Jones, S&P 500 e Nasdaq registrano lievi perdite, mentre il prezzo del petrolio Wti al Nymex aumenta leggermente.
Negli Stati Uniti, il numero di nuovi richiedenti i sussidi di disoccupazione è diminuito nella prima settimana di gennaio, scendendo di 10.000 unità, contro le aspettative di un aumento. Questo rappresenta un miglioramento rispetto al picco di 6,9 milioni di richieste durante la pandemia.
Eni ha concluso l’acquisto di oltre 3,4 milioni di azioni proprie nell’ambito del programma di buyback, per un valore di quasi 45 milioni di euro. Questo porta il totale delle azioni riacquistate al 6,23% del capitale sociale. L’operazione ha influenzato il titolo in Borsa, che ha registrato un lieve calo.