Decisa data del referendum costituzionale, ossia della caduta del governo
Il governo ha scelto il 4 dicembre come data in cui si terrà il referendum costituzionale. Il Consiglio dei Ministri ha quindi stabilito che il voto decisivo per il futuro politico italiano a breve si svolgerà appena 20 giorni prima di Natale. La data avrà in ogni modo una valenza storica: apporterà una modifica alla legge fondatrice dell’Italia – in caso di vittoria dei Si – mettendo fine al bicameralismo perfetto, oppure potrebbe cambiare le sorti del governo.
Il premier ha infatti promesso che se dovessero vincere i no si dimetterebbe da primo ministro. A quel punto si verrebbe probabilmente ad aprire una crisi e si formerebbe un governo tecnico di transizione prima di andare all’appuntamento con le elezioni anticipate. Non si sa ancora peraltro con quale legge elettorale. Per ora vige l’Italicum, ma dopo pochi mesi dalla sua introduzione potrebbe già cambiare faccia. Allo stesso tempo è anche vero che, qualora dovesse prevalere il fronte del no come sembra, resterebbe poco tempo per approvare la legge di Stabilità al Senato prima della fine dei lavori per le vacanze natalizie e quindi ci sarebbe poco margine per fare ostruzione all’opera di governo.
Se ci si basa sulle intenzioni di voto dei principali partiti d’Italia, la vittoria dei No è molto probabile. Oggi come oggi quasi metà del PD voterebbe contro, così come tutti i partiti all’Opposizione (sia di destra, sia di sinistra) e il MoVimento 5 Stelle. Anche il Financial Times si è reso conto, dati alla mano, che i No sono in testa. Per Societe Generale c’è il 55% di chance che Renzi perda la battaglia referendaria. Nel 2017 si rischia quindi di vivere un anno di incertezza e cambiamento politici mai visti prima in Europa: si terranno anche le elezioni nelle altre due grandi potenze economiche del continente e dell’area della moneta unica, la Francia e la Germania.
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Finale negativo a Piazza Affari. Acquisti su Generali e Mediobanca, arretrano Prysmian e Stmicroelectronics
A Wall Street si apre una settimana in ribasso dopo il rally post-elettorale. Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha dichiarato che non c’è fretta di ridurre i tassi di interesse, mentre l’inflazione persiste. Con la prossima riunione della Fed in vista, le probabilità di un ulteriore taglio dei tassi sono diminuite. Gli indici Dow Jones, S&P 500 e Nasdaq aprono tutti in calo, mentre il prezzo del petrolio Wti scende.
Le vendite al dettaglio negli Stati Uniti hanno registrato un incremento dello 0,4% a ottobre, raggiungendo i 718,9 miliardi di dollari. Questo risultato ha superato le attese che erano di un +0,3%, consolidando un aumento del 2,8% rispetto allo scorso anno. Escludendo veicoli e carburanti, la crescita è stata dello 0,1%.
Le borse della Cina continentale chiudono in calo per il secondo giorno consecutivo, con investitori incerti sull’efficacia delle recenti misure di stimolo economico di Pechino. Nonostante le vendite al dettaglio siano aumentate del 4,8% a ottobre, la produzione industriale ha deluso le aspettative, crescendo solo del 5,3%.